Calvino e “Finanza”

“Le città invisibili” di Italo Calvino, uscito nel 1972, è il suo lavoro, probabilmente, più bello, intenso e intriso di malinconia per una passato che non è più ma che aiuta a capire, o provare a capire il futuro come potrebbe essere o come si desidera che possa essere ed è in questo senso un lavoro surreale, come lo definì Pier Paolo Pasolini nel suo commento: “al di fuori di ogni tempo ma anche dentro ogni tempo”. Nel racconto che il Marco Polo – Calvino – fa al Kublai Khan c’è la rappresentazione di città immaginarie che il viaggiatore ha visto e sognato ma che sembrano tutte senz’anima perché non sono le mura, le torri, i palazzi, i grattacieli che danno la vita ad una città ma gli uomini che la abitano.

Gli uomini con il loro lavoro, con i loro sentimenti, con il modo di stare assieme e di vivere le emozioni, di creare le speranze per il futuro ed anche di sognare danno la vita ad un aggregato di cose che senza quest’anima diventano vuote ed quindi invisibili; non lasciano tracce ma solo vani e vacui ricordi e rappresentano per Marco Polo una forma di passato che non torna più. Ma il vedere ciò che non è stato e poteva essere stato e potrebbe ancora essere può aiutare a lenire il dolore della vita che passa ma anche lascia vivere la speranza che la vita possa riprendere nuova linfa se ritorna ai sentimenti che danno vita alla caverna del mito platonico dove sembra che l’uomo debba, sempre, restare imprigionato senza il coraggio di provare ad uscire e ritrovare sé stesso.

Calvino ed i suoi contemporanei non sono vissuti secoli addietro ma, guardando la realtà di oggi, sembrano essere passati tempi infiniti. Per quanto il loro pensiero affondasse le radici nella cultura della storia dell’uomo e non in quella rappresentazione virtuale ed irrealistica che ci fanno subire ogni giorno e con la quale soffochiamo la fantasia creatrice della gioventù imprigionandola in una dimensione asettica, non avrebbero mai immaginato una società così lontano dalla sua dimensione di società dell’uomo. Non avrebbero mai pensato che l’ancestrale avidità e cupidigia dell’uomo avrebbero fatto ritornare alle ordalie primitive e barbare un mondo che macerato da guerre orrende e disumane sembrava aver ripreso lo spirito dell’infinito; non avrebbero mai pensato che le ceneri di due guerre mondiali avrebbero dato vita ad una nuova Babilonia anziché ad un’“agorà” partecipata da tutti.

È sempre il modello socioculturale che plasma e forza la volontà e la vita degli uomini ma questo modello può infiltrarsi nelle coscienze deprivandole della capacità di una critica autonoma ed in definitiva del pensiero. Già Alexis de Tocqueville rimarcava il rischio di un potere che penetrando insensibilmente nell’interiorità degli individui potesse dirigerne le azioni, orientarne le scelte ed indebolirne le volontà, in questo modo l’attenzione alla luce della luna distrae dal cambiamento che avviene sotto gli occhi ma non viene percepito perché troppo doloroso. Si forma, di conseguenza, una sorta di potere egemonico lontano dal senso di “societas” e da quello di collaborazione. Allo stesso modo Ludwig von Mises nel suo lavoro “L’azione umana” (1947) chiariva la differenza sulla cooperazione basata sul contratto che produce una “relazione simmetrica” tra i soggetti che stipulano il contratto sociale – cittadini e politica – e la cooperazione politica basata sul comando e sulla subordinazione che genera invece una “relazione asimmetrica”. In questo secondo caso, afferma, la società viene sottoposta a vincoli e relazioni egemoniche che prevalgono e dominano.

Questa città globale ed egemonica basata su una relazione asimmetrica tra finanza-potere e società in cui ci troviamo, oggi, tutti disorientati, usando lo schema culturale di Calvino potremmo definirla la città “Finanza”, a suo modo invisibile perché quel potere egemonico rappresentato dalla finanza e dai suoi strumenti viene celato alla vista con un’abile manipolazione comunicativa, un qualcosa di presente ma impalpabile e fumoso. Siamo da tempo in una guerra fatta con le armi della finanza, ma questa è una guerra invisibile ai più che la subiscono senza capire che ne sono vittime, non si vedono chiaramente gli eserciti schierati, non si vedono i nemici reali, non si vedono sul campo le battaglie ed i morti ma siamo di fronte ad una desolazione morale senza precedenti, senza un anelito di sentimento che faccia scaldare ed emozionare i cuori.

