Considerazioni dopo la   morte di Giulio Regeni

La difficoltà della diplomazia egiziana nel dare una risposta credibile alla violenta morte subita da Giulio Regeni apre un ventaglio di ipotesi non tanto incerte sulle cause che l’hanno determinata.

Noi siamo certi che il movimento rivoluzionario dei giovani di Piazza Tahrir non sia finito. La crisi profonda che sta attraversando tutto il mondo islamico è espressiva dello scontro tra due forze: una riformista, di rinnovamento, modernità e di una più avanzata visione del futuro, l’altra di retroguardia e di conservazione, destinata ad esaurirsi con l’avanzare delle nuove tecnologie e dei nuovi processi di sviluppo economico.

Questo movimento politico-culturale rivoluzionario, mosso dalla “Primavera araba” e volto ad abbattere regimi dispotici che sembravano inamovibili e imbattibili, sembra esaurito. Non è così.

Il giovane Regeni, al di là di catalogazioni formali e ufficiali di appartenenza, era un giovane universitario certamente seguace di idee e principi di libertà, di giustizia sociale, di democrazia e di rispetto della dignità e dei diritti dell’uomo che si è scontrato con i poteri dispotici dominanti.

La responsabilità dell’Occidente e dei singoli Paesi che operano direttamente nell’area del Mediterraneo è grande. Gravi errori sono stati fatti nelle scelte degli interventi da attuare in un’area così geo-politicamente strategica, errori che hanno determinato drammatiche lesioni dei diritti umani di cui stiamo pagando e pagheremo ancora per molti anni le conseguenze.

La morte del giovane Giulio pone adesso all’Italia il compito di operare affinché da questo dramma scaturiscano atti politici in grado di portare chiarezza sul grave episodio e sulle cause che l’hanno determinato e contribuiscano a tutelare i diritti delle minoranze e la libertà di espressione.

(*) Presidente della Lidu Onlus

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:49