Discoteca Cocoricò,  la profezia del gestore

È stato facile profeta. Di sventura, suo malgrado. Aveva ragione Fabrizio De Meis (nella foto), gestore e azionista del Cocoricò: “Voi oggi chiudete la mia discoteca e mandate per strada 200 lavoratori e le relative famiglie, ma credete che il problema dei giovani che si autodistruggono con sostanze varie si risolva così?”.

Chiudere il Cocoricò, infatti, è stato un atto di demagogia politica allo stato puro. Non a caso, chi ci è subito montato sopra plaudendo e cercando visibilità mediatica? Angelino Alfano, uno dei peggiori ministri dell’Interno della storia repubblicana. Anzi dall’Unità d’Italia ad oggi. Mentre guai a palare di famiglie assenti o diseducative. Come se sia normale mandare in giro a sedici anni un ragazzo o una ragazza senza sapere dove e con chi dorme la notte, magari per intere settimane, pagandogli pure il trasporto da ogni parte d’Italia fino ai luoghi del divertimentificio estivo. Riviera Adriatica o Salento che siano. Mamma e papà non si toccano. Il loro posto lo deve prendere lo Stato. Ecco i risultati.

Era facile capire che il problema delle pasticche, che non si sa nemmeno più cosa contengano, certo non solo MDMA o “ecstasy” che dir si voglia - visto che ormai lo sanno anche i sassi che esistono decine di droghe sintetiche neanche classificate come tali che fanno strage di giovani, specie se associate a quantità industriali di alcool - non poteva risolversi con il solito esorcismo mediatico. Anni fa il professor Umberto Veronesi scandalizzò i soliti benpensanti italioti dichiarando che di ecstasy in quanto tale, e in dosi normali, la letteratura scientifica non annoverava morti. Era ed è vero. Come è altrettanto vero che si susseguono questi decessi di adolescenti di cui non si conosce l’esatta causa scientifica, perché è più comodo per la mentalità retrogrado-punizionista-proibizionista italiota “buttarla in caciara”. Il primo ragazzo morto al Cocoricò sembra che di ecstasy, cioè di Mdma, se ne sia bevuta qualcosa come tre grammi e mezzo, anche se mancano i riscontri autoptici specie nelle cronache “a cazzo” dei giornali. Se fosse vero, si tratterebbe di una dose pari ad una cinquantina di volte quella normale. E quindi si tratterebbe di una sorta di suicidio incosciente. Negli altri due casi di questi giorni ancora neanche si sa cosa eventualmente i due malcapitati adolescenti abbiano ingerito.

In passato, altre morti simili avevano rivelato a sorpresa che l’organismo aveva ceduto per overdosi di alcool, droga non proibita, o per ingestione di pillole di caffeina concentrata, altra sostanza perfettamente legale. D’altronde, queste mode autodistruttive hanno sempre interessato gli adolescenti da generazioni e generazioni. È il mito di James Dean di “Gioventù bruciata”. Un giorno, per ipotesi, queste mode potrebbero prendere altre direzioni imprevedibili: negli anni Novanta, ad esmpio, ci furono numerosi ricoveri ospedalieri (e ci scappò pure il morto) di persone che avevano inalato i vapori della benzina o della trielina, e nessuno aveva ovviamente pensato di reagire impedendo il pieno alle auto o il divieto di stirare alle massaie.

Il problema in effetti non sono le droghe, ma i drogati. Cioè le persone che decidono di abusare di una qualsivoglia sostanza stupefacente, legale o meno, per provare lo stordimento. Che nella vulgata del giornalismo da tre soldi viene chiamato “sballo”. Quel che è singolare è che queste campagne allarmistiche estive, in coincidenza con fatti oggettivamente tragici, siano alimentate ad arte nel momento che anche in Italia si stava capendo, in primis a livello di Direzione nazionale antimafia, organismo che coordina il contrasto ad ogni forma di traffico illecito della criminalità organizzata, come la legalizzazione della cannabis poteva essere un’ottima maniera per levare i soldi dalle tasche delle mafie e far risparmiare all’Erario italiano svariati miliardi in inutili apparati di repressione.

Certo, restano le droghe pesanti e anche ste’ pillole che ormai neanche i pusher sanno cosa contengano. Lo Stato però farebbe bene a fare il “vigile urbano”, cioè letteralmente “a dirigere il traffico” in questo caos , magari occupandosi di far sapere a genitori e ragazzi cosa in realtà si stanno ingurgitando. Dopodiché non sarà neppure la regolamentazione da sola ad impedire che tanta altra gente perda la vita o corra il rischio di perderla. Ma almeno questo popolo di mamme e di irresponsabili non potrà più dire: “io non sapevo”. Occorre togliere gli alibi alla mentalità di chi dice che è stato “quel cattivone che mi ha traviato”. È questa la formula dietro cui ci si ripulisce la coscienza.

Oppure il totem diventa la discoteca, come se uno per rifornirsi di droghe fosse obbligato a frequentarla. O anche la scorciatoia comunicativa del “dagli al nome esotico della sostanza”. Ecstasy, ad esempio, senza sapere di cosa siano veramente decedute decine di persone. I tempi in cui si contavano i morti di eroina a oltre mille l’anno sono da tempo finiti. Il problema delle droghe da tempo è cronicizzato e gestibile attraverso un apparato medico-psicologico che ha la cura un po’ per tutto. Quello che rimane allo stato emotivo, non gestibile e buono per i titoli estivi di giornali come quelli italiani, peraltro spesso privi di spunti interessanti anche nelle altre stagioni, è questa continua “emergenza dello sballo” che in gran parte è sovrastimata e in altra gran parte alimentata dal clamore mediatico dei titoloni da quotidiani sciacalli dell’informazione. Avviene così anche per gli stupri, per la pedofilia, per i reati compiuti dagli stranieri e per tutti i feticci della cosiddetta sicurezza. Sono scorciatoie elettorali, per fare carriera nella magistratura e talvolta nelle forze dell’ordine, negli alti gradi, o per vendere qualche copia in più. Ultimamente se ne sono accorti pure in Vaticano, dopo che per secoli questa tendenza è stata alimentata proprio Oltretevere. Questa popolazione che non vuole crescere e che continua a battersi il petto ai funerali o nelle omelie politiche, come nei film che descrivevano la Sicilia all’epoca del neorealismo, rappresenta il vero problema: l’adolescenza autodistruttiva di molti giovani si coniuga con la geometrica potenza di un Paese dove tutto è allo stato adolescenziale. A cominciare dai politici e dalle loro improvvide, disinformate e spesso idiote dichiarazioni.

Alfano docet, ma non è il solo. E spesso realtà e verità si prendono delle drammatiche “rivincite”. Come nel caso del Cocoricò, inverando le facili profezie del suo gestore, Fabrizio De Meis, che solo una settimana fa diceva in conferenza stampa: “Oggi voi chiudete la mia discoteca per quattro mesi e mi obbligate a licenziare duecento persone, ma la morte e il disagio giovanile non sono legati a questo locale e ve ne accorgerete al prossimo lutto”.

Così è stato e non ci voleva la zingara per capirlo.

 

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:35