È una città a suo modo invisibile perché i registi sono celati come nell’antico teatro siciliano dei pupi e dei pupari in cui i primi si vedono e si sentono ma sono mossi dai pupari che danno a loro anche la voce, allo stesso modo sono invisibili coloro che muovono i fili dietro i pupi come le istituzioni finanziarie a loro volta controllate da altri soggetti in una gerarchia di comando la cui vetta è appunto invisibile. In questa città senz’anima viene meno il senso morale e prevale la distruzione dell’umano in senso assoluto, morte e distruzioni senza limiti, quindi infiniti. È una città “infinita” perché la città “Finanza” è fatta da masse monetarie che si moltiplicano all’infinito senza controlli e senza valore perché la moneta da mezzo per gli scambi è stata trasformata in bene in quanto tale.

La moneta una volta serviva per sostituire il baratto ma a condizione che quel pezzo di carta avesse chiaramente una contropartita in un bene reale che tradizionalmente era l’oro. Dal momento in cui gli Usa, nel 1971, hanno unilateralmente abbandonato il legame tra dollaro e l’oro, la moneta, innaturalmente, ha assunto una dimensione valoriale slegata dal mondo reale e può essere stampata all’infinito ma in quanto infinita non può essere misurata e non può avere una sua unità di misura; la massa monetaria infinita è incommensurabile ma nonostante l’evidenza della “logica” l’ infinito monetario, cioè la moneta, viene usato come unità di misura per la dimensione “finita” del nostro mondo allontanando il valore reale dei beni dal loro prezzo finanziario.

I beni reali sono in una dimensione finita – l’oro, l’argento, il petrolio, il frumento, le materie prime… - non sono infiniti ma in quantità finita che non può essere misurata con un’unità di misura come la moneta che appartiene ad una dimensione infinita; né ovviamente si può attribuire un valore ai beni tramite la stessa moneta che in sé stessa non ha valore. L’essere infine slegata dall’economia reale e portata in un mondo astrale e surreale, direbbe Calvino, ha preparato le condizioni per applicare al suo studio l’esclusivo uso di formulazioni quantitative matematiche delle scienze esatte che operando in un contesto infinito e possono per traslazione attribuire la loro esattezza ai valori finanziari che finiscono per diventare infiniti e dipendere da uno strumento quantitativo che poi diventa fine e va continuamente legittimato accademicamente con una passiva colonizzazione culturale che non ammette critica.

Si può esprimere il concetto con un sillogismo: se la massa monetaria è infinita o comunque infinitamente riproducibile - moneta, derivati, otc, futures, credit default swap (definiti dal finanziere Buffet: “armi di distruzione di massa”) - non può essere soggetta a misurazione né può avere una sua unità di misura né valore se non è legata ad un bene reale definito in quantità finite né può essere usata per misurarlo e dargli valore. Se il mondo della natura è costituito in una dimensione finita per tale requisito è misurabile in quanto finito con una sua unità di misura ed il suo valore dipende dalla sua quantità rapportata alla sua domanda perché le relazioni tra domanda ed offerta sono legate ad un dato finito. Se la moneta non può essere una misura essendo infinita ed essendo priva di valore se solo carta non può essere usata per misurare e dare valore ai beni reali e finiti che appartengono ad una diversa dimensione; quindi il suo uso è privo di fondamenti logici e contravviene al principio di “non contraddizione” di Aristotele.

In questo modo si capisce l’asimmetria tra valore finanziario di un bene finito ed il suo valore reale perché il primo non è coerente con il secondo essendo due dimensioni diverse. L’attribuzione alla finanza infinita di una qualità razionale, come espresso da Lucas sui mercati razionali, può coincidere con quantità infinite ed incommensurabili, ma non si può estendere il principio ad una realtà finita infatti i mercati finanziari non sono affatto razionali e la “logica” ne dimostra l’infondatezza se applicati alla realtà; ad evidenza più la finanza si occupa della crisi più questa peggiora. Negli ultimi vent'anni la massa monetaria è esplosa rispetto al Pil mondiale, i soli derivati in questo periodo sono cresciuti quasi settecento volte il Pil mondiale rimanendo senza regole e senza controllo; se poi i controllori, non controllati, sono d’accordo con i controllati arriviamo al collasso morale e sociale, “quis custodiet ipsos custodes?”.

È sufficiente rilevare gli andamenti di grandezze monetarie, infinite, usate per misurare gli “equilibri finanziari” di un sistema sociale per vedere l’irrazionalità dei loro andamenti. Nella campagna d’Europa, iniziata nel 2010 e ancora in corso, lo “spread” si è mosso in modo incoerente con i fatti ma con gli interessi a cui doveva rispondere; le banche d’affari Usa sono state condannate per manipolazione fraudolenta dei dati finanziari che hanno generato la crisi dei sub-prime così come Standard & Poor’s per la manipolazione del rating a riprova che i dati possono non essere veritieri perché la loro natura non è compatibile con il loro misurabile.

