Bolzano apripista per l’Italia del 5 giugno

Renzo Caramaschi del Partito Democratico è il nuovo sindaco di Bolzano. Ha battuto al ballottaggio Mario Tagnin del centrodestra. 55,27 per cento dei consensi per il vincitore, 44,73 per lo sconfitto. Il dato elettorale, al netto della specificità locale, restituisce almeno tre elementi di scenario su cui bisognerebbe riflettere. In primo luogo, l’affluenza al ballottaggio.

Alle urne della scorsa domenica si è recato il 41,2 per cento degli aventi diritto, in calo netto rispetto al primo turno dove aveva votato il 56 per cento degli elettori. Segno che gli italiani non amano spendersi oltre il minimo sindacale, neanche quando vi è in ballo la scelta dell’amministrazione locale. Tuttavia, la disaffezione verso la partecipazione al voto rafforza inevitabilmente la causa dell’astensionismo che è la vera dominante di sistema da qualche anno a questa parte. Ormai a scegliere chi debba governare è un numero sempre più ristretto di cittadini. In una forma di Stato che non prevede le salvaguardie garantite dal vincolo del quorum per la validità dell’esito elettorale è legittimo che sia un’esigua minoranza a stabilire a chi affidare il timone della cosa pubblica.

Cionondimeno è un male. Non si lamentino poi quei tanti connazionali che passano la vita a strologare su indigeribili governi ladri, salvo a restarsene in poltrona il giorno delle elezioni. Il secondo dato riguarda il futuro del Centrodestra. Sotto questo riguardo Bolzano è stata specchio d’Italia: ciò che è accaduto lì potrebbe ripetersi anche in molte altre città chiamate al voto il prossimo 5 giugno. Il Centrodestra si è presentato diviso ed ha perso.

L’aspetto più preoccupante, però, è che dopo il primo turno la coalizione non ha saputo trovare la giusta sintesi per mobilitare nuovamente i propri elettori. C’è un problema di tenuta del suo tono muscolare che va valutato. Il Centrodestra non riesce a reggere la sfida fino in fondo con i propri avversari. La sinistra amministra la maggioranza dei comuni italiani di medie-grandi dimensioni proprio a causa del crollo sistematico, al secondo turno, di consensi non confermati al suo competitore. È accaduto in passato, potrebbe accadere ancora al prossimo giro. È bene che Berlusconi, Salvini e Meloni si rendano conto che un successo al primo turno, da uniti o separati, non è una mezza vittoria ma una sconfitta piena se poi non si vince al ballottaggio.

A meno che non si abbia in mente di utilizzare l’appuntamento elettorale solo per misurare i rapporti di forza all’interno della coalizione, infischiandosene dell’interesse dei cittadini. Il che sarebbe suicida. Il terzo elemento è l’affermazione di CasaPound. A Bolzano il movimento di estrema destra ha raccolto un significativo 7 per cento. Non è poco. Si tratta di un segnale importante che dà conto di un ulteriore slittamento dell’elettorato verso forze vocate alla lotta contro l’establishment espresso dalla “Grosse Koalition” popolare-socialdemocratica che domina la Ue. CasaPound, che non può essere derubricata ad accrocco di “quattro nazistelli”, cavalca l’onda montante del ribellismo identitario che sta attraversando, a diverse intensità, il malessere presente nei ceti medi tradizionali e popolari delle società civili europee, massacrati dalle “policies” imposte ai governi nazionali dai poteri sovraordinati di Bruxelles. Come alla Polonia ieri, oggi all’Austria, domani probabilmente alla Francia con Marine Le Pen e alla Germania con “Alternative für Deutschland” che sta facendo passi da gigante ai danni del partito della signora Merkel, toccherà di trovarsi a fare i conti con una destra oltranzista portata sugli scudi del voto popolare a sedere nella cabina di comando dell’Ue. Occhio, dunque, alla performance altoatesina delle “tartarughe nere”. Potrebbe non essere un exploit occasionale ma ripetersi il 5 giugno, in special modo a Roma. E dal Campidoglio all’aula di Montecitorio il tratto è breve.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:53