Femminismo capitalista

Delle donne non si sa molto e quello che si conosce di loro è abbastanza limitato. Capita di dover spiegare a medici specializzati cosa prevede la natura umana in caso di essere “donna”, nelle sue fasi ed età della vita. Ciò che comunque preme qui dire è la donna/soggetto sociale. Finora infatti la donna è stata interpretata in termini alquanto restrittivi e angusti all’interno della società. Nel tempo castrata letteralmente, gode oggi di nuovo afflato evolutivo, vale a dire che esce di casa, vive e lavora affermandosi all’interno ed all’esterno come ogni essere umano, quale persona.

Ciò che si vuole qui dire è che non si è ancora ben “fotografato” come e quanto il femminismo - ammesso che si possa ancora parlare e descrivere con tale qualificazione l’affermazione della persona-donna nel mondo - sia divenuto di tipo capitalista piuttosto che comunista, o meglio lì dove dagli anni Sessanta/Settanta è stato relegato. Il femminismo oggi si è liberato, nella sua evoluzione ed affermazione, delle catene date dal credo e dalla ideologia comunista, e vanta altra nobile e diversa natura quale è quella capitalista.

Non era necessario confondere e nascondere il femminismo nell’ideologia comunista, così come è stato fatto in passato. Non era necessario essere sfigate comuniste per essere femministe. Lo sono state altrettanto, femministe, le donne dedite al mercato, al capitale, umano e sociale, all’interno e fuori delle case italiane. L’etichetta appiccicata impropriamente ed erroneamente alle sinistrorse comuniste in Italia, identificate (solo loro) nel femminismo agitato e sguaiato, spesso controproducente, dalla sinistra del “Manifesto” o de “L’Unità” per intenderci, è stato un marchio riduttivo e distorcente della realtà. Anche e soprattutto le donne “capitaliste”, borghesi, sono state e hanno agito in passato da vere e proprie bandiere per l’esistenza e l’affermazione, da noi e ancor più in Europa, dell’essere donna.

In un recente passato è da considerare decisamente più femminista una Marisa Bellisario (nella foto), amministratrice di azienda produttiva in Italia, che una qualsiasi comunista militante ficcata di peso dentro la struttura pubblica, a nostre spese dalla sua nascita alla morte. Meglio, per il femminismo delle donne, una donna al lavoro vero che una inutile e dannosa (perché stipendiata da noi) al non-lavoro pubblico statale.

Le battaglie di emancipazione sono state e sono tuttora comuni, donne politicamente schierate a sinistra e donne non schierate né urlanti ma dignitosamente chiare su ciò che era ed è necessario per tutte. In questo senso, più marcatamente lettrici e pro “Libero” e “Il Giornale” o “Il Sole 24 Ore”. Ci sono ancora oggi tante cose necessarie per tutte le donne, senza il bisogno di dichiararsi, in maniera esagitata, comuniste sinistrorse. Oggi il femminismo delle donne, ovvero delle persone tutte, è autenticamente più capitalista.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:04