Diritti e detenuti: tanti garanti, poche garanzie

A chi si rivolge un italiano che si ritiene vittima di un sopruso, di una truffa o di una indebita richiesta onerosa? Se il nostro uomo è un risparmiatore, ha diritto alla protezione dell’Ombudsman bancario, istituito in Italia nel 1993, così chiamato in omaggio ad un organo fiduciario del Parlamento che nella civile Svezia tutela i cittadini contro ogni sopruso dal lontano 1809. Il significato letterale della parola ombudsman è “uomo che fa da tramite”.

Nella sua veste di consumatore, l’italiano può invocare la vasta normativa raccolta nel 2005 nel Codice del consumo, ma deve rivolgersi al difensore civico per essere aiutato, se la sua richiesta non viene soddisfatta in prima istanza dall’Ufficio reclami della ditta che ha erogato il servizio in questione. Se il nostro italiano è incappato nelle maglie della Giustizia e si trova in carcere, magari soltanto per un errore di persona o una assurda delazione, e non gli viene consentito un minimo dei diritti che gli spettano, a chi chiede aiuto, se non trova un Garante dei diritti dei detenuti?

Secondo la Costituzione italiana e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, i detenuti, siano essi in attesa di giudizio oppure già condannati, hanno il diritto ad un trattamento umano per la reintroduzione nel mondo del lavoro e del vivere civile. La figura di un garante delle persone private della libertà personale è prevista anche dalla convenzione Onu contro la tortura, risalente al 1987, che l’Italia ha sottoscritto. Tuttavia in Italia la figura del Garante nazionale dei diritti dei detenuti è stata istituita 27 anni dopo; e poi si è dovuto attendere ancora il Regolamento per la composizione dell’Ufficio del Garante nazionale. Altri undici mesi dopo, il 6 febbraio del 2016, il ministero della Giustizia ha comunicato: “Il professor Mauro Palma è il Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. La sua nomina, insieme a quella dell’avvocato Emilia Rossi come membro dell’Ufficio, è stata formalizzata in un decreto del Presidente della Repubblica”.

Ma l’Italia è il Paese del “fai da te” individuale: ancor prima che ci fosse un Garante nazionale dei diritti dei detenuti, esistevano qua e là Garanti comunali, provinciali, regionali, ciascuno di tutti loro nominato in base ad una legge o ad un regolamento deliberato dai relativi Consigli secondo testi diversi, che raramente hanno qualche consonanza normativa.

Con l’intento di capire quanto sia stato fatto, e soprattutto quanto ancora ci sia da fare per assicurare un minimo di legalità all’esecuzione della pena detentiva, si è provato a costruire una mappa almeno dei Garanti regionali, in modo da restringere la ricerca soltanto a venti casi. Prima mossa, l’esame, nel sito del ministero della Giustizia, dell’elenco dei Garanti regionali in carica: l’elenco esiste ma è incompleto; mancano indicazioni per alcune regioni e in alcune altre è indicato il nome di un Garante che - in base alla durata del mandato stabilita dall’atto istitutivo - decadrà ben presto oppure è addirittura già decaduto. Per scoprire la reale situazione, bisogna trovare il testo della legge regionale istitutiva, perché in alcune Regioni il mandato del Garante dura cinque anni, in altre Regioni sei o sette anni e altrove il Garante decade con il decadere della consiliatura regionale. Non basta: in alcune Regioni il Garante può essere rieletto al termine del mandato, in altre non può essere nuovamente incaricato.

Il Garante nazionale appena nominato ha già posto mano all’aggiornamento dell’elenco ufficiale presso il ministero della Giustizia, ma tuttora c’è molta confusione: la costruzione di una mappa dei Garanti è lavoro arduo perché tutti gli elenchi disponibili sul web sono carenti, disordinati e spesso inattendibili ed i siti delle varie Regioni sono incompleti. Il Garante nazionale ha a disposizione strutture e risorse umane, e potrà fare molto, ma chi scrive sa bene che per ottenere le informazioni non basta mandare un questionario e richiedere le risposte. Alla fine, non è rimasto che darsi da fare col telefono, chiamando gli “Urp” delle Regioni oppure chiedendo ad amici, compagni, colleghi, di andare negli uffici regionali ad informarsi. Questo lavoro è in corso, è un continuo divenire, perché la notizia della nomina del Garante nazionale suggerisce a qualche governatore di accelerare i tempi biblici trascorsi, e le cose fatte in fretta - si sa - sono spesso frutto di cattiva riflessone.

È, per esempio, ciò che è accaduto alla Regione Sicilia. In Sicilia la figura del Garante è stata istituita nel 2005 (articolo 33 della Legge regionale n. 5 del 19 maggio 2005); il mandato, affidato dal presidente della Regione con proprio decreto, ha una durata di sette anni. Nel 2006 è stato nominato Garante il senatore Salvo Fleres, che ha svolto la funzione fino alla scadenza del mandato, il 16 settembre 2013, e da allora il presidente della Regione non ha ritenuto opportuno procedere ad una nuova nomina. Non c’è il Garante, ma l’Ufficio del Garante (che ha ben due sedi, a Palermo ed a Catania) tuttora esiste con una decina di funzionari ed impiegati che percepiscono stipendi ma non possono operare: non sono neppure autorizzati ad aprire la corrispondenza che arriva dalle carceri agli uffici, all’indirizzo del Garante che non c’è. I Radicali che vivono e operano in Sicilia hanno più volte sollecitato il presidente della Regione a nominare il Garante, e nel gennaio del 2015 hanno presentato un esposto alla Procura regionale della Corte dei conti per il danno conseguente alla mancata nomina del Garante. Il costo delle due sedi e del personale (in stipendi e contributi) è stato stimato in circa 500mila euro all’anno.

