Odio e carestia   dai potenti d’Europa

Un gruppo sempre più ristretto che possa decidere le sorti dei popoli europei, questa la finalità (non più recondita) di Germania, Belgio, Olanda e parte della Francia. Ovvero un gabinetto composto dai leader dei cosiddetti Paesi “bancariamente autorevoli” e dai vertici di Bce e Fmi. Le decisioni dell’eurogruppo del futuro passerebbero così sulla testa di tutti, scongiurando che qualsivoglia governo democraticamente eletto possa deviare dagli obiettivi imposti dal “gruppo ristretto”.

Ecco perché sempre meno gente si reca alle urne, perché l’uomo della strada ha preso coscienza di come i potentati politico-finanziari abbiano assunto il controllo totale delle strutture governative europee. In questo quadro si comprende perché, soprattutto la politica italiana, abbia abdicato al suo ruolo, conscia che la sovranità sia ormai in mani diverse e lontane dall’elettorato.

Nel quadro europeo denaro e lavoro assumono per i poteri forti il ruolo di una manna con cui bagnare i cosiddetti normalizzati, ovvero chi accetta di buon grado d’essere servo cibernetico della gleba. Le persone tendono a considerare il denaro come un semplice strumento, utile ad effettuare scambi di beni e servizi. Ma per il “gruppo ristretto Ue” rappresenta solo una potente arma di potere e controllo. Così il ristretto gruppo considera che sarebbe oltremodo utile sostituire l’europeo disoccupato ed indigente con un extracomunitario addomesticabile, che di buon grado accetterebbe un sistema non democratico pur di vivere in una capitale consumistica come Parigi, Berlino o Roma.

Il sistema neo-feudale è stato pianificato dai potenti del sistema finanziario, per condizionare a proprio piacimento l’andamento economico della storia. A confermarcelo è lo stesso Guido Rossi (economista, giurista e già vertice Consob) con un suo scritto apparso tempo fa sul ‘Il Sole 24 Ore’: “Quella attuale è la nuova forma di feudalesimo, che sottrae la sovranità agli Stati e alle sue istituzioni: si potrà forse dire non schiave, ma ridotte spesso, con ingiustificata presunzione, a semplici esecutori di politiche economiche, monetarie e sociali, imposte non certo democraticamente dal di fuori. Il trasferimento della sovranità dello Stato democratico al Leviatano tecnocratico della troika (composta dalla Bce, l’Fmi e le istituzioni europee dominate dall’ideologia cultural-politica tedesca, che impone punizioni e austerità agli Stati peccatori), passaggio invero che sembra obbligato per arrivare all’unica possibile soluzione di un’Europa politicamente unita e democratica, comporta quindi una revisione totale dei diritti dei cittadini e delle istituzioni democratiche…”.

Ecco che la crisi perdura e ci consuma per favorire gruppi di persone che stanno acquistando i patrimoni privati nei Paesi della zona povera dell’Ue. Per favorire questo fenomeno di spoliazione, evidentemente speculativo, i loro referenti a Bruxelles azionano la leva dei debiti pubblici. Ecco che per il tedesco Wolfgang Schäuble non è più rinviabile il fallimento della Grecia, con conseguente passaggio dei patrimoni pubblici e privati dei greci nelle mani delle banche nordeuropee. Da Atene rispondono con il via libera del Parlamento greco al nuovo piano di austerità, che riforma fisco e pensioni: Atene l’ha subito presentato all’Eurogruppo “ristretto”. Il pacchetto è stato approvato con 153 voti su 300, mentre fuori dal Parlamento la polizia si scontrava, per le strade di Atene, con i manifestanti. Uno sciopero generale ha fermato la Grecia per tre giorni. Il premier Alexis Tsipras ha detto “siamo determinati a far sì che la Grecia si regga in piedi da sola, ad ogni costo”. Tutto mentre il ministro tedesco delle Finanze avvertiva che la Grecia potrebbe diventare uno “Stato fallito se non spinta sulla strada di una ulteriore austerità”. Il nuovo pacchetto vale 5,4 milardi di euro di tagli, il più duro per il piccolo Paese mediterraneo. Per placare gli animi dei ministri delle Finanze dell’Eurozona ricca sembra necessiti dimostrare che la Grecia sia ormai un enorme campo profughi, ove si possano confondere greci e migranti per pari stato d’indigenza. Sembra che le parole del ministro delle Finanze greco, Eukleidīs Tsakalōtos, che ha lanciato l’allarme sui pericoli insiti nei nuovi sacrifici, non siano state gradite a Ue e banche. Intanto dalla Germania pare abbiano già tuonato: “Dopo Atene toccherà a Roma, che Renzi voglia o no”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:55