Garantisti d’Italia,   adesso unitevi!

Garantisti di tutta Italia, unitevi. Da perdere oramai c’è ben poco, tanto il diritto di parola sui media non ce lo avete già ora. Ad esempio nei talk-show di “La7” funziona che un forcaiolo giornalista intervista un magistrato forcaiolo. E per trovare qualcuno che ragiona in questo Governo Renzi, terrorizzato dalle Procure e quindi molto deludente su giustizia e carceri, tocca aggrapparsi ad Angelino Alfano. Ed è tutto dire.

Adesso il nuovo totem è la lotta alla corruzione. Emergenza inventata a tavolino con dati fantapolitici (“ci costa 60 miliardi l’anno...”) puntualmente smentiti da gente come lo stesso Raffaele Cantone, che pur sempre un ex pm è (ma che adesso viene giudicato come un venduto al governo perché non è allineato sulle posizioni estremiste di uno come Piercamillo Davigo) e poi alimentata con inchieste e inchiestucole che partono da ogni recondita sede giudiziaria della penisola e spesso durano per una stagione, quella che le porta in prima pagina a causa delle concomitanti elezioni del momento.

Francamente di questa irragionevole canea forcaiola non se ne può più. A dare retta alle idiozie dei talk-show e ai giornali che gli corrono dietro per racimolare una briciola di audience sembra che l’unico Paese corrotto come l’Italia e che periodicamente vara autodafé contro i politici corrotti sia la Cina. In quel posto come in tutti i Paesi dell’area socialista o comunista tutti prendono le mazzette e ogni tanto arriva una purga in cui chi ci incappa non finisce in prigione, ma direttamente al camposanto.

Educare un Paese alla legalità è cosa sacrosanta, ma costringere la gente a comportarsi come vorrebbe l’Anm ha in mezzo alcuni passaggi che più che un salto logico celano un tuffo nell’abisso. Quello autoritario, sulla cui china stiamo per metterci allegramente. Per opportunismo, vigliaccheria e conformismo. Opportunismo delle forze politiche che credono di poter toccare quei tasti senza conseguenze, vedi Salvini, Meloni e i Cinque Stelle, per costruire il consenso. Vigliaccheria del Governo in carica che letteralmente “si caga sotto” per i pm e teme per la propria sconnessa classe politica. E conformismo, infine ma non da ultimo, del giornalismo italiano, che ogni tot anni s’inventa un’emergenza da cavalcare sconsideratamente solo per risollevare temporaneamente i destini da morituro che lo caratterizzano (guarda caso) dall’inizio degli anni Novanta. Beh, si dà il caso, e in questo raccolgo l’appello di Diaconale, che esistano ancora delle menti pensanti che non si fanno fondere il cervello dalla tivù del dolore o dello Stato etico.

Venerdì mi è piaciuto il pm veneziano Carlo Nordio che a “Virus”, rispondendo alla solita domandina di repertorio sulla “questione morale” di cui si riempiva la bocca Enrico Berlinguer, ha risposto dicendo: “Per prima cosa non era la persona giusta a parlarne visto che era il segretario di un partito come il Pci che prendeva i soldi da Mosca”.

Ecco, se siamo ridotti a trasecolare guardando i funerali di un industriale di provincia della comunicazione diventato capo partito insieme ad un comico con un popolino, una plebe catodica, che intorno urla “onestà, onestà!” è anche perché nessuno in questi anni ha parlato chiaro sulla questione morale come ha osato fare Nordio. Prima di lui solo Craxi e Pannella. Il primo lo hanno fatto morire in esilio, il secondo adesso è costretto agli arresti domiciliari per motivi di salute, vegliato da Matteo Angioli e Laura Hart che sono anche i principali esponenti del “Nonviolent Radical Party” che proprio Pannella volle erigere fine anni Ottanta.

Adesso la nuova trincea dei giustizialisti in servizio permanente effettivo che stanno per trasformare l’Italietta in un Paese come la Corea del Nord è “la prescrizione”. Argomento principe della loro malafede. Infatti ma dicono quando vanno nei loro salotti che, prima di tutto, oltre il 70 per cento dei reati va in prescrizione durante le indagini preliminari e questo accade perché i pm e i gip già se la prendono molto ma molto comoda. Aspettano che l’inchiesta abbia risalto sui giornali, che diventi di moda. Intanto indagano. Per anni, quando non per decenni. Altro che tecniche dilatorie delle difese degli imputati come contrabbandano quelli del “Fatto”.

Poi con una prescrizione infinita, con processi che si faranno quando a lor signori salvatori della patria (ed eredi più o meno legittimi di tutti quei bravi e sfortunati magistrati assassinati da terrorismo e mafia) sembrerà più opportuno, avremo un Paese intero indagato a vita. Magari mai processato, ma comunque indagato. E si sa, l’ha detto Davigo, quando uno è indagato si deve togliere di mezzo così quando verrà processato sarà un ex. E quindi ci sta una popolazione di “candidati ex” in attesa di vedere definito il proprio triste destino. Nel frattempo non ci si lamenti delle intercettazioni che finiscono sui giornali anche quando riguardano le abitudini sessuali o le parole in libertà di questo o quel potente. Perché questa è la vera libertà di stampa, come affermano gli interessati propalatori di pettegolezzi.

Allora ecco che la geometrica potenza di un conflitto di interessi pazzesco, quale quello che lega i giornalisti di pseudo-inchieste ai pm, sta per partorire un Paese da incubo attraverso un golpe che si consuma nella chiacchiere da talk-show. Una specie di “colpo di Stato dei cazzari”. Quello auspicato dalle signore con la sporta della spesa sul 64 barrato: “Quando c’era Lui, caro lei”. Un tipo di golpe che ancora non si era visto prima nel mondo. Ma qui da noi, in Italia, non ci facciamo mancare mai niente.

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:59