Keynes aveva detto nel 1931 che se “la finanza rimane una bolla sulle intraprese economiche può essere innocua ma se intraprese economiche diventano una bolla sopra la finanza è la fine”, questo in tutti i sensi e non poteva prevedere che la globalizzazione avrebbe portato al limite dell’insostenibilità la sua ovvia considerazione. Il problema l’abbiamo ogni singolo giorno davanti agli occhi ma nessuno vuole vederlo, sembra l’uovo di Colombo ed è esattamente così. Infine se accettiamo l’impostazione logica della manipolazione della massa monetaria infinita e questo può essere tale proprio perché infinita allora il suo uso assume una dimensione di esercizio di un potere che travalica sia la sua legittimazione scientifica che quella democratica perché questo potere, legittimato da un’accademia che dovrà assumersi le sue responsabilità, viene usato per forzare processi decisionali dei singoli Stati che siano funzionali alla realizzazione di interessi superiori agli stessi Stati.

Il gioco dispotico della finanza ha disgiunto la politica dal potere politico – tra i primi sei finanziatori di Hillary Clinton, ad oggi, vi sono quattro banche d’affari di Wall Street – e la ricchezza dalle nazioni a cui ha lasciato i debiti come capestro giugulatorio, anche le nazioni hanno fatto di tutto per metterselo. Questa città quindi si mostra priva di fondamenta scientifiche ed è “illogica” perché sta su un gioco illusorio di ombre e luci ma non può nascondere all’infinito la debolezza logica del suo non essere razionale e delle sue contraddizioni tra la dimensione infinita e quella finita. Abbiamo accettato di costruire una torre di “Babele” in cui i partecipanti al gioco non si capiscono più, ognuno parla una lingua diversa volta a soddisfare interessi particolari e non il bene comune spesso citato come foglia di fico per mascherare un imperialismo senza regole morali.

Così la stessa giustizia viene strumentalizzata per realizzare gli interessi superiori che diventano dominanti e si afferma il principio di utilità personale a costo di normalizzare comportamenti illeciti e “le norme giuridiche sono considerate in misura crescente un meccanismo attraverso cui i gruppi più forti sfruttano quelli più deboli: una frode che permette alle classi dominanti di sottomettere e controllare le classi subordinate”, scriveva Pitirim Sorokin nel 1941 nel suo lavoro “La crisi del nostro tempo”. Ma quando i valori perdono ogni “sapore” ed efficacia, l’unica via che resta per controllare le relazioni umane è quella della forza bruta… Ecco perché oggi tutti ripetono che “la ragione è del più forte”. Ciò a sua volta ha prodotto l’odio e l’odio ha condotto all’impiego della forza bruta ed allo spargimento di sangue.

In una situazione segnata da caotici conflitti normativi i valori morali hanno finito per essere fondati sulla polvere ed hanno ceduto il passo alla coercizione brutale e arbitraria. Il “pathos” dell’amore cristiano capace di tenere uniti gli uomini è stato sostituito sempre più dall’odio tra uomini, classi, nazioni, Stati e razze. Come risultato la forza si è trasformata in diritto ed ha sollevato di nuovo il suo capo mostruoso il “bellum omnium contra omnes”, sempre Sorokin nel 1941 (“La crisi del nostro tempo” edizione Italiana - Arianna Editrice, 2001, pagine 156-157). Sono passati settantaquattro anni dalla visione profetica di questo grande studioso fondatore nel 1930 del dipartimento di sociologia di Harvard, al tempo era considerato un pericoloso visionario ma oggi è la realtà di tutti giorni.

Infine arriviamo alla qualifica finale della città “Finanza”, una città senza futuro, le conclusioni sono nello scritto precedente; una società senza valori morali, con povertà e disoccupazione dilagante, con una concentrazione di ricchezza senza pari nella storia ma una ricchezza che non produce vera ricchezza ma la esercita in termini egemonici non può né merita di durare a lungo. Quando i debiti scaveranno nel profondo del tessuto sociale mettendo a dura prova le azioni riparatrici dei singoli Stati e saranno lesivi della loro autonomia le stesse società saranno come lo sono ora a rischio di tenuta complessiva; quale futuro può avere un modello socioculturale che antepone la moneta all’uomo? La storia ci mostra che nel suo percorso millenario le società sono sempre e solo crollate per guerra e per classe, ma non possiamo permettere che si arrivi di fronte al caos senza tentare di riprendere la coscienza ed il rispetto reciproco; speriamo di riuscire a vedere la strada giusta da seguire prima che sia troppo tardi, è la via antica dell’amore reciproco a cui noi siamo destinati se vogliamo provare a realizzare la missione unica e creativa affidataci.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:27