Il Jobs act incrementa la disoccupazione

I nuovi dati forniti dall’Istat in merito alla disoccupazione sono bonari, almeno a parere degli addetti ai lavori. Perché dicono che la disoccupazione torna a salire, ma non sottolineano che l’effetto Renzi è una bubbola. Il tasso di disoccupazione sta salendo dello 0,1 per cento al mese, ed in Italia insistono circa tre milioni e mezzo di disoccupati reinseribili nei percorsi lavorativi (ovvero uomini e donne che hanno perso il lavoro da meno di 18 mesi), poi ci sono altrettanti disoccupati storici (persone che hanno perso il lavoro da più di tre anni, quindi difficilmente ricollocabili), poi ci sono più di sei milioni d’indigenti cronici ed atavici, ovvero persone scese sotto l’asticella economica che consente il reinserimento sociale (gente che può solo confidare su aiuti caritatevoli): per smaltire queste situazioni di povertà necessiterebbe mezzo secolo di lavoro, creando ogni giorno occupazione ed occasioni di reinserimento sociale.

Di fatto, l’attuale governo confida non poco sulla misura demografica maltusiana per eccellenza, ovvero il naturale decesso dei colpiti da povertà e disoccupazione. A conti fatti, la situazione occupazionale italiana non è risolvibile, e perché è sindacalmente e giuridicamente possibile solo la difesa di chi ha una postazione di lavoro (regolarmente contrattualizzata), di contro il disoccupato non è difendibile e, dopo un certo lasso di tempo, non reinseribile. Ergo, solo il calo demografico ed il blocco delle migrazioni per motivi economici possono far diminuire la percentuale di inoccupati, permettendo una ripresa economica sul tipo di quella dell’odierna Germania. L’Istat dice che, dopo il calo registrato nei mesi precedenti (-1 punto percentuale tra giugno e novembre), il tasso di disoccupazione sale nell’ultimo mese di 0,1 punti percentuali, attestandosi all’11,4 per cento. Il numero dei disoccupati è quindi aumentato a dicembre 2015 dello 0,6 per cento (+18mila): la crescita in disoccupazione riguarda gli uomini e le persone tra i 25 ed i 49 anni. Diminuiscono quindi gli occupati, smentendo nei numeri l’effetto “Job act”. Gli occupati totali sono in calo dello 0,1: pari a 21mila persone in meno ogni mese.

Quindi, se la matematica non è un’opinione, per quanto riguarda gli occupati il saldo positivo del 2015 è esattamente lo stesso del 2014, anno in cui Jobs Act e sgravi non erano in vigore. Con l’aggravante che gli inattivi continuano a crescere mese dopo mese, e per loro si profila quello che suggeriscono i sociologi francesi per i residenti nelle banlieue parigine, ovvero “un percorso d’accettazione dell’esclusione sociale”. Di fatto Renzi ha solo operato un’elargizione alle sole imprese amiche, gestendo anche maldestramente le politiche di esonero contributivo: infatti il numero dei soggetti che versano i contributi è in calo, seguendo l’orientamento di quando non c’erano né vantaggi fiscali né licenziamenti illegittimi facilitati.

Il mercato del lavoro italiano era stagnante nel 2011 rispetto al resto dell’Europa, mentre oggi è paragonabile ad uno stagno trasformato in pozza acquitrinosa: il lavoro cala inesorabilmente. Diversamente, la Germania ha oggi ulteriormente limato la sua disoccupazione: il tasso tedesco è in calo a gennaio al 6 per cento: il tasso più basso dal 1989, anno della riunificazione. Nell’Eurozona il tasso di disoccupazione è in calo ovunque, tranne che nel Bel paese.

Sorge il dubbio che né Renzi né, tantomeno, i ministri Padoan e Poletti siano adusi a leggere e comprendere le statistiche dell’Istat in materia occupazionale. Quello che dovrebbe terrorizzarli è la crescita mensile dei cosiddetti “zombie”, ovvero gli inattivi: + 0,2 mensili, ovvero 32mila scoraggiati in più al mese che non cercano lavoro. Vengono eliminati dalle statistiche gradite ai dicasteri di Economia e Lavoro, perché dopo i 18 mesi l’inoccupato viene catalogato come “non più reinseribile”.

Mentre questo dramma si consuma, Renzi crea l’agenzia Anpal che, invece di dimostrarsi capace di contenere la disoccupazione, serve solo a dare una presidenza al renziano Mauro Dal Monte (estensore dello Jobs act) ed amico di Tommaso Nannicini. Quest’ultimo è il neosegretario alla Presidenza del Consiglio, quello che avrebbe detto “io la disoccupazione non so nemmeno dov’è di casa”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:05