Tv, sessismo, politica e... canzonette

Nel breve giro di tre, massimo quattro giorni, la politica-spettacolo, cioè lo spettacolo della politica, ha definitivamente catturato anche l’ultimo dei Mohicani che resisteva al suo fascino perverso. Attenzione: tre-quattro giorni nei quali l’eco del gestaccio (grave, certo, se “vero”, se ne vedremo l’immagine, anche se...) del senatore Lucio Barani alla senatrice grillina Barbara Lezzi ha immerso l’intero universo della politica creando una trasversalità di opposte posizioni in un contesto nel quale l’offerta televisiva della Civitas, organizzata nel Paese e nel Governo, si estendeva, per latitudine e longitudine, in tutta la sua oggettiva decadenza.

Senza la bussola, senza cioè una precisa direzione di marcia. Anzi, la direzione nasceva da sé, per partenogenesi televisiva che è, poi, la nascita e (spesso) la morte della stessa Polis, o almeno di ciò che chiamavamo così una volta. Come nel cinema, nello spettacolo, ovvero nella televisione onnivora, l’attenzione è stata soggiogata, all’inizio, da una ricerca spasmodica, come in una panoramica combinata allo zoom, dell’immagine, della foto, della sequenza del “gestaccio” sessista, maschilista, indegno, volgare, orrendo, offensivo della donna, ecc. La chose, la cosa risulta(va) introvabile dallo zoom dello sguardo mentre appariva, a latere, il gestaccio di un altro senatore che, tuttavia, l’ha motivato come risposta obbligata ad un “gestaccio” analogo ma opposto, di matrice grillina, peraltro non visto in tivù.

Credere sulla parola del senatore, che pure si vede benissimo con le mani indicative di un certo sito anatomico? O credere alla parola della senatrice grillina che ha pur visto i due colleghi con due gestacci? E dei quali, però, esiste una sola immagine probatoria (per ora)? O credere definitivamente alla prova cosiddetta regina della sequenza che, forse, arriverà sul tavolo del presidente Pietro Grasso? Questo il canovaccio politico principale che, tuttavia, è stato spodestato da una domenica televisiva nella quale, in contemporanea, su Rai e Sky, andavano in scena Renzi e Verdini. Un botta e risposta condotto da due brave professioniste, Annunziata e Latella. Quest’ultima, a onor del vero, ha avuto un’idea registica azzeccata facendo concludere Verdini in chiave parodistica musicale, canora, alla Domenico Modugno, che è stato un grande autore ma anche parlamentare radicale: “La maggioranza sai è come il vento... e c’è Gotor che si incazza”. Certo, siamo sempre in attesa del frame accusatorio, ma la trovata canora grazie ad un Verdini - molto più Modugno che mostro di Loch Ness - ha depotenziato la questione iniziale, e ha addirittura sussunto lo speech dello stesso Renzi, suggellandolo con lo spirito del tempo: la canzonetta.

Così sembra avanzare il cammino della storica riforma del Senato. Nel frattempo sulla Costa Azzurra è esplosa la bomba d’acqua con una ventina di morti, cinque treni di pellegrini e malati di ritorno da Lourdes sono rimasti bloccati per ore e ore. E in Medio Oriente cadono bombe cosiddette intelligenti, si distruggono vite umane e preziose memorie archeologiche mentre infuria la Terza guerra mondiale con contorno di migliaia di migranti arrivati e in arrivo. E poi? E dopo? E la Storia? Dopo sarà la stessa cosa in televisione, una canzonetta, lo stesso film. Altro che la Storia! Immagini fantasmatiche hanno invaso la tivù annullando qualsiasi gerarchia di fatti. La liofilizzazione degli accadimenti è un compito preciso della tivù, dalla Costa Azzurra all’Afghanistan, passando per Siria e dintorni, da noi, lo stesso subdolamente tranquillizzante processo, ha metabolizzato lo spettacolo, invero devastante, offerto urbi et orbi dal Senato in queste settimane.

Ma la perversione del mass media imperante tiene alla larga la riflessione e la discussione da e su questa sostanza, questa voragine in cui è precipitata la politica, e che è pur visibilissima, palpabile, direi concreta nei risultati, ché produce antipolitica a go go (come ben sanno Grillo e Casaleggio). Che, pure, si gioveranno anche dell’eventuale brutto gesto di un senatore. Per contrappreso un suo collega nonché capo, impropriamente definito “macellaio”, mostra una bella voce da baritono prendendo per i fondelli la minoranza del sia pur sempre pimpante Renzi. Sono solo canzonette, diciamo tutti. In realtà si avverano le profezie di Orwell, di Huxley, di Postman, di Moran e di Morin e pure di Baudrillard sul precipizio inarrestabile dello spettacolo offerto dalla politica.

Con noi attori passivi ma consenzienti. Perchè in televisione i politici sono indotti, chi più chi meno, non già ad offrire al pubblico l’immagine di sé, ma ad offrire se stessi come l’immagine degli spettatori. Molti dei quali hanno capito, ma questo importa fino ad un certo punto, che nell’Era dello spettacolo e della politica fatta di immagini, comprese quelle ghost, il discorso politico è vuoto non soltanto di contenuto ideologico, ma anche di contenuto storico. La tv, diceva Postman, ci imprigiona in un presente continuo ed incoerente. A-storico, lontano, fluttuante. Per questo ci piace. Come le canzonette.

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:23