Marco Pannella, 86 anni di libertà

Ottantasei anni e non sentirli. Non politicamente e culturalmente, almeno. Perché Marco Pannella è sempre il politico più nuovo e genuino che c’è sul mercato italiano. Un uomo le cui idee vengono “scoperte”, anche se non ancora debitamente valorizzate, a distanza di decenni da quando lui le mise sul piatto. Negli anni Settanta, in un Paese da Medio Evo. Come l’Italia dei forcaioli post-moderni e digitali tuttora è. Un Paese in cui se crolla una grondaia subito uno apre il telegiornale di qualunque rete pubblica e private e sente il politico conformista di turno chiedere “pene più severe per chi costruisce grondaie non a norma”.

Con il paradosso che adesso abbiamo anche un Pontefice giustizialista - d’altronde dicono quelli colti del “Mulino” che è peronista come tutti gli argentini - che chiede di inasprire le pene per i pedofili. Con il rischio di cadere nel ridicolo visti i problemini di prelati di ogni tipo accusati di quel reato, in taluni casi anche condannati, e tuttora protetti dal Vaticano contro le giurisdizioni di svariati Paesi che ne reclamano l’estradizione. E questo il giorno stesso della scoperta dei macabri retroscena di un orrendo delitto tenutosi in uno dei quartieri più degradati di Napoli. Come a cercare visibilità anche lui, che è il Papa, in una squallida storia borderline tra Camorra e ignoranza di cui tutti i talk-show del pomeriggio parlano. E spesso a sproposito.

In un Paese che cura i sintomi del “male” con questa aspirina giustizialista e moralista, Marco Pannella per anni è stata la classica “vox clamantis in deserto”. Quella che tutti sentono ma fanno finta di non sentire. Spesso irriso e vilipeso da coloro che dovrebbero baciare la terra su cui cammina, dai comunisti ai post-missini passando per quella pattuglia di sfigati che sono sempre stati i liberali e i laici in Italia. Oggi Pannella si trova agli arresti domiciliari a fronteggiare l’unico ordine di custodia cautelare contro il quale non esiste possibilità di appellarsi: quello che ti manda il Padreterno quando la salute non è più quella di una volta. Per ora le cure più che amorevoli dei due principali attori politici del “Radical nonviolent and transnational party”, la sua creatura prediletta e più controversa, cioè Matteo Angioli e Laura Hart, sono servite a dirigere il traffico degli amici e delle personalità che si recano al suo capezzale, meglio alla prigione in cui il leone è ingabbiato, talvolta per farsi un selfie e trarne un po’ di visibilità politica. Di cui loro hanno estremo e urgente bisogno, visto che agli occhi degli italiani neanche esistono (un esempio per tutti: Gianfranco Fini), mentre Pannella molto di meno.

Il grande Marco, cui non si può che augurare cento di questi giorni, magari di nuovo libero di girare, meglio di aggirarsi, nelle stanze di via di Torre Argentina 76, non ha di sicuro bisogno di questi tributi. Che dovrebbero sostituire idealmente il laticlavio di un seggio da senatore a vita cui nessun Presidente della Repubblica, nemmeno l’amato Napolitano, ha osato fargli omaggio. Neanche in prossimità temporale della fine dello stesso Senato. Un Paese che ha visto nominare senatori a vita personaggi come Mario Monti, Giulio Andreotti o altri che non è neppure il caso di citare, ha dovuto subire la punizione di non vedere in Parlamento Pannella da un certo anno in poi. Gli italiani che lo amano ma non lo votano che parlano di lui e si fanno il selfie ma poi non si iscrivono al Partito Radicale, italico o transnazionale che sia, sono gli stessi del noto “armiamoci e partite”. A questo conformismo italiota, che tutto metabolizza e ricicla, neanche Marco Pannella è riuscito a sottarsi in sessanta anni e più di vita politica. Le sue idee sono entrate nel dizionario più importante della vita politica italiana, dall’antiproibizionismo alla lotta per la legalità e i diritti umani. Ma i metodi non violenti molto meno. Quelli della politica italiana, i mezzi che prefigurano i fini, rimangono infingardi e violenti: l’antiproibizionismo viene cavalcato dai centri sociali che chiedono sostanziale libertà di eversione e di delinquenza diffusa, la legalità e la trasparenza dai forcaioli a cinque o più stelle che la usano come clava per mettere in offside gli altri concorrenti politici. In mezzo tante categorie di ignavi a destra, al centro e a sinistra. Dal Giachetti che non mette in lista una ex consigliera comunale che viene querelata per diffamazione dai signori delle spiagge di Ostia o che porta le liste a farle benedire dalla Ayattolahessa Rosy Bindi, alla Meloni che quando sente parlare di radicali antiproibizionisti in lista con lo stesso Giachetti dice “allora gli spacciatori sapranno chi votare”, il tutto con raro sprezzo dell’onestà intellettuale, di cui almeno i missini avevano una certa dote.

In mezzo un governo che, come tanti altri, insegue i magistrati sulla lotta contro le garanzie costituzionali trasformando ogni fenomeno sociale in emergenza. E accogliendo le famose richieste di “inasprimento pena” per qualunque evento dello scibile umano. Una rincorsa inutile, perché nel campo del pan-penalismo, il “pene” (oltre che le pene) ce lo hanno sicuramente più lungo e più duro loro. Auguri quindi Marco Pannella, ti serviranno ancora almeno altri cento anni di lotta nella tua eroica solitudine politica ed esistenziale per sconfiggere il cancro dell’ipocrisia e del perbenismo un tanto al chilo che caratterizza la politica e la vita sociale di questa espressione geografica che si chiama Italia.

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:02