Le sfide di Renzi dopo la pausa estiva

Nella politica italiana si sta assistendo, da tempo ormai, al lento maturare di nuovi scenari, destinati a riservare molte sorprese. Mercoledì scorso, nel corso di una conferenza stampa al Senato, il Senatore Denis Verdini, esponente di primo piano di Forza Italia per molti anni, ha annunciato la separazione dal partito del Presidente Berlusconi e la volontà, insieme ad altri parlamentari di area liberale e moderata, di dare vita alla costituzione di un nuovo soggetto politico, che si chiamerà Alleanza Liberalpopolare.

La separazione, come ha ammesso e riconosciuto il Senatore Denis Verdini, avviene perché è nato un dissenso insormontabile nel gruppo dirigente di Forza Italia sull’atteggiamento da assumere nei riguardi delle riforme costituzionali e di quella in particolare del Senato. Per Verdini, dopo tanti tentativi naufragati e vari sforzi compiuti, nel corso di oltre trenta anni e in diversi periodi storici, per ridefinire l’architettura istituzionale della repubblica, non è possibile sottrarsi al dovere di contribuire a rendere costituente questa legislatura. Gli osservatori più avveduti sostengono che il gruppo che sta per nascere politicamente, l’Alleanza Liberalpopolare, sia destinato a divenire il grimaldello di cui Renzi ha bisogno sia per allargare i confini angusti al Senato della sua maggioranza sia per avere i numeri necessari a portare a compimento, entro il prossimo ottobre, la revisione del senato e della costituzione.

Tuttavia, anche se questo nuovo scenario facilita il disegno politico perseguito da Renzi, non bisogna dimenticare le difficoltà con cui il leader del PD SI è dovuto misurare in questa fase della vicenda politica. La crisi del governo amministrativo di Roma, risolta con un rimpasto voluto da Matteo Orsini, commissario del PD di Roma, ha prodotto un danno d’immagine al governo nazionale e allo stesso PD, che ha assunto dimensioni internazionali. Su di un grande quotidiano il New York Times sono apparsi articoli che, in modo impietoso e raccontando quanto accade nella città eterna, hanno mostrato fino a che punto è giunto il degrado nella capitale d’Italia: strade sporche, rifiuti cosparsi sui marciapiedi e cassonetti non svuotati, le principali arterie cittadine disseminate da buche, la metro che viaggia con le porte aperte, mettendo a rischio la sicurezza degli utenti. Renzi, pur non avendo mai sostenuto Ignazio Marino, e per questo si è rifiutato di parlare in pubblico alla festa dell’unità in corso di svolgimento a Roma in questi giorni, è consapevole che il cammino del Sindaco di Roma sarà irto di ostacoli e si mostra scettico sulla possibilità che il rimpasto, con la presenza in giunta di un uomo esperto di Roma come Marco Causi, possa favorire il superamento della crisi amministrativa della capitale.

Intanto ha delegittimato il sindaco Marino, si è rifiutato di sostenerlo pubblicamente, però, per il rispetto dovuto al principio per il quale il Sindaco una volta eletto dal popolo ha il dovere e l’onere di governare, Renzi non ha potuto scalzarlo. Un danno di immagine è derivato a Renzi anche dalla vicenda di Rosario Crocetta, il governatore siciliano, che è apparso prigioniero di un sistema di potere basato su relazioni personali e incapace di dare vita al rinnovamento democratico in Sicilia. Crocetta, oggi indebolito dalla vicenda in cui è stato coinvolto, le nomine nella sanità a favore dei suoi sodali e amici, è un politico che appartiene ed è espressione della vecchia dirigenza del PD, che risale all’epoca della segreteria di Bersani. Renzi sa ed è consapevole che sia la vicenda di Roma sia quella avvenuta in Sicilia rischiano di arrecare un danno irreparabile e di compromettere il suo profilo di politico giovane e innovatore, intenzionato a cambiare radicalmente sia il sistema politico sia la fisionomia del PD, per trasformarlo in un partito della nazione, capace di collocarsi al centro e di incarnare l’interesse dell’Italia.

A questo proposito, tenendo presente anche l’esito che ha avuto la recente consultazione elettorale nelle regioni, è evidente che il disegno di dare vita al partito della nazione presuppone la conquista del voto degli elettori del centro nord. In questo momento, nel settentrione la Lega, con la narrazione populista ostile all’euro e incline ad assumere un atteggiamento xenofobo verso gli immigrati, continua a ottenere ampi consensi ed è in piena crescita. Inoltre, con la propaganda e le invettive veementi contro la casta dei politici e i suoi sempre più intollerabili privilegi, i Cinque Stelle si stanno diffondendo e mettendo radici nel territorio nazionale. Oltre a questa sfida esterna, rappresentata dalla Lega e dai Cinque Stelle, il Premier Matteo Renzi si sente letteralmente assediato dalla minoranza interna del PD, dichiaratamente di sinistra, che mira a farlo cadere per annientarne il disegno legato al progetto del partito della nazione.

Per alcuni osservatori, nel PD, vista la distanza culturale esistente tra la maggioranza guidata da Renzi e la minoranza di sinistra, coesisterebbero due diversi partiti, divisi su tutto. Ovviamente, dopo la pausa estiva, per recuperare il consenso perduto e tentare di fare breccia nell’elettorato moderato e liberale, il cui consenso è necessario per dare vita al progetto del partito della nazione, verso cui ammiccano i centristi, Renzi deve proporre la riduzione della pressione fiscale per i prossimi anni, sia sulle famiglie sia sulle imprese. Da qui la proposta di abolire la tasi sulla prima casa, e di rivedere l’lrap sulle imprese e l’irpef sui redditi individuali. Inoltre il Premier, per accreditarsi di fronte alla pubblica opinione nazionale e internazionale, visto il peso che hanno i mercati per il finanziamento del debito pubblico italiano, come un leader moderno e decisionista, mira tra settembre e ottobre a fare approvare la riforma costituzionale del senato, per superare il Bicameralismo Perfetto.

Su questa riforma è prevedibile uno scontro duro con la minoranza di sinistra presente nel PD, anche se è possibile emendare in più punti il disegno di revisione costituzionale del senato. In seguito, qualora dovesse superare questo ostacolo, e con l’aiuto decisivo del nuovo partito di Denis Verdini approvare la revisione costituzionale, Renzi convocherà il referendum confermativo e istituzionale, previsto dalla costituzione per le sue modifiche. Tutto lascia supporre che il referendum istituzionale, con cui si chiederà ai cittadini di confermare le modifiche costituzionali, si trasformerà per Renzi in un plebiscito intorno alla sua persona. Una mossa che evoca quella avvenuta in Francia all’epoca di Charles de Gaulle con il passaggio dalla quarta alla quinta repubblica. Dopo la pausa estiva vedremo se il Premier riuscirà a interpretare con efficacia e determinazione e spregiudicatezza il ruolo del politico innovatore e modernizzatore del sistema politico italiano, anchilosato e cristallizzato da molti anni.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:22