Nel 2015 la Legge regionale n. 9 (Legge di stabilità regionale 2015) con l’articolo 98/5 modifica i requisiti prescritti dalla norma originaria, prevedendo che il Garante venga nominato esclusivamente fra “i dirigenti di ruolo dell’amministrazione regionale”. Su questa base, il 6 ottobre del 2015, viene nominata Garante la dottoressa Maria Antonietta Bullara, dirigente regionale di ruolo, che ricopre anche la carica di direttore generale del Dipartimento delle Politiche sociali presso l’assessorato del Lavoro. L’incarico è conferito per sette anni, ma ben presto cade, perché la successiva legge di stabilità regionale 2016 rovescia la normativa, e con l’articolo 22 stabilisce che non possano essere nominati i dipendenti della Regione, dirigenti e non, sopprimendo la norma del 2015. Ad aprile 2016 l’incarico di Garante regionale delle persone detenute è nuovamente vacante, e la Sicilia è messa alla gogna per le inspiegabili contraddizioni legislative ed il grave ritardo negli adempimenti prescritti, con costi ingiustificati gravanti sul bilancio regionale. La Sicilia non ha quelle pastoie burocratiche o politiche che spesso impediscono la nomina di funzionari là dove la legge istitutiva prescrive che la scelta venga effettuata per elezione con maggioranze qualificate: secondo l’articolo 33 della Legge regionale del 19 maggio 2005, successivamente integrata in parte con l’articolo 16 della Legge regionale n. 18/2/2008, il mandato viene affidato dal presidente della Regione con proprio decreto. Era dunque soltanto la volontà del presidente Rosario Crocetta a bloccare la nomina: e neppure si potrebbe pensare che il ritardo fosse dovuto a motivi finanziari, poiché dal primo gennaio del 2012 l’incarico di Garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti è espletato a titolo onorifico, senza onorari, mentre i due uffici restano aperti, inoperosi ma costosissimi, continuando a correre gli stipendi ed i relativi contributi del personale (un dirigente, quattro funzionari, tre istruttori e un assistente) che dal settembre del 2013 sono semplicemente pagati per non lavorare. L’ex Garante, il senatore Salvo Flores, ha dichiarato a la Repubblica: “I carcerati che non possono affidarsi a una figura come il Garante, emanazione dello Stato, si rivolgono alla mafia”.

Questa era la situazione in Sicilia quando il 13 aprile il Governatore della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, con un improvviso “motu proprio” ha nominato il Garante regionale nella persona di Giovanni Fiandaca, professore ordinario di Diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo. Fiandaca è stato componente laico del Consiglio superiore della magistratura militare e successivamente del Consiglio superiore della magistratura ordinaria. Attento studioso della criminalità organizzata, ha presieduto commissioni di inchiesta ministeriali per le riforme, e poi la commissione di studio istituita dal ministero di Grazia e Giustizia per il riordino e la riforma della legislazione in materia di criminalità organizzata. È stato componente della commissione per la riforma del Codice Penale, dal giugno 2013 è presidente della commissione istituita presso il ministero della Giustizia per elaborare una proposta di interventi in tema di criminalità organizzata. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni, fra le quali la più importante è un manuale di diritto penale in quattro volumi scritto con Enzo Musco, mentre uno dei più recenti è il saggio “La mafia non ha vinto. Il labirinto della trattativa” scritto dal professor Fiandaca in collaborazione con un altro docente dell’Università palermitana, Salvatore Lupo. Infine, il professor Fiandaca è noto per la sua frequente partecipazione a convegni di stretto argomento giuridico. Siamo dunque di fronte a una personalità di alto livello, ed è ciò che occorre in Sicilia, perché il senatore Flores, che è stato il primo Garante per sette anni fino al 16 settembre del 2013, ha lasciato il ricordo di un garantista attento ai bisogni degli ultimi della società, che non si è risparmiato sia nelle visite in carcere anche durante i giorni di festa, sia negli interventi creativi per il recupero alla vita civile dei detenuti. Non sarà facile, per il suo tardivo successore dalle molteplici attività, reggere il confronto.

Intanto, sul sito del ministero della Giustizia l’elenco dei Garanti – che fino al 12 aprile recava ancora per la Sicilia il nome della dottoressa Maria Antonietta Bullara già rapidamente fatta decadere con un articolo della Legge di stabilità 2016 – è stato prontamente aggiornato il 14 aprile. Peccato che il nome del nuovo Garante regionale sia stato storpiato in “Fiandanca”. Piccoli incidenti ministeriali...

(*) Militante storica del Partito Radicale

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:55