La difesa è sempre legittima

Ha destato scandalo, sul francescano Corriere della Sera, l’articolo che un vescovo ha scritto con riguardo ad alcune sentenze benevole verso ladri e malfattori. Il vescovo ha pubblicato le sue considerazioni sul giornale diocesano. Tuttavia sono state considerate una notizia meritevole di mezza pagina del grande giornale dell’equidistanza nazionale (già diventato il “Corriere della Nazione”?).

Commentando il caso di un tabaccaio padovano, condannato a 2 anni, 8 mesi e 325mila euro (sic!) di risarcimento per aver ucciso un ladro penetrato nel suo negozio, il monsignore ha scritto: “Quello che il ladro non è riuscito a rubare da vivo, il giudice lo ha tolto, completando il furto alla famiglia. Si rischia di trasmettere il messaggio: violenti, scassinatori, ladri, continuate la vostra criminale attività”. Il giornalista ha tranciato questo giudizio: il vescovo ha espresso ciò che meno ti aspetti da un pastore di anime. Perché? Perché il Vangelo dice “porgi l’altra guancia”. Ma il monsignore, che ne sa una più del diavolo, ha replicato all’incauto giornalista: “Le Sacre Scritture le conosco bene e vi dico che vanno contestualizzate. Quel tabaccaio non voleva far del male, ha avuto una reazione emotiva e non sarà contento di aver ammazzato. Ma dovrà pagare una tassa di 1.000 euro al mese per 27 anni per essersi difeso (sic!). È una condanna che mette sottosopra la famiglia del derubato e un vitalizio per la famiglia del ladro!”.

Il giudice ha scritto in sentenza che l’imputato “non ha mostrato ravvedimento e non ci sono i presupposti della legittima difesa”. Aver negato, è da supporre sulla base delle prove, la legittima difesa ha poco a che fare con il ravvedimento. Chi agisce in base al proprio diritto, non lede diritti altrui, sebbene possa nuocere. Ravvedersi o meno sono affari suoi intimi. Se non c’è legittima difesa, né eccesso colposo nell’esercitarla, dovrebbe essersi trattato di omicidio volontario o preterintenzionale, due crimini che sembra strano punire con soli 2 anni e 8 mesi. Ma per giudicare la sentenza bisognerebbe conoscerla in dettaglio. Allo stato delle notizie giornalistiche, qualcosa non quadra, perché il risarcimento e il suo ammontare fanno pensare che la sentenza abbia concluso per la piena colpevolezza della vittima del furto. Questo dunque per la legalità formale. Ma il diritto e la giustizia, nel caso della difesa personale, in Italia non pendono dalla parte dell’aggredito e del derubato.

Per comprendere l’abisso che ci separa da un ben ordinato bilanciamento giuridico e etico dei valori implicati dalla difesa individuale, occorre ricordare che il II e il IV Emendamento della Costituzione americana stabiliscono che “il diritto del popolo di tenere e portare armi non potrà essere violato” e che “il diritto dei cittadini a godere della sicurezza per quanto riguarda la loro persona, la loro casa, le loro carte e le loro cose, contro perquisizioni e sequestri ingiusti, non potrà essere violato”.

Sicché, mentre le stesse pubbliche autorità hanno bisogno di un mandato giudiziario per penetrare in casa e sottrarne le proprietà, il ladro comune può farlo impunemente e se, esercitando quei diritti, il proprietario lo ferisce o uccide, passa dalla parte del torto e deve lui risarcire il danno causato al malfattore. Il nostro sistema sovverte la morale comune e il senso della retta giustizia. Politici e magistrati non sembrano avvedersene, soddisfatti dall’ipocrita puntello legalistico.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:19