Lettera ai Foglianti   “ubriachi” di Renzi

Ripubblichiamo volentieri il seguente articolo a firma di Mauro Mellini apparso nella versione digitale del nostro quotidiano.

In genere, quando si concepisce ostilità e ripulsa nei confronti di una persona, di una istituzione, di un partito o di un cantante, dopo qualche tempo si finisce per dimenticare il motivo dell’ostilità. Questa diventa, magari, pregiudizio e se nuovi motivi di rigetto e di antipatia si aggiungono, quelli originari ne rimangono, si può dire, sopraffatti. Con Matteo Renzi, per me, non è così. Forse perché c’è più d’uno che assai stimo e di cui sarei portato a condividere giudizi ed atteggiamenti, che di Renzi pare sia grande estimatore e ne fa volentieri (e spesso) l’apologia. Che io mi ritengo in dovere di prendere in considerazione e di farmene strumento per scandagliare i miei convincimenti. Nel timore (lo ammetto) di essere schiavo di qualche preconcetto, di giudicare persone ed azioni in base ad episodi, situazioni, convincimenti non più attuali, né oggi riconoscibili come veri ed importanti.

Il risultato, in verità, di tali continui ripensamenti ed esami di coscienza (della mia e di quella di altri) è però sempre uguale. Anzi, se variazione c’è, è “in pejus”. La persona, il ruolo, i sostenitori rassegnati di Renzi ed a Renzi pare che diventino per me sempre più negativi. Debbo dire, poi, che un risultato non diverso ottengono le disamine che altri fanno di Renzi e del renzismo. Quest’ultima considerazione mi veniva in mente ieri, leggendo le litanie di Claudio Cerasa, il brillante successore di Giuliano Ferrara alla direzione de “Il Foglio”. Il leitmotiv di Cerasa è il solito, “ereditato” da Giuliano: “ha cambiato la sinistra come mai era successo prima”. A parte il fatto che, di per sé, il cambiare non è necessariamente cosa buona, non è Renzi che ha cambiato la sinistra. Semmai l’ha cambiata Silvio Berlusconi, oppure il Partito dei Magistrati, che se l’è tirata a rimorchio per vent’anni. La sinistra, oggi, semplicemente non c’è più. C’è un “partito monocratico” che ne ha raccolto e approssimativamente assemblato i pezzi. Renzi, semmai, ha avuto una parte di rilievo in questo riassemblaggio. Non c’è più la sinistra, ma il “Partito della Nazione”, “monocratico”, che vive di questa sua “monocrazia”. Vive ed è monocratico perché gli altri non esistono.

Ora, poiché un giudizio politico non è un giudizio sulla “bravura”, ma, essenzialmente sul ruolo dei personaggi primari, questo ruolo non mi piace, non mi piace nemmeno un po’, non può piacermi e non dovrebbe piacere a nessuno, salvo a chi, per natura o per occasione, è bravo soprattutto a saltare sul carro del vincitore e “gradisce” ritrovarsi dalla sua parte. Ma fin qui si tratta di giudizi sul ruolo di Renzi nella nostra vita politica, piuttosto che di valutazioni vere e proprie del suo operato e delle sue scelte. Renzi è espressione di quella “democrazia del gradimento” che sembra oggi destinata a pesare nel nostro presente e nel nostro avvenire. Non è un uomo “che ha carisma”, ma piuttosto un chiacchierone, che sa promettere la luna e sa far dimenticare le sue precedenti promesse ed il loro esito con altre promesse. Promette “riforme” senza sapere bene che cosa ed in che direzione, almeno, riformare. Promette, soprattutto di “cambiare”, cosa che nessun Giuliano Ferrara, nessun Cerasa potrà convincermi essere una novità. Persino la Democrazia cristiana, proprio negli anni della sua vecchiaia, abusava di questa parola: ricordo manifesti grandissimi, fondo blu con lo scudo crociato e la scritta “Per cambiare”.

Promette le riforme “gradite”. Non ha la capacità di valutarne implicazioni e concatenazioni. Basti pensare alla “rottamazione” del Senato. Non ha la minima capacità di valutare fenomeni epocali, come l’elefantiasi incontrollabile dell’ordinamento giuridico e del fardello legislativo, con ciò che essi comportano per la funzione giurisdizionale, le garanzie ed il bilanciamento dei poteri. Non ha il senso del valore e della forza della storia nella saldezza delle istituzioni. Della sinistra ha preso questa indifferenza, senza la forza degli ideali e, magari, dell’utopia. Ha uno scarso “senso dello Stato” frutto della derivazione cattolica e “cattocomunista” del suo ambiente culturale. E, poi, sono autentiche panzane quelle che ci ammannisce Cerasa, sui suoi pretesi meriti insiti nell’atteggiamento nei confronti del Partito dei Magistrati. La questione della “responsabilità civile” è una inconcludente finta riforma, ora che la magistratura (alla quale quel poveretto del ministro - cosiddetto - della Giustizia del Governo Renzi, Andrea Orlando, ha inteso, “consegnandole” la legge, il dovere di suggerirle di individuare addirittura i “necessari aggiustamenti”), è compatta in un unico e spregiudicato partito e della legge non farà che quello che aveva fatto della non molto diversa legge con la quale il “Sistema Dc” aveva gabbato l’esito del referendum.

Come fa Cerasa a parlare di “una legge che ha riconosciuto (!) un principio normale: che i magistrati non sono intoccabili e se sbagliano debbono pagare” (quindi giochino pure a “toccarsi” tra di loro e facciano pagare gli altri!) senza che gli venga da ridere? Che poi Renzi “ha messo nero su bianco che devono essere messe a punto (le intercettazioni telefoniche) perché non è accettabile che ci sia una dittatura…” è addirittura una brutta battuta di spirito. Possibile che in tanti anni, benché impegnato a fare il boy scout e ad imparare a memoria il “Manuale delle giovani marmotte”, Renzi non abbia inteso quel ritornello “nero su bianco”, da tutti quelli che hanno lasciato dilagare il “tutti intercettano tutti”, sistema nel quale il nostro Paese batte la concorrenza dei peggiori Stati totalitari? Quella che secondo Renzi è l’uomo che, finalmente “ha preso a sberle il sistema mediatico giudiziario” è la balla fogliante più clamorosa. Renzi ha fatto il braccio di ferro con Napolitano per mettere al ministero della Giustizia un magistrato “ultras” come Gratteri, ed infine ha fregato il Vecchio mettendoci un Nessuno, e poi nominando badante del Signor Nessuno (alias Orlando da La Spezia), guarda caso, proprio il Gratteri, che l’inutile ed ingenua saggezza di Napolitano voleva lontano da Via Arenula.

Cerasa, Ferrara, i Foglianti si godano pure il tepore della fiducia nel “nuovo” partito di Renzi. “De gustibus…” con quel che segue. Alla completa frantumazione di ciò che non è riassumibile nel Partito Monocratico e nel Renzismo era, ed è, d’altra parte, mancata solo questa loro acquiescenza. Sembra una ammonizione della saggezza della storia: occorre che tutto sia travolto perché, se e quando qualcos’altro s’avrà da costruire, non ci si illuda di utilizzare neppure ciò che di più serio e ragionevole abbiamo oggi. Peccato. Ferrara, i Foglianti ed anche Cerasa mi sono cari e simpatici. Ma non è questione di simpatia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:49