Il pasticciaccio brutto del Canone in bolletta

Questa volta il Premier Matteo Renzi ha commesso un errore politico-propagandistico piuttosto grossolano, annunciando per la seconda volta di voler inserire il Canone Rai nella bolletta dell’energia elettrica. Si tratta di un’operazione coercitiva legata ad uno dei più impopolari tributi del nostro sistema di Pulcinella e, proprio per questo, mi aspetto a breve un ripensamento da parte del volpino che occupa il palazzo del Governo. In merito a ciò, è apparsa alquanto grottesca la difesa ad oltranza che Angelino Alfano, ospite di Giovanni Floris, ha fatto di codesto pasticciaccio brutto, il quale ha scatenato la furiosa reazione delle aziende fornitrici e delle associazioni dei consumatori. Il ministro degli Interni continua a definirsi liberale, ma neppure sulla terza imposta più odiata dagli italiani - almeno secondo i sondaggi - ha avuto il coraggio di distinguersi di una virgola dal capo dell’Esecutivo. Di questo passo, il suo partito finirà molto rapidamente nella terra di nessuno della più assoluta irrilevanza politica.

Nel merito della questione, al di là di qualunque aspetto connesso alla fondatezza giuridica del Canone Rai medesimo, se dovesse realmente passare la barbarica metodologia di agganciare un qualunque tributo ad una utenza essenziale, si instaurerebbe un principio di una gravità estrema, almeno per chi crede fermamente - come la nostra piccola riserva indiana liberale - nella necessità di porre alcuni confini invalicabili all’azione coercitiva dell’attuale Stato-ladro, secondo una felice definizione dell’amico Oscar Giannino.

Costringere chiunque ad assoggettarsi ai capricci fiscali del principe di turno, alla continua ricerca di nuove risorse per alimentare il proprio consenso, sotto la minaccia di restare senza luce o senza acqua, è roba che non ha nulla a che vedere con una società civile ed evoluta, bensì con qualcosa che richiama alla mente i tempi bui dell’alto Medioevo. Si tratterebbe, in estrema sostanza, di un altro piccolo passo verso l’assoluta schiavitù fiscale di un popolo indebitato fino al collo, nonostante una pressione tributaria allargata reale che supera ampiamente metà del Prodotto interno lordo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:37