Fallimento Jobs Act: assumere è difficile

S’affastellano dubbi ed incertezze in merito allo schema di decreto attuativo del Jobs Act. Prevede l'istituzione del nuovo “Ispettorato del lavoro”, ma dal ministero del Lavoro (per favore basta con questo Welfare) non pochi dirigenti ventilano quanto sia oggi difficile assumere. Soprattutto c’è una forte paura di contrattualizzare un qualsivoglia lavoratore, pardon disoccupato. “Gli unici contratti certi a tempo indeterminato, quindi non a rischio - spiega un dirigente del Lavoro (chiede anonimato per motivi politici) - sono quelli rivenienti da vincita di concorso. Il resto è opinabile, a rischio. E perché, soprattutto nel Mezzogiorno, gli imprenditori temono che, contrattualizzando un lavoratore, se ne possano inimicare altri cento mila. Oggi i curriculum sono pubblici, soprattutto se il disoccupato ha fatto girare le proprie esperienze in rete o le ha affidate alle agenzie per l’impiego - sottolinea l’esperto -. Quindi un qualsivoglia concorrente, presumibilmente più titolato o con maggiori meriti od appartenete a categorie protette, potrebbe benissimo denunciare, oggi più di ieri, che l’assunzione del suo concorrente sia avvenuta per favorire clientela politica o mafiosa, per forme di corruttela da accertare e, comunque, in barba a regole e trasparenza. Così il neoassunto perde il lavoro, l’imprenditore o il pubblico funzionario vengono indagati come atto dovuto, e certamente chi ha sollevato il polverone non potrà subentrare alla postazione oggetto dello scontro. Ecco perché con il contratto a tutele crescenti - sottolinea il dirigente - sono stati assunti solo coloro che già lavoravano precariamente. Nessuno assumerà mai un qualsivoglia disoccupato, senza che questo abbia già vissuto una precarietà aziendale: ma siccome contratti a tempo non se ne fanno più, difficilmente chi oggi è in stato di disoccupazione potrà nuovamente essere contrattualizzato”. Chi è disoccupato rimane disoccupato, e gli ostacoli alla riassunzione sono aumentati. Ed anche il lavoro a nero si va estinguendo, e perché l’impresa non rischia con i lavoratori italiani, piuttosto preferisce spostare fabbrica e laboratorio in Serbia, Bulgaria o Croazia: paesi dove è anche possibile assumere senza incorrere negli strali giudiziari dei disoccupati “invidiosi”. Ma che l’asticella del lavoro si fosse abbassata, soprattutto sulle garanzie, lo si è visto in questi giorni col caso Elettrolux: gli italiani che volevano festeggiare il Ferragosto hanno subito il crumiraggio degli extracomunitari (regolarmente assunti) che hanno deciso di lavorare.

Che le assunzioni non ripartiranno lo dice anche Confindustria.

“E' quello che ci aspettavamo. Purtroppo è la conferma che non c'è una ripartenza vera”, queste le parole di Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, al quotidiano online Affaritaliani.it. La crescita dello 0,2% del Pil italiano nel secondo trimestre di quest'anno è poca cosa, e non giustifica certo una ripresa delle assunzioni solo per festeggiare un fumoso “Jobs Act”. Intanto l’Istat ha riferito che “la crescita è venuta dai servizi, a fronte di un andamento stagnante del valore aggiunto nell'industria (aggregato che include le costruzioni, le quali rimangono caratterizzate da un andamento molto debole) e di una contrazione nell'agricoltura. Di fatto l’Italia è entrata nella dinamica tipica dei paesi poveri, spostando la seppur lieve crescita dal settore emerso a quello abusivo-domestico: un po’ come avveniva negli anni ’50, quando la gente cuciva in casa scarpe e vestiti. Ricordate “il maestro di Vigevano”, Sordi che pur continuando ad insegnare aiutava la moglie a fabbricare abusivamente scarpe per conto d’un industriale? Il maestro di Vigevano era un fasonista: soggetto che effettua il confezionamento di capi d’abbigliamento in serie, creati su un modello di base. Il termine deriva dal francese, e riguarda la lavorazione “à faµon”. Allora cosa dovrà accertare il nuovo “Ispettorato del Lavoro”. E’ semplice, s’aprirà una vera e propria caccia, anche dentro le mura domestiche, ai tantissimi lavoratori abusivi. Ovvero gente che per necessità si barcamenerà con i mestieri più disparati, senza rispettare normative locali, nazionali ed europee. Soprattutto sarà una caccia agli elusori totali degli obblighi previdenziali (Inps e Inail). Risultato? Le imprese non assumeranno più e chi si dedicherà a lavori abusivi potrà rischiare anche il carcere: l’Ue non contempla l’abusivismo di necessità, nemmeno da parte dei cittadini comunitari.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:28