“Ti racconto la politica”

Una democrazia offesa (Capitolo 17). Un Popolo ha il dovere di spegnere l’ordinamento politico che vuole spegnerlo. L’Italia è alla mercé di non pochi parassiti “eletti” che intendono la politica come la sistemazione della loro esistenza a spese del popolo. La maggiore preoccupazione di tali individui, sembra quella di accalcare leggi, decreti e regole per tutelare sé stessi in modo ingordo e praticamente totale. Che dire inoltre delle cosiddette prebende di cui nessuno, fuori del “palazzo”, conosce il numero esatto ma che offrono gratuitamente ai citati parassiti, un’infinità di cose che tutti gli altri invece pagano?

Le iniquità accennate, costituiscono solo una parte dell’oceano delle nostre storture istituzionali, ma sono sufficienti a oltraggiare ogni concetto di democrazia. Non si tratta di devianze improvvisate, ma di un’anziana perversità che si è lentamente radicata in troppa parte della dirigenza politica del nostro Paese. Opporsi a tali scelleratezze, è cosa complessa che non può essere affidata al chiasso, all’improvvisazione o all’incompetenza. Fornendo ragguagli sui meccanismi che “assistono” il proliferare degli accennati vizi, il presente corso spera di privilegiare le strategie politiche popolari mosse dalla conoscenza e non dalla suggestione. I dati riportati nel capitolo n.14, relativi alla provincia campione di un milione di abitanti, potrebbero sottendere una lieve generosità circa la quantità d’iscritti attribuiti ai partiti politici; in questo modo, non è stato offerto il fianco all’eventuale accusa di avere operato delle approssimazioni per difetto. È invece importante che si sia descritto come si origina e struttura quell’uno per cento di popolo che decide ogni cosa in luogo del rimanente 99 per cento e poco sarebbe cambiato se, perfino più verosimilmente, avessimo parlato dello 0,9% che decide in luogo del rimanente 99,1%; in ogni caso, la nostra democrazia è volgarmente stuprata e offesa.

Gli abusi descritti, trovano adepti nelle vigenti strutture di partito e queste, sebbene diverse per dimensione e presunta concezione organizzativa della società, non si differenziano per quanto riguarda la facilità con cui permettono di oltraggiare il vivere comune. I partiti politici, occorre ricordarlo, sono lo strumento costituzionale per portare le istanze popolari nelle istituzioni. Il popolo è però riuscito a non contare nulla e a non rimanere “proprietario” di nessuna struttura di partito; ciò, come spesso ripetiamo, è grave perché il potere politico deviato non teme un popolo chiassoso, ma un popolo che sa organizzarsi. In tale realtà, si sono formate istituzioni che invece di porsi al servizio dei cittadini, costringono i cittadini a servirle. L’ordinamento politico di cui in apertura, ha voluto un popolo politicamente impreparato ed è riuscito a costruirlo. La soluzione non può essere l’incompetente impetuosità di improbabili rivoluzionari, ma un popolo che, ritrovata la fiducia nella preparazione e nel senso di squadra, sappia organizzarsi in una struttura di cui non smarrirà le finalità né il possesso.

Post scriptum - Nel prossimo capitolo parleremo dei cosiddetti “pacchettari”.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:15