Petrolio: Pasolini e Tempa Rossa

mercoledì 6 aprile 2016


Nonostante Matteo Renzi con i suoi viaggi all’estero si impegnava per riportare gli investimenti esteri in patria, i problemi interni al suo stesso Governo non sembravano volersi arrestare, causando non pochi grattacapi al Presidente del Consiglio. Dopo le dimissioni del ministro Maurizio Lupi avvenute un anno prima, a causa dell’inchiesta su alcuni appalti in cui uno degli indagati aveva dichiarato di aver procurato incarichi di lavoro al figlio del ministro, giovedì scorso Renzi era stato raggiunto, mentre si trovava negli Stati Uniti, tra il discorso all’Università di Harvard e la firma dell’accordo con Ibm per sviluppare un polo tecnologico nell’area dell’Expo a Milano, dalla lettera di Federica Guidi, ministro dello Sviluppo economico in carica dal febbraio 2014, in cui dava formalmente le sue dimissioni a causa dei favori fatti da lei tramite il compagno o, come specificherà lei stessa, il marito, alle lobby del petrolio.

Il casus belli fu lo “scandalo” delle intercettazioni in cui la ministra pareva aver favorito il compagno intorno all’emendamento della Legge di Stabilità approvato nel dicembre del 2014. Con esso vi fu anche il via libera al progetto di estrazione del petrolio Tempa Rossa gestito dalla Total. Tempa Rossa è il nome del giacimento petrolifero della Basilicata, che si riferisce ad un giacimento scoperto nel 1989, sito precisamente nell’alta valle del Sauro. Il progetto, di non facile realizzazione perché situato tra il parco regionale di Gallipoli Cognato e il parco nazionale del Pollino, si estendeva in larga parte (5 pozzi petroliferi in loco e uno nel comune di Gorgoglione) sul territorio del comune di Corleto Perticara, nei pressi di Potenza, dove sarebbe dovuto sorgere anche un centro di stoccaggio Gpl. Altri due pozzi petroliferi sarebbero dovuti essere perforati una volta ottenute le autorizzazioni di legge.

Il progetto “Tempa Rossa” prevedeva quindi lo sfruttamento di 8 pozzi, di cui 6 già perforati e altri 2 da perforare in quel periodo; la costruzione di un centro per il trattamento olii, dove gli idrocarburi estratti, convogliati tramite una rete di condotte interrate, vengono trattati e separati nei diversi sottoprodotti come il grezzo, il gas combustibile, lo zolfo, il Gol, per poi venir spediti tramite canalizzazioni interrate; un centro di stoccaggio per il Gpl; nonché l’ovvia costruzione delle infrastrutture necessarie sul territorio, ovvero l’adeguamento di strade comunali, i sistemi per l’alimentazione di acqua ed elettricità per il centro di trattamento e la distribuzione degli idrocarburi.

Nei mesi precedenti la polizia di Potenza aveva cominciato ad indagare sulle autorizzazioni che avrebbero permesso il progetto per l’estrazione complessiva, a pieno regime, di circa 50mila barili di petrolio, 80 tonnellate di zolfo, 240 tonnellate di Gpl e 230mila m³ di gas naturale, senza contare la previsione di 300 posti di lavoro che l’impianto avrebbe potuto garantire, soprattutto alla popolazione locale, per un giro d’affari che andava ad interessare grandi gruppi petroliferi mondiali: assieme a Total E&P Italia, operatore incaricato dello sviluppo del progetto, figuravano anche Mitsui E&P Italia B S.r.l. e Shell, entrambi con il 25 per cento.

Il 7 gennaio del 2015 le microspie della Squadra mobile registrano la conversazione tra il ministro Guidi e il compagno-imprenditore Gianluca Gemelli, il quale aveva interessi imprenditoriali nella zona, calcolabili in circa 2,5 milioni di euro in appalti. Intercettata al telefono, la ministra avrebbe detto al compagno: “E poi dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato… è d’accordo anche Maria Elena (Boschi, ndr)… quell’emendamento che mi hanno fatto uscire alle quattro di notte. Rimetterlo dentro alla legge. Con l’emendamento alla Legge di Stabilità ed a questo punto se riusciamo a sbloccare Tempa Rossa, ehm, dall’altra parte si muove tutto”.

Insomma, se il caso della Boschi fu quello di aiutare la banca dove lavorava suo padre, la Guidi aiutò il compagno nell’entrare in affari con le trivelle. Per il Presidente del Consiglio cominciava ad essere davvero troppo. Le dimissioni della Guidi furono accettate da Matteo Renzi, il quale preferì certamente una risposta immediata, senza perdere nemmeno un giorno, pur di non creare situazioni che potessero contribuire allo sgretolamento istituzionale del suo Governo e la perdita del consenso popolare.

Intanto, il 17 aprile gli italiani avrebbero dovuto votare il referendum sulle trivellazioni, anche se per Matteo Renzi il referendum da loro proposto “è uno spreco”:

Al referendum sulle trivelle chiunque è libero “di fare quel che crede”, ma “non fatevi prendere in giro: non è un referendum sulle nuove trivelle, che hanno già la linea più dura d’Europa. È un referendum - del tutto legittimo - per bloccare impianti che funzionano. Io lo considero uno spreco”. Lo dice il Premier Renzi ai Giovani Democratici. “Ciascuno quando voterà sì o no pensi se sia giusto che 10mila persone perdano il posto”, incalza Renzi, che poi torna anche a difendere il Jobs Act: “200mila posti in più, è una cosa di sinistra”. Questo è comprensibile, dato che lui stesso non aveva avuto bisogno del voto popolare per andare al Governo.

Pasolini era un intellettuale eclettico che, però, non sembrava, coerentemente con la sua inclinazione poetica, artistica e letteraria, doversi o volersi interessare a temi e questioni che hanno prettamente a che fare con l’economia. Eppure, proprio nella sua analisi sul sottoproletariato e sulla società dei consumi del neo-capitalismo, trova la comune radice nella “nuova religione” economicista, alimentata dall’industria e dalle sue lobby finanziarie. Un Pasolini molto concreto, che si spinge, da solo, ad “indagare” sul ruolo svolto dal potere economico (petrolchimico) nella storia e nella politica italiana. Da questo interesse, nel 1972 nasce “Petrolio”, il romanzo-inchiesta (come riconoscerà Alberto Moravia) al quale stava lavorando poco prima della morte, avvenuta tre anni dopo. Nelle 522 pagine di appunti che ci sono pervenute Pasolini ipotizzò un ruolo nello stragismo italiano legato al petrolio e alle trame internazionali: “Perché delle varie componenti che formano oggi in Italia il mosaico fascista hanno un senso ‘unicamente’ quelle che vengono manovrate dalla Cia e da altre forze del capitalismo internazionale, tutto volto alla conquista dei mercati”.

Il romanzo omonimo verrà pubblicato postumo nel 1992. L’ombra dei potentati economici legati al petrolio ritornava in quei giorni, proprio in Italia, attraverso la rete di accordi trasversali per far guadagnare molto a pochi (plutocrati, aziende, parenti di ministri, amici, faccendieri…) e poco a molti (i cittadini, i lavoratori locali, ecc…) in un carosello collaudato e all’interno di un quadro già visto. Nonostante tutto, inquadrare i risvolti di quella vicenda all’interno di un quadro più grande, strappandosi le vesti (come alcuni esponenti politici sia di centrodestra che di centrosinistra fecero), è fuorviante, perché andava ad intaccare la stabilità del Governo, anziché mirare alla verità per i cittadini.


di Danilo Campanella