Stato = “Dottor morte”

Il fumatore medio, ogni qualvolta si prendono provvedimenti che ineriscono alle “bionde”, si incazza, diventa cattivo e si batte pro domo sua, strafottendosene di ambiente, inquinamento e populismo circostante.

Anche chi scrive è un fumatore ma appartiene a quella categoria che non se la prende “a prescindere” con i divieti, ma che, nel contempo, non ce la fa più ad essere preso in giro da uno Stato che vende le sigarette ma ti fa anche sapere che “il fumo uccide” o che “il fumo causa ictus e disabilità”. Prescindendo dal fatto che ognuno (se mentalmente presente) può scegliere il modo che crede migliore per andarsene al Creatore, viene però da chiedersi: caro mio Stato mi stai dicendo che, tramite il Monopolio, rendi legale (e vendi) un prodotto che uccide? Ammetti, caro lo Stato, la consapevolezza di essere un “dottor morte” qualunque?

Poi, però, quello Stato è lo stesso che mette una serie di paletti nei confronti di chi decide di fumare le sigarette, quelle il cui fumo “danneggia gravemente te e chi ti sta intorno”. Il primo dei quali è il prezzo: quando serve un contributo alle dissestate casse statali, i primi ad essere colpiti sono quasi sempre fumatori ed automobilisti: insomma si va a colpo sicuro.

Poi si è iniziato con i provvedimenti per la salvaguardia dell’ambiente (almeno sulla carta), soprattutto riferendosi a locali pubblici, bar, ristoranti ecc.: obiettivamente, se uno decide di utilizzare i prodotti del “dottor morte”, ciò non vuol dire che anche chi gli sta intorno abbia deciso di morire tabagista. Ed aggiungiamo anche che, se è necessario legiferare che non si deve fumare in macchina quando nella stessa sono presenti dei minori, vuol dire che esiste qualche amante della sigaretta che è davvero fuori di zucca.

Ma il “dottor morte”, con la recente legge n. 221 del 28 dicembre scorso (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 13 del 18-1-2016), ha superato se stesso e, “per promuovere misure di green economy”, praticamente vieta il fumo anche in strada in quanto, se il fumatore ha la malaugurata idea di accendersi una sigaretta, non ne può poi gettare il mozzicone in terra. Che, per carità, per la difesa dell’ambiente si fa questo ed altro anche se si ha l’impressione che il vero inquinamento - quello “pesante”, quello delle ciminiere, quello degli scarichi degli autobus, quello degli inceneritori, ecc. - sia davvero di diverso tipo e certamente più nocivo.

E poi, dopo aver fumato una sigaretta, quel mozzicone dove lo buttiamo? Il “dottor morte” lo dice nell’articolo 40 di quella legge 221 dove si stabilisce che i Comuni devono provvedere “a installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta dei mozziconi dei prodotti da fumo”. Allora ci sentiamo di concludere con un appello ai lettori i quali sono invitati a segnalarci, da qualsiasi angolo della Penisola, eventuali incrementi nell’installazione di quegli appositi raccoglitori. In attesa di evidenze, iniziamo a scartare l’ennesimo pacchetto di sigarette.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:58