Penalisti: proposte e diritti non negoziabili

venerdì 12 febbraio 2016


Domani, a Verona, si celebra l'inaugurazione dell'Anno Giudiziario degli Avvocati Penalisti. Una cerimonia che va in scena, ormai, da molti anni e che rappresenta l'occasione per fare il punto della situazione secondo il nostro punto di vista. Nei primi anni, a dire il vero, più che di inaugurazione in senso stretto, si trattava di vera e propria contro inaugurazione, vale a dire di una manifestazione organizzata dall'Unione per divulgare liberamente a casa nostra e non nei limiti del rigido protocollo di un cerimoniale che ci relegava – e ci relega! - nelle file di rincalzo destinate agli ospiti di modesto rango. A distanza di tempo, e grazie all'impegno politico dei nostri rappresentanti, l'evento ha assunto importanza e rilievo mediatico ed è diventato appetibile anche per coloro che, inizialmente, non ne avevano apprezzato gli scopi.

Ma, come dicevo, non parliamo più di contro inaugurazione, bensì di inaugurazione. Non è cosa di poco conto, se – come credo si debba fare – annettiamo alla diversa definizione un significato politico che implica l'assunzione dell'obbligo di formulare proposte concrete, progetti realizzabili e programmi definiti. Insomma: non andiamo a Verona per ascoltare dotte discussioni su questo o su quell'istituto giuridico, ma per riaffermare la nostra soggettività politica e consolidare (o recuperare) gli spazi che, talvolta a caro prezzo, ci siamo conquistati.

Non basta. Verona, a mio giudizio, è una splendida occasione non soltanto per incontrare gli iscritti e dare un segnale di vitalità, ma per dire ai nostri interlocutori naturali qual è la nostra posizione sui temi caldi, sulle riforme, sulla politica giudiziaria. Giochiamo in casa e, oltre al dovere di rendere onore ai nostri ospiti, abbiamo il dovere di essere chiari, tirando le somme di ciò che è stato e proponendo ciò che vorremmo per il futuro. Escluso, mi auguro, l'invito alla mobilitazione per la separazione delle carriere, alla quale non rinunceremo mai, ma che non costituisce la precondizione della disponibilità alla interlocuzione politica, auspico che si dicano con chiarezza alcune cose semplici, ma necessarie.

La prima. Poiché tra gli invitati vi sono esponenti politici di primissimo piano, dobbiamo dire loro che cosa può essere oggetto di discussione distinguendolo da ciò che ci costringerebbe all'intransigenza facendo ricorso a concetti del tutto elementari.

Mi spiego meglio. Il diritto di difesa, nelle varie declinazioni costituzionali e convenzionali, è indisponibile. Le garanzie previste dalle norme che ho appena citato non sono suscettibili di alcuna discussione perché lo vietano la Costituzione, la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo ed i trattati dell'Unione Europea sottoscritti dalla Repubblica Italiana. Di queste cose non si parla.

Molti di coloro che leggono, a questo punto, avranno già esclamato: lo sapevano prima che tu lo dicessi. È vero. Del resto sappiamo che, tra le categorie politiche, oltre al non disponibile, esiste il non negoziabile, la cui maggiore estensione impone scelte precise e non equivocabili. Siamo in grado di dire, ai nostri interlocutori, quali sono le cose sulle quali non siamo disposti a negoziare e – aggiungo ora – quelle sulle quali siamo pronti ad aprire un tavolo di discussione? Che cosa ne pensiamo delle impugnazioni, della possibilità di ridurne la portata, di connotarne rigorosamente alcune forme, degli effetti processuali che ne derivano? Questa, senza dubbio è area del disponibile – non negoziabile è la presunzione di non colpevolezza, per intenderci – ma non è chiaro se sia area del negoziabile.

Altro tema. La prescrizione. Non disponibile – a Costituzione immutata – è la natura sostanziale dell'istituto. Sono negoziabili ipotesi di sospensione? È negoziabile una diversificazione come quella di cui parla la nota sentenza Taricco?

Le misure cautelari reali e la confisca. Quale relazione tra il diritto di proprietà, le esigenze industriali (e occupazionali) e quelle del processo?

I rapporti con la Stampa. Data per ammessa una inevitabile conflittualità dialettica, occorre definire un'area non negoziale rappresentata dalla protezione del processo dalle intrusioni e dalle interferenze. Su questo punto, visti i recenti fatti romani, dobbiamo aprire un tavolo di discussione con il Parlamento.

Il che significa – ed è la seconda questione di cui intendo parlare – che non possiamo – e non dobbiamo – interrompere le comunicazioni con i nostri naturali interlocutori, tenendo presenti le differenze che li connotano. Una cosa sono le relazioni con la Magistratura Associata, altra cosa è il dialogo con il governo ed il parlamento. Noi non abbiamo, e non avremo mai, governi amici; dobbiamo fare il possibile perché i governi – o i ministri – ci siano nemici o, peggio, ci trattino con indifferenza. La sopravvivenza della nostra soggettività politica postula necessariamente la persistenza di un canale di comunicazione, magari conflittuale, magari a volte sospeso, ma mai – sottolineo il mai – interrotto.

Domani a Verona dovremmo lanciare un segnale. Dalla contro-inaugurazione alla inaugurazione, significa, per me, che la vera inaugurazione si fa qui e che da qui partono i messaggi a coloro che debbono intendere. Lunga vita all'Unione delle camere penali italiane.


di Mauro Anetrini