Difendere l’indifendibile

mercoledì 21 ottobre 2015


Quando, nel 1976, Difendere l’indifendibile viene pubblicato negli Stati Uniti, il suo effetto sul dibattito politico-culturale dell’epoca è quello di un ordigno termonucleare che esplode durante un Requiem di Brahms eseguito dalla New York Philharmonic al Lincoln Center di Manhattan. Il pigro monopolio culturale liberal, solo saltuariamente infastidito da qualche sussulto conservatore, viene bruscamente interrotto da uno sconosciuto disturbatore libertarian, che si permette di affrontare a viso aperto tabù culturali, sociali ed economici in modo insolente e provocatorio.

Friedrich August von Hayek paragona la lettura di questo agile saggio scritto da Walter Block, un giovane studioso di economia fresco di Ph.D. alla Columbia University, alla «terapia shock» con cui era stato convertito al libero mercato da Ludwig von Mises. Qualcosa di sconvolgente, insomma, destinato a lasciare una traccia indelebile di sé.

Difendere l’indifendibile – come scriveva qualche anno fa su queste pagine Carlo Lottieri – «è un’apologia del mercato e del capitalismo che punta tutto sulla difesa delle figure più discusse che possono trovare spazio in una società libera». La prostituta, il porco maschilista, lo spacciatore, colui che grida “al fuoco!” in un cinema affollato, il bagarino, il falsario, colui che si rifiuta di fare beneficenza, lo speculatore, il profittatore, il crumiro, il datore di lavoro ai minori: si tratta, in rigoroso ordine d’apparizione, soltanto di alcune tra le 32 figure che compongono lo straordinario affresco di Block. Tutti questi “indifendibili” sono sottoposti a un trattamento rigorosamente lockiano (o se vogliamo rothbardiano) e analizzati con il microscopio della scuola austriaca. E il giudizio su di loro, dal punto di vista della filosofia libertarian non può che essere assolutorio.

«Nel prendere implacabilmente in esame, uno dopo l’altro, quei casi limite che tenderanno ad urtare la sensibilità del lettore – scrive Murray N. Rothbard nella prefazione alla prima edizione del libro –Block costringe il lettore stesso a considerare e a riconsiderare le proprie reazioni emotive automatiche, nonché ad acquistare una nuova e più solida comprensione della teoria economica, delle virtù e delle funzioni dell’economia del libero mercato. Persino quei lettori che pensano di credere nel libero mercato, devono adesso prepararsi ad afferrare pienamente le implicazioni logiche della fede in una economia libera».

Tradotto in una dozzina di lingue, Difendere l’indifendibile arriva in Italia nell’aprile del 1995 grazie alla (mai troppo lodata) casa editrice LiberiLibri di Macerata, con una splendida traduzione di Anselma Dell’Olio. Dopo quattro ristampe del titolo (l’ultima nel 2010), il pamphlet di Block diventa nel nostro paese una sorta di lettura “cult” che si diffonde come un virus in quella nicchia di studiosi, attivisti e simpatizzanti che abitano la – pressoché spopolata – “riva destra” del mondo liberale, liberista e libertario.

Proprio LiberiLibri, in questi giorni, ha dato alle stampe Difendere l’indifendibile II – Libertà in ogni campo della vita, scritto da Block nel 2013, a quasi quarant’anni di distanza dal titolo che gli ha regalato la notorietà. Block, che oggi insegna Economia alla Loyola University di New Orleans ed è senior fellow del Ludwig von Mises Institute di Auburn, in Alabama, non ha affatto perduto lo spirito iconoclasta e brillante degli esordi.

La prefazione è affidata alle cure dell’ex deputato repubblicano (ed ex candidato alla presidenza) Ron Paul, idolo dei libertarian di destra di tutto il mondo, ma Block non sembra fare troppe distinzioni tra i due maggiori partiti a stelle e strisce, colpevoli a suo dire di lavorare incessantemente – anche se con gradi e stili differenti – verso l’espansione dell’intervento statale in economia. E così il «fascio-socialista Bush» è trattato alla stessa stregua del «fascio-socialista Obama».

Meglio, molto meglio, sono trattati gli archetipi “negativi” che popolano il sequel di Difendere l’indifendibile. Tanto per citarne qualcuno: le multinazionali, il contrabbandiere, il tagliatore di teste, il robot, il fumatore, il mercante di organi umani, il sessista, l’omofobo, il produttore di armi giocattoli, il demolitore di edifici storici e perfino (eresia!) il venditore di bambini. In ognuno di questi paradossali ritratti, Block difende – con logica stringente e prosa divertente e divertita – l’assioma di non aggressione alla base della filosofia libertarian. E riesce a farlo anche quando l’impresa sembra oggettivamente disperata.

«Ci sono migliaia di persone la cui vita potrebbe migliorare in modo eccezionale se potessero avere accesso a un rene sano – scrive Block nel capitolo dedicato ai “mercanti di organi umani” – E migliaia di altre persone che muoiono ogni anno, portandosi nella tomba dei reni perfettamente funzionanti, senza alcun incentivo economico ad affidare quegli organi a chi ne ha bisogno. Perché i potenziali donatori non possono ricevere una ricompensa monetaria per fare del bene? La nostra società, invece, adotta ogni tipo di stratagemma inefficace per cercare di far arrivare gli organi a chi ne ha bisogno. Le celebrità ci esortano a donare i nostri reni (…). Le facoltà di medicina insegnano ai loro studenti le tecniche migliori per trattare con i parenti stretti; l’unica difficoltà è che devono chiedere il loro assenso proprio nel momento in cui è meno probabile che lo diano, ovvero dopo la morte improvvisa di una persona cara. (…) Il sistema di libera impresa, se gli venisse consentito di operare in questo ambito, sarebbe invece una manna per tutti coloro che sono affetti da disfunzioni renali. Un mercato legalizzato incoraggerebbe migliaia di donatori. Visti gli incentivi, passatemi la battuta, saremmo pieni fino al collo di reni».

Ancora una volta, il lettore di Block si trova di fronte a un bivio. Abbandonarsi ai propri pregiudizi, soprattutto etici, o percorrere fino in fondo il sentiero impervio della libertà, accettandone (o almeno comprendendone) pienamente le conseguenze, anche quelle apparentemente “indifendibili”. Block si propone esplicitamente di «dimostrare che il pensiero libertario è un’erbaccia in grado di resistere a ogni sorta di attacco intellettuale contro i suoi principî di base e ad ogni sfida». Ma avverte: «Se cercate un tipo di approccio graduale, questo mio lavoro non fa per voi. Ma per altri neofiti, l’unico modo per capire i meriti di questa filosofia è colpirli con una mazza (intellettuale) in fronte». E la mazzata, puntualmente, è arrivata anche stavolta.

Tratto da Rightnation


di Andrea Mancia