I nostri conti pubblici   che non tornano mai

Renzi, Padoan e tutta la compagnia cantante non sanno più che pesci prendere, ammesso che, con tutto il rispetto, lo abbiano mai saputo piuttosto che fatto finta di sapere.

Del resto, quando si fanno le scelte sbagliate e si punta spavaldamente a giocare con la sorte e con l’esito dei bluff, questi sono i risultati. Innanzitutto, sui conti pubblici, al contrario di quello che vogliono farci credere, balla ben più di un punto di Pil fra il consuntivo del 2015 e le previsioni del 2016, in termini chiari sono circa 15/20 i miliardi di euro che mancano all’appello. Come se non bastasse, tutta una serie di variabili, che avrebbero ragionevolmente dovuto essere considerate, non solo sono state trascurate ma addirittura disattese con la solita leggerezza.

Basterebbe questo per constatare il pericoloso e crescente ricorso degli italiani alle rateizzazioni e al contenzioso fiscale per capire che la gente boccheggia. Va da sé, infatti, che quando un Paese intero, vuoi per sopravvivenza, vuoi per scelta obbligata, vuoi per eccesso di pressione, ricorre così massicciamente al rateizzo e alla lite fiscale, significa che si è vicini al collasso.

Se poi contemporaneamente un’enormità di persone per la follia della Legge Fornero si ritrova senza lavoro e senza pensione, il tasso di occupazione si alza di niente e le chiusure e i fallimenti aumentano, è chiaro che i conti non tornino mai. Inoltre, il recente terremoto dei mercati che ha falcidiato risparmi, gestioni, investimenti mobiliari, ha ulteriormente peggiorato il clima, la propensione agli acquisti, il livello di aspettativa e il timore degli italiani. Tutto ciò accompagnato dallo sperpero di bonus miliardari, che diversamente potevano essere messi a frutto, da una spesa inarrestabile e da un sistema del credito in crisi da mala gestio.

Per questo in Europa non sappiamo più che pesci prendere pur di farci concedere qualche cosa, per questo annaspiamo intorno ai dati, per questo cerchiamo sponde ovunque tra i partner e navighiamo al buio. In più il Governo, non avendo il coraggio di ammettere gli errori, gli sbagli strategici, il fallimento di alcune scelte, per la paura non solo di tracolli elettorali, ma di una reazione dei mercati che quella passata sarebbe cipria, continua a sbandare negando la necessità di una manovra correttiva. Per tale motivo si attacca il Fiscal compact, si chiede la condivisione del debito, si cerca la flessibilità, si prova in tutti i modi a questuare qualcosa sperando di ottenerla.

Insomma, siamo più che mai in mare aperto con i motori in panne e per aggiustarli servono miliardi di manovra correttiva. Come se non bastasse, tanta improntitudine della politica è quotidianamente accompagnata da notizie di scandali vergognosi che non accennano a diminuire e che sono la vera madre del disastro italiano e dell’esplosione progressiva del debito pubblico. Prepariamoci dunque al redde rationem, con l’Europa, con i nostri conti e con la realtà. Del resto quando l’ipocrisia vince sul coraggio, il moralismo peloso sull’evidenza, il fanatismo sull’umiltà e la furbizia sull’intelligenza, il prezzo da pagare, prima o poi, è sempre quello di una resa dei conti, quelli veri. Siamo un Paese sbrindellato dove non funziona niente o quasi e si va avanti per inerzia alla costante ricerca dell’escamotage per rimanere a galla e l’unica sorpresa è l’infinita pazienza degli italiani.

Da anni non siamo in grado di farci riconoscere un ruolo autorevole nel mondo e in Europa e viviamo nella costante speranza che ci si conceda qualche briciola di credibilità, di affidabilità e di flessibilità... Ci attacchiamo sempre “al nuovo salvatore” che regolarmente non salva un bel niente, tranne gli amici e i soliti noti; insomma, dove possiamo andare se non dritti contro un muro continuando così? Da noi non tornano né i conti né la speranza di farcela, si rimanda e basta, si prende tempo e basta, si illude la gente e basta, ma quanto può durare? Ai posteri l’ardua sentenza.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:56