“Si proceda pure”

Ogniqualvòlta si parla di intercettazioni telefoniche, inevitabilmente scoppiano polemiche. Lo strumento investigativo è, pur tuttavia, spesso essenziale per la soluzione di casi che altrimenti resterebbero senza colpevoli. Quindi, almeno per quel che riguarda chi scrive, è opportuno che le indagini possano prevedere l’ascolto delle telefonate di sospettati/indiziati.

Da noi, però - oltre al fatto che gli “investigatori di una volta” sono sempre più rari - è quasi quotidiano l’utilizzo che (spesso ben oltre del consentito) si fa del contenuto di quanto registrato. Piace molto (da certi ambienti) gridare “no bavaglio”, dimostrando chiaramente che si fa confusione tra libertà di stampa e sputtanamento, tra elemento investigativo e mezzo per riempire le colonne di certi giornali amici. Il recente caso-Crocetta ha portato alla luce anche un ulteriore modello di informazione basata sulla “conversazione recepita”: quella della intercettazione che non c’è. Ma che, anch’essa, se rilanciata come si deve alla pubblica attenzione, è utile alla manipolazione della politica e all’orientamento degli amministrati nei confronti dei “politici”.

Secondo il pm Nino Di Matteo, il cosiddetto caso-Crocetta, qualunque sia la verità, sarà usato “per delegittimare lo strumento delle intercettazioni”. Evidentemente, il noto togato, non si pone neppure il problema di certe utilizzazioni che di quello strumento vengono fatte né, tanto meno, di chi è “complice” di certe fughe di notizie. Sarebbe interessante conoscere quante inchieste sono state fatte in tal senso e, soprattutto, i risultati ottenuti.

E mica finisce qui. Perché sul tema è intervenuto anche Antonio Ingroia, il quale ha tenuto a precisare che “sebbene talvolta sia mancata un po’ di professionalità da parte di qualche mio ex collega, la principale responsabilità è della politica, che con l’inerzia nella moralizzazione al suo interno legittima la supplenza della magistratura. Lasciando che le intercettazioni da strumento investigativo diventino strumento di lotta politica, anche per il modo in cui vengono diffuse dai mezzi di informazione”. Già, mancanza di “un po’ di professionalità” e intercettazioni “strumento di lotta politica”: se lo dice un ex pubblico ministero (e politico fallito quanto basta) ci si può credere e, anche per questo, qualcosa deve essere sicuramente fatto: altro che libertà di informazione! Lo sputtanamento per fini politici (e non solo) è un’altra cosa.

Un’ultima nota. Alle ore 13,19 dello scorso 2 luglio (lo ha scritto L’Espresso), il giornalista della testata debenedettiana Piero Messina riceve telefonicamente da “qualcuno” l’ok alla pubblicazione della notizia della farlocca intercettazione riguardante il governatore Rosario Crocetta: non è che, per caso, qualche attento togato potesse richiedere alla compagnia telefonica competente il tabulato di traffico telefonico per conoscere da quale numero telefonico (e quindi il titolare dell’utenza) è giunto quel “si proceda”?

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:15