Liberalismo:democrazia,  libertà ed uguaglianza

Nel liberalismo la centralità è dell’individuo, mentre, in contrapposizione, nel socialismo la centralità è della società. Il liberalismo implica che la persona viva sì in società, ma che debba avere innanzitutto il diritto ad avere e mantenere le proprie idee e convinzioni, la propria individualità e la propria libertà. Quanti vincoli posti in nome della collettività possono quindi ritenersi accettabili nella visione liberale? Fino a che punto è accettabile spostare la centralità dei diritti della persona verso i doveri di membro di una collettività organizzata? Quanta libertà individuale? E quanta libertà collettiva? John Locke, padre del pensiero liberale e del liberalismo, ha enunciato le libertà che sono alla base della teoria, ovvero esse sono il diritto alla vita (che vuol dire che non ti sgozzo come fa l’Isis), alla libertà di pensiero (che vuol dire che non ti perseguo o metto in galera per le tue idee come fa il turco Erdogan), di parola, di stampa, di culto, di movimento, il diritto alla proprietà, all’eguaglianza. Il liberalismo poggia illuministicamente sulla ragione. Jean Jacques Rousseau ha posto la soluzione dei problemi dell’uomo sulla forza della ragione affermando che “l’uomo è suddito di se stesso”, e kantianamente si fonda sulla libertà innata della persona.

Il problema del liberalismo è nelle modalità di coniugarsi con la giustizia sociale. Innanzitutto ci si pone la questione su chi si possa occupare di giustizia sociale, se il progresso e la tecnologia, la finanza e la globalizzazione o come hanno sostenuto a loro tempo Kant e Croce, in assenza di grande evidenze dei primi, le idee che si trasmettono alla politica, dunque quest’ultima. Costituisce oggi un dato di fatto che le innovazioni e le conquiste moderne della robotica, della cibernetica, dell’intelligenza artificiale stanno in pratica ridefinendo i contenuti stessi delle libertà delle persone e, a cascata, quelli della giustizia sociale. Sono stati già Alfred Marshall e Irving Fisher a comprendere che la pressoché staticità del capitale preesistente alla rivoluzione industriale, composto per lo più da terra e armamenti militari e commerciali, sarebbe stata superata dalla espansione delle macchine consentendo l’innalzamento del reddito e della occupazione su cui innestare la domanda crescente di benessere sociale, cioè a condizioni di poco migliori a quelle minime di sopravvivenza allora prevalenti. Alfred Marshall è stato, tra l’altro, il maestro di Keynes.

Il liberalismo pone al vertice i diritti individuali della persona attribuendo alla democrazia il compito di riconoscerne la rilevanza a livello globale, allo Stato il compito di tutelarli ed al mercato quello di contribuire alla loro pratica soddisfazione. Il capitalismo liberale persegue produzione, produttività e benessere utilizzando i diritti di libertà del liberalismo quali il diritto alla proprietà privata dei mezzi di produzione e al libero scambio. Il liberalismo propugna e si fonda sui diritti di libertà tra cui vi è il diritto all’eguaglianza, che non è tuttavia il diritto alla giustizia sociale. Il diritto alla soppressione della miseria, alla salute, al lavoro e all’istruzione sono diritti che l’individuo delega allo Stato tramite il sistema della democrazia e ciò perché si attui un programma politico di riforme particolari dell’economia e in generale della società nell’interesse della collettività. Eguaglianza e giustizia sociale sono cioè concetti differenti.

Oggi, ad esempio, espandendo l’affrancamento dal bisogno e i compiti del welfare si è di fatto ampliato a dismisura, fino e renderlo prevalente, il peso economico dello Stato passando dal sopperire alle esigenze di welfare ad un investimento sempre crescente fino a costituire il costo complessivo di più della metà del prodotto complessivo annuo dei Paesi a conduzione democratica. Così facendo, sono cresciute inflazione e disoccupazione fino a determinarsi ciò che è già successo negli anni Sessanta/Settanta, ovvero la politica di restituzione di un peso maggiore alle scelte di mercato, allora intrapresa negli Stati Uniti da Ronald Reagan e, nel Regno Unito, ad opera di Margareth Thatcher. È peraltro totalmente ideologica la convinzione che l’attività diretta dello Stato in economia sia in grado di rimediare alla disoccupazione, alle arretratezze e all’iniquità e portare i beni della crescita, della protezione e dell’innovazione. Lo Stato non governato, come è oggi ad esempio quello italiano, non sa, pretenderebbe di sapere, financo meglio dell’individuo e del mercato, cosa sia giusto al fine di far crescere l’economia ma così non è. Lo Stato che si allarga progressivamente fino a strabordare come ha imposto l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano all’Italia, divenendo da minimo a massimo ed addirittura facendo prevalere la redistribuzione alla commutazione in base ad una visione veterocomunista di stampo sovietico del tutto superata e sconfessata dalla storia e dalle storie di tutti i Paesi che ci circondano, è destinato a fare flop ed ad immergersi nel caos da cui è arduo riemergere. Della redistribuzione e del non lavoro cioè del lavoro viziato “raccomandato” e segnalato su basi amicali e parentali, hanno approfittato e approfittano da sempre le caste burocratiche, anticoncorrenziali e nemiche del merito e del mercato per eccellenza.

In Occidente costituiscono diritti fondamentali il diritto del rispetto della vita, quello della libera espressione del pensiero e dell’intrapresa economica, del libero movimento delle persone e della proprietà privata, dell’eguaglianza, cui lo Stato assolve, con un’imposizione fiscale che di fatto restringe la libertà stessa dell’individuo, restringendo ad esempio il diritto dell’individuo ad utilizzare il proprio reddito al fine di autoproteggersi dai rischi della vita. Gli eccessi di spesa pubblica per finanziare welfare e le reti di assistenza sociale hanno in sostanza messo in difficoltà gli Stati nazionali e creato un vuoto di comunicazione tra Stato e persone/individui/cittadini, ove lo Stato si è trasformato in padrone del cittadino tassato, e quest’ultimo in suddito intimorito del primo. Ciò sta prestando il fianco ed apre la strada a forme autoritarie e subdole – imbroglione e arbitrarie - di gestione del potere politico che non hanno più niente a che fare con la normale attuazione della democrazia per conto ed in nome degli individui. La storia insegna che quando il popolo è tradito e costretto a prendere atto della deviazione, produce reazioni incontrollate.

Nel mondo ci sono tre miliardi di persone che lottano per mantenere un livello accettabile di benessere, tre miliardi lottano per conquistarlo e un miliardo è indigente e soffre la fame. Grazie allo sviluppo gli abitanti dei Paesi arretrati guardano oggi e vedono i modi di vita dei Paesi benestanti e li desiderano, vi ambiscono, vogliono imitarli ed averli. Le migrazioni sono di per sé forme drastiche e disperate di tale ambizione. È dunque necessario che l’Occidente abbia chiaro il tipo di società che intende continuare ad avere, ad affermare, sostenere, costruire, per la quale lottare o perfezionare. Gli Stati Uniti ed il Regno Unito hanno un tipo di società di stampo capitalistico liberale, sono cioè democratiche con diversi gradi di forme partecipative, l’Unione europea è attualmente un non-Stato ammantato di democrazia ad incidenza burocratica, la Cina e la Russia hanno sviluppato forme capitalistiche di tipo autoritario, mentre l’India ha anch’essa un capitalismo di tipo autoritario con una forte contaminazione religiosa, e l’Iran ed i Paesi islamici hanno sistemi autoritari di tipo teocratico.

È necessario dire oggi forte e chiaro quale tipo di società si va a ricostruire in Europa, dopo la deviazione errata e nefasta dell’Europa tedesca. La società liberale capitalistica democratica vuole l’individuo protagonista della società, l’economia di mercato, la libera iniziativa, la responsabilità, la competizione, il merito, l’abbattimento della tassazione, Stati minimi, e democrazia vera ed effettiva quale sistema per attuare le riforme vere e necessarie, ciò per avere, nella società competitiva di mercato, crescita e benessere. Sandro Pertini diceva: “Se mi offrissero la più avanzata riforma in cambio delle libertà, io rifiuterei. La libertà non va mai barattata”.

Oggi in Italia sono da rifiutare le riforme sbagliate di governi non eletti ed illegittimi. I regimi illiberali spingono infatti lo Stato ad essere invasivo ed a negare la logica stessa su cui si fondano la democrazia e la responsabilità individuale, negando il voto e l’espressione democratica del popolo. Come succede oggi in Italia, dove si fa in modo di non ricorrere alle elezioni democratiche, defraudando il popolo del proprio diritto e delle proprie libertà, di fatto irregimentandolo ed esasperandolo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:52