La favola delle   mammolette grilline

Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera sostiene che l’elettorato pentastellato sia fondamentalmente di centrodestra e che Beppe Grillo sia il paladino della rivolta contro l’establishment in una sorta di “noi popolo contro voi potenti” che fa molta presa sul bacino elettorale tradizionalmente conservatore composto da piccoli commercianti schiacciati da Amazon e da padroncini vittime del fisco, della magistratura e della burocrazia.

Sarà anche vero ma è altrettanto innegabile che la classe dirigente del movimento sia composta dai delusi (o dagli scartati?) del centrosinistra verso cui infatti il livore è alto tanto quanto le affinità ideologiche. D’altronde non si ha notizia di un transfuga grillino che abbia traslocato nel centrodestra o di un dirigente che abbia mai cercato il dialogo con Berlusconi.

Le verità è che si fa tanta filosofia sui cinquestelle quando invece bisognerebbe ricordare gli incontri tra gli ispiratori del movimento e l’ambasciatore inglese per parlare di non si sa cosa o con l’ambasciatore Usa Ronald Spogli, che nel 2008 presentò Grillo a Condoleezza Rice come un interlocutore affidabile. Non sapremo mai invece se sia vera la favola di Beppe a bordo del Panfilo Britannia nel 1992 con il gotha del mondo, ma tant’è, crediamo che le frequentazioni “certe” bastino per dimostrare che non si tratta di un movimento nato per caso (o dal basso), ma di un sistema ben rodato con contatti negli ambienti che contano.

In molti si sono sbagliati nel reputare costoro delle mammolette, perfino uno navigato come Marco Pannella il quale li definì “un fortunato incidente alla partitocrazia” volendo accostarli in qualche modo ai Radicali. E se invece non fossero un incidente? E se fossero nati per intercettare e congelare (per conto terzi) il malcontento che dilagava in un periodo in cui i protagonisti della Seconda Repubblica imboccavano il viale del tramonto ed i voti in libera uscita rischiavano di finire nelle mani sbagliate? Il dubbio è legittimo e le certezze sono poche. L’unica evidenza è che i voti presi sono stati effettivamente congelati.

Quello del vincolo di mandato, delle multe comminate a chi non fa il burattino di Casaleggio et similia è solo un dettaglio che si inserisce in un quadro già poco chiaro. Ovvio poi che un movimento in cui “uno vale uno” non sia compatibile con la storia del guru che può graziosamente concedere libertà di coscienza sulle unioni civili mentre per le altre cose la coscienza si chiede di riporla nel cassetto per votare come dice Casaleggio. Chiaro che in un movimento nato dal basso in cui i candidati vengono scelti liberamente dalla fantomatica Rete (facciamo che ci crediamo?) non ci può essere un direttorio che sceglie arbitrariamente se un eletto vada sanzionato o cacciato. E poi il direttorio chi lo ha eletto? Siamo solo alle comiche finali perché la favola dei cittadini migliori dei politici era già crollata sotto i colpi della vicenda Quarto, fatto che dimostra quanto l’uomo comune non sia immune da scivoloni nel momento in cui si cimenta con l’amministrazione della cosa pubblica.

Adesso, giusto per suggellare il fallimento dell’uomo qualunque al comando, si inventano un sistema che assicuri la massima controllabilità degli eletti, ammettendo implicitamente ancora una volta che gli anti-casta sono potenzialmente trasformisti tanto quanto Domenico Scilipoti o Dorina Bianchi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:58