Abolire il Tribunale: il Minore dei mali

In Italia, come tutti riconoscono, può accadere tutto e il contrario di tutto. E comunque spesso si tratta di cose cattive, anzi pessime. Soltanto in questa prospettiva, si può cercare di capire cosa ha combinato di grave in questi giorni il Tribunale dei Minorenni di Catania.

Non tutti sanno che in base ad un istituto giuridico varato nel 1983 – definito affido temporaneo – è previsto, giustamente, che un bambino abbandonato dai genitori naturali (per diversi motivi) e potenzialmente adottabile, invece di rimanere per mesi o per anni presso un istituto pubblico che benché efficiente, soffre di impersonalità, può essere dato in affido temporaneo ad una coppia che vi si presti: così i genitori affidatari daranno al bimbo amore, cura, calore familiare, in attesa che egli venga dichiarato adottabile e perciò dato ai suoi nuovi genitori adottivi..

Tuttavia, tale congegno spesso causa dei problemi più gravi di quelli che intendeva risolvere. Infatti, nonostante ci si ostini da assistenti sociali imbevuti di ideologia fino alla radice dei capelli – e perciò in perenne lotta contro la realtà – ad ammonire queste coppie a “non affezionarsi” al bimbo loro temporaneamente affidato, accade, per fortuna, che invece queste persone, in quanto esseri umani, si lascino guidare dall’amore per chi hanno accudito per diversi mesi, e perciò, nella prospettiva del Tribunale dei Minori (ferreo e cieco custode delle leggi) essi finiscano per tradire il loro mandato, che perciò assume tratti paradossali in quanto auto-contraddittori: essi infatti sono invitati da un lato ad amare i piccoli loro affidati (è per questo che glieli danno), ma, dall’altro, a non amarli (ed è per questo che glieli tolgono).

Come è facile immaginare, il pasticcio è scontato. Accade infatti che queste coppie, dopo aver accudito ed amato un bimbo per diversi mesi, soprattutto se molto piccolo o neonato, pensino di poter chiedere di adottarlo in modo definitivo. C’è cosa più normale di questa? Cosa più ovvia? Esito più esistenzialmente conseguenziale? Ed invece, no! In questo caso – che è quello accaduto in questi giorni a Catania – queste persone vengono guardate all’incirca come gli eretici ai tempi dell’inquisizione: gli assistenti sociali sconsigliano ed ammoniscono, gli psicologi censurano, il Tribunale ostacola qualunque loro domanda, fino ad estrometterli del tutto da qualunque valutazione in ordine all’adozione di quel bambino. E se, come appunto accaduto a Catania, essi osano l’inosabile, cioè dirsi disponibili ad adottare il piccolo, apriti cielo! Delitto di lesa maestà!

Capita dunque che questa coppia chieda, dopo dieci mesi di affido, e dopo aver fatto rifiorire la bimba loro affidata a forza di amarla, di poter adottare la piccola; e capita che trovi un avvocato che la faccia intervenire in sede processuale; e capita che il giudice, inspiegabilmente, si arrabbi molto, cercando di evitare che queste persone partecipino al processo già iniziato. Ma un giudice può arrabbiarsi per l’esercizio di un diritto, quello di intervenire in un procedimento? Gli è lecito manifestare apertamente la sua contrarietà, fino al punto di farsi inseguire per corridoi – in mezzo a gente allibita - dall’avvocato che chiede solo di potersi costituire in udienza? La risposta a queste domande è ovviamente negativa, ma è accaduto.

Dimenticavo un piccolo ma importante particolare: invano si cercherebbe nel nostro sistema una norma che vieti alla coppia affidataria la possibilità di adottare il piccolo affidato: questa norma non c’è, non esiste. Anzi, il Parlamento sta per vararne una in senso opposto, il che è tutto dire. Ne viene perciò che l’impedimento assoluto e il “crucifige” verso chi manifesti questo proposito – come la coppia di Catania – non ha alcuna base giuridica, ma è solo il frutto di un dogma ideologico talmente forte ed insuperabile ( è noto che i dogmi ideologici sono ben più intransigenti di quelli teologici), elaborato dagli scienziati che gravitano attorno al Tribunale dei Minori, da esigere un riconoscimento assoluto. Ed infatti, il Tribunale, dopo aver dovuto a denti stretti ammettere, alla fine del procedimento destinato a dichiarare adottabile la bimba, che nulla vietava alla coppia di avanzare domanda per l’adozione, dopo appena 48 ore, aveva già emesso il decreto con cui la assegnava ad altra coppia per l’adozione definitiva.

Insomma, un assoluto esigeva così e ad un tale assoluto il Tribunale dei Minori si è aggiogato. Ma ad un prezzo altissimo: trascurare completamente l’interesse della piccola, dal momento che il Tribunale non si è minimamente curato di considerare che dopo circa dieci mesi sottrarla alla famiglia dove si era ritrovata e dove era stata amata e curata, per darla ad altra sconosciuta coppia, è molto rischioso per la salute psicofisica della medesima.

E’ stato fra l’altro Renè Spitz – allievo di Freud e massimo studioso di psicologia infantile – a definire i tratti clinici della “depressione anaclitica” ( dal verbo greco “anaclino”, che vale “poggiarsi su”), quella cioè che coglie i piccoli quando vengono deprivati bruscamente dell’affetto del nucleo familiare ove si trovino. Ma forse il Tribunale, la cui libreria appare affollata degli studi di Spitz, non li ha letti o non li ha meditati a sufficienza, per cui mentre scrivo si consuma questo misfatto: la piccola, dopo dieci mesi trascorsi nell’ambito di un nucleo familiare dove è letteralmente rifiorita, sta per essere trasportata come un pacco postale presso una coppia sconosciuta.

C’è di più. Il Parlamento, proprio in questi giorni, sta approvando, in modo trasversale a tutti i partiti, una nuova legge che assegna alla coppia affidataria una corsia privilegiata nell’adozione del piccolo affidato: e si capisce sia così, proprio perché si vuole salvaguardare il benessere dei bambini. Ma per il Tribunale non importa. Non solo. Si consideri che presso il Tribunale dei Minorenni vale una procedura del tutto anomala: non c’è praticamente contraddittorio, quasi tutto si svolge in modo segreto, il diritto di difesa viene impunemente violato, i cittadini sono impediti nel prendere visione degli atti che li riguardano e degli stessi provvedimenti che sono costretti a subire, manca ogni trasparenza. Sembra di essere in Unione Sovietica al tempo di Breznev.

La conclusione è necessitata: il Tribunale dei Minori, come autorevoli giuristi ormai da tempo sostengono, è da abolire. Subito. Semplicemente, perché esso sembra occuparsi più dell’uso astratto degli istituti giuridici che dell’interesse dei minori. E dunque: che ci sta a fare?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:37