Pericolo dell’ipocrisia e dell’indifferenza

Diciamoci la verità (che da noi è un fatto più unico che raro) perché se è certo che la questione della disonestà materiale abbia devastato e devasti il Paese, quella della disonestà intellettuale la segue a ruota.

Ovviamente parliamo dell’ipocrisia, la tassa che il vizio paga alla virtù, una tassa da noi così forte (tanto per non sbagliare in materia) da aver contribuito a generare quel disastro che tutti gli italiani sono obbligati a pagare. Ci riferiamo alla falsità, alle demagogie, alle ambiguità e alle doppiezze con le quali una larga parte della politica e della classe dirigente hanno imbrogliato e preso in giro i cittadini, illudendoli di giorno e ingannandoli di notte. Una pratica antica in Italia, che nata nel più “sinistra pensiero”, ha finito fondendosi con il clericalismo, per contagiare la gran parte dell’arco parlamentare e rappresentativo.

Dunque non solo bisogna vigilare, decodificare e interpretare i messaggi che con tutti i mezzi ci vengono offerti quotidianamente, ma soprattutto imparare bene a non fidarsi mai ex ante e fino a prova contraria. Questo tema, cioè quello dell’ipocrisia, è particolarmente presente in quelli che assicurano di essere contrari alla riforma Renzi/Boschi. Siamo, infatti, assolutamente persuasi, visto il testa a testa che più o meno sta spaccando il Paese dalle intenzioni di voto, che alla fine l’esito dipenderà dalla coerenza dei cosiddetti dissidenti del Partito Democratico e di un bel pezzo di Forza Italia.

I due segmenti messi insieme contano, infatti, qualche milione di voti, in grado di far pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Da parte dei dissidenti o non allineati a Renzi abbiamo avuto infinite testimonianze di ambiguità. È dall’inizio del mandato del Premier che strillano e urlano contro, salvo poi regolarmente rientrare muti e proni nelle righe di partito. Per questo avere anche questa volta la sicurezza che voteranno no alla riforma, come vanno dichiarando a destra e a manca, non solo è difficile, ma apre una voragine al dubbio che lo facciano, per spuntare qualche favore in più. Parliamo di collegi elettorali, di posti di governo nel rimpasto che certamente seguirebbe la vittoria del sì, di incarichi nelle giunte comunali a guida Pd delle prossime elezioni amministrative.

Insomma, di occasioni per scambiare ancora una volta un po’ di coerenza e di se stessi in cambio di potere ne avranno eccome, per questo il timore sull’affidabilità è grande e presente. Come se non bastasse a questo esempio di trasparenza umana, se ne affianca uno che, apparentemente, proviene dall’opposizione a Renzi, ma che riguarda un partito, Forza Italia, che nella sostanza fino ad oggi è stato più con il Premier che contro. Non ci riferiamo solo al Patto del Nazareno, che pensiamo sia più vivo che mai, ma a tutto un comportamento che si è delineato nell’attuale corsa alle amministrative, da parte di Berlusconi e berluscones. Non si contano, infatti, le piroette, le inversioni ad u, le spaccature del fronte antagonista generate dal continuo cambio di candidature a Roma come altrove, operate da Forza Italia. Del resto un’anticipazione di scarsa tenuta, solo per citare gli esempi più recenti, si è avuta sia con il referendum sulle trivelle e sia con il voto sulle unioni civili.

Insomma, sapendo