Le banche: un problema tedesco

Il problema non è delle banche italiane, cioè le nostre, ma della Deutsche bank tedesca. In Italia, in attesa di elezioni democratiche e governi e Parlamenti legittimamente eletti, stendiamo qui un velo pietoso sui recenti disastri truffaldini riguardanti le quattro banche depredate italiane.

Il problema è in realtà della Germania. Checché ne dicano e vogliano fare apparire sia il ministro delle Finanze Wolfgang Schaueble che il governatore della Bundesbank Jens Weidmann, cioè quelli che accusano a piè sospinto la Bce di aiutare l’Italia, e che vanno dicendo di non sentirsi “per niente preoccupati” per la situazione a dir poco criticissima di Deutsche bank, l’altro giorno, cioè il 10 febbraio 2016 i tedeschi sono accorsi a dare la notizia che la loro banca/simbolo ricomprerà 50 miliardi di euro di propri debiti in scadenza nei prossimi anni facendo ricorso a 220 miliardi in cassa. In pratica la banca tedesca riacquisterà massicciamente le obbligazioni su cui circolavano fondati dubbi riguardanti l’effettiva solvibilità. E così, per quel giorno, Deutsche bank è schizzata a quota +14 per cento chiudendo a fine giornata a +10 per cento. Mentre solo poco prima e per molto tempo si è trovata in una situazione nera come la pece con il calo complessivo al 13 per cento.

Deutsche bank non era in grado cioè, né era capace di fare fronte alle scadenze debitorie, dando così forma al peggior incubo di investitori ed azionisti imperanti le nuove regole del bail in. La banca centrale tedesca e la Germania tutta sono corse quindi a tranquillizzare le borse anche riesumando la recente vendita della consociata cinese di Deutsche bank che ha reso circa 3 miliardi. Che cosa vuole dire tutto questo? Innanzitutto che i crolli hanno minato la liquidità e che, con l’annuncio del corposo riacquisto, la banca tedesca ha inteso tappare la falla che evidentemente si stava spalancando, così come si spalancava.

Premesso che già per la Grecia l’Italia ha dovuto contribuire in maniera significativa pagando errori di scelte e gestione di banchieri tedeschi dell’attuale Europa tedesca, premesso che è anche venuta fuori da tempo una serie di scandali e di scorrettezze perseguibili riscontrati in capo ai vertici di Deutsche bank la quale ha manipolato i tassi sul libor ed il mercato dei cambi, e premesso ancora i recenti gravi problemi relativi al riciclaggio di denaro in Russia, premesse cioè tante e tali ombre scurissime cui fa da substrato la zavorra dei derivati di cui Deutsche bank è stracolma e molto attiva nel trading, diciamo che la Germania non è il pulpito da cui l’Italia deve ricevere direttive di rigidità, in ordine, ad esempio, alle garanzie a tutela delle banche italiane, nostre come di quelle spagnole. C’è poi, non meno importante, da rilevare che con l’intervento del governo e della Bundesbank tedeschi a favore della propria banca Deutsche bank, simbolo della Germania e della finanza tedesca, Angela Merkel e la Germania europea stanno di fatto bellamente bypassando e condizionando le regole europee del bail-in imponendo di fatto una moratoria dal momento che si interviene pesantemente a tranquillizzare sulla solidità della propria banca. In base a quale potere o legittimazione cioè la Germania può sostenere, come fa e sta facendo, la propria principale banca in contrasto e contrariamente a quanto stabilito dalle norme europee e specificamente da quelle recenti del bail-in? Che ci sia qualche problema, non solo evidente, è deducibile da un altro fattore che è stato determinante dell’improvviso rialzo dei titoli in borsa e cioè che, a fronte delle difficoltà del sistema bancario, la Banca centrale europea sarebbe pronta ad acquistare, nell’ambito dell’operazione in corso di Quantitative easing, anche i titoli azionari delle banche, cioè quando non si può non scoprire che la Germania ha chiare difficoltà sul versante del sistema bancario, ecco che alla Bce è permesso di cambiare strategia.

Si ricordi infine che nel 2015 la Germania ha registrato il surplus commerciale guarda caso più favoloso d’Europa, precisamente 250 miliardi di euro, e che per l’ottavo anno consecutivo – periodo coincidente guarda caso con la crisi economica 2007/2015 – ha superato i parametri stabiliti dell’Unione europea senza che nessuno, tantomeno la Commissione europea, abbia mai pensato di aprire ed inoltrare nessuna procedura di infrazione, come sarebbe stato normale ed opportuno fare. Quanto qui riferito palesa in tutta evidenza la differenza tra l’Europa tedesca, da abbandonare, e l’Europa politica unita, da “costruire” e creare. Con lo sguardo futuro, per l’Italia, verso il Regno Unito e in asse con gli Stati Uniti e con il mercato libero.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:27