Lettera a Travaglio

Noi garantisti, pensavamo che la stagione delle manette e del giustizialismo tout court fosse terminata con “Mani Pulite”. Evidentemente quelle pagine di storia non sono bastate a Marco Travaglio.

Fabrizio Rondolino dalle pagine de “L’Unità” ha correttamente sostenuto che la galera non soltanto è inopportuna, ma anche in alcuni casi, inutile. Ha il sapore della vendetta, e lì per lì invocarla può rasserenare o consolare, ma non è la chiave per la risolvere il problema della criminalità. Andrebbe colta, senza banalità, anche la provocazione del senatore Luigi Manconi che nel suo ultimo libro “Abolire il carcere” propone la chiusura delle strutture penitenziarie perché non più adeguate alla loro funzione ovvero alla riabilitazione del detenuto soprattutto in assenza di piani strategici specifici di reinserimento nel mondo del sociale e del lavoro. Non a caso l’Italia, è il Paese con il più alto tasso di recidività d’Europa. Eppure Travaglio preferisce buttarla come sempre in caciara. Il direttore de “Il Fatto quotidiano”, al grido “tutti in carcere subito”, afferma, testualmente, che la carcerazione preventiva è “utilissima per evitare che il sospettato se la svigni, o inquini le prove o intimidisca i testimoni o continui a delinquere in attesa della sentenza definitiva”. Principio giusto se comparato a reati come terrorismo, mafia o associazione a delinquere ma il direttore dovrebbe sapere che la carcerazione preventiva non è prevista nemmeno dalla nostra Costituzione, che reputa tutti innocenti fino al terzo grado di giudizio. Cosa fare allora?

La strada tracciata dal ministro della Giustizia Andrea Orlando è, a mio avviso, l’unica percorribile. La messa alla prova, il braccialetto elettronico, la riduzione delle misure coercitive e il rafforzamento di misure alternative al carcere hanno ripristinato nel nostro ordinamento quel senso di civiltà mancante e affievolito l’emergenza carceraria, evitando dopo la sentenza pilota “Torreggiani” migliaia di ricorsi alla Cedu che avrebbero messo in difficoltà serie le casse di Stato. Negli ultimi cinquant’anni quattro milioni di cittadini sono stati arrestati, incarcerati e poi rilasciati perché innocenti. Questa è la vera ingiustizia. Ingiuste detenzioni (pagate con i soldi dei contribuenti), lesioni della dignità umana, vite segnate per sempre dall’onta del giustizialismo. Ai tanti detenuti poi assolti e alle loro famiglie cosa raccontiamo? Che la sete di vendetta e la voglia di manette è più forte del senso del garantismo? A Travaglio suggerirei, a tempo perso, di leggere Voltaire. “È meglio correre il rischio di salvare un colpevole piuttosto che condannare un innocente”.

(*) Avvocato e responsabile nazionale diritti umani Psi

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:43