I giornalisti uccisi  da mafie e terrorismo

Due giornate per la libertà di stampa e i diritti umani e per ricordare i giornalisti uccisi da mafie e terrorismo. Due temi delicati non solo per il mondo dell’editoria italiana che sta vivendo un periodo di assestamento e di attesa per la cessione di Premium (Mediaset) ai francesi di Vivendi e per l’offerta di scambio lanciata dall’editore Umberto Cairo su Rcs, definita dal Cda del gruppo di via Solferino “non concordata e significativamente a sconto”, tanto che anche il socio UnipolSai con l’amministratore delegato Carlo Cimbri ha detto no all’offerta perché “sottovaluta Rcs”. Cairo insiste affermando di credere nel potenziale di quotidiani e periodici sia in Italia che in Spagna.

Ma, secondo l’ultimo rapporto di Reporters sans frontières, “la libertà di pensiero e il diritto di esprimere le proprie opinioni e di informare ed essere informati sono sotto attacco in tutto il mondo, Italia compresa”. In occasione della Giornata mondiale per la libertà di stampa promossa dall’Onu a Roma è stata organizzata una maratona di sit-­in davanti alle Ambasciate di alcuni Paesi verso i quali già nei mesi scorsi varie organizzazioni di categoria si sono impegnate per chiedere conto di censure, arresti e leggi liberticide. I presidi più significativi davanti alle ambasciate di Iran, Egitto e Turchia con manifestazioni simboliche contro la repressione nel mondo che colpisce non più soltanto la stampa ma anche il mondo della musica, del cinema, della poesia e persino della ricerca, come evidenzia l’assassinio dello studente Giulio Regeni e le persecuzioni dei docenti universitari in Turchia che chiedevano la pace nelle regioni curde. Alla manifestazione partecipano anche la Federazione internazionale dei giornalisti e l’associazione Human Rights Watch.

In varie sedi istituzionali è stato consegnato un documento per chiedere alle istituzioni europee e italiane di avviare un’azione ufficiale a difesa della libertà d’informazione secondo il dettato della Costituzione e dei Trattati dell’Unione. Il secondo appuntamento è quello organizzato dall’Unione cronisti a Reggio Calabria. Secondo il vicepresidente dell’Unci, Leone Zingales, mancava un evento che ricordasse in una sola volta tutti i giornalisti uccisi da mafie e terrorismo. Era il 2008 quando partì la prima edizione con palcoscenico il Campidoglio con la presenza di quasi tutti i familiari delle vittime. C’erano anche i giornalisti rimasti feriti in agguati terroristico-mafiosi, come il direttore del Tg1 Emilio Rossi (gambizzato come Indro Montanelli dalla Brigate rosse), che affrontò una riflessione sugli anni di piombo in Italia. Dopo Roma l’evento si è spostato a Napoli, Milano, Genova, Palermo, Perugia, Cagliari e Firenze. Dalla Toscana alla Calabria con l’intento di ricordare l’esempio di chi ha pagato con la vita l’impegno professionale di informare, raccontare anche tutto quello che è scomodo o quello che qualcuno vorrebbe che non si narrasse. Giornalisti e giornaliste morti sul campo dell’informazione.

Per l’Unci la giornata è servita anche a sostenere i tanti giornalisti che ancora subiscono intimidazioni e minacce per assolvere al diritto­/dovere di informare in maniera corretta, completa e tempestiva tutta l’opinione pubblica. Secondo il presidente dell’Unci, Alessandro Galimberti, il 77esimo posto nella classifica della libertà di stampa riservato all’Italia “non è certo dovuto alle leggi che non sono peggiori di altri Paesi, ma alle minacce e intimidazioni che i cronisti italiani subiscono ogni giorno non solo dalla malavita organizzata ma anche dalle classi dirigenti del Paese e persino da associazioni e cittadini via web”.

Non c’è soltanto il caso dell’Egitto dove il generale al-Sisi ha imposto un giro di vite contro giornalisti e attivisti (fermati e rilasciati nella giornata della festa nazionale del 25 aprile tre francesi, un norvegese, un danese oltre alle restrizioni nei confronti dei giornalisti della Reuters, della Bbc e dell’Associated Press), ma anche in Spagna, dove si tornerà a votare (dopo i flop dei vari schieramenti per varare un governo), sono accese le polemiche tra il movimento Podemos e il quotidiano El Pais, il cui direttore Javier Moreno ha difeso con decisione la libertà d’informazione come uno dei capisaldi della democrazia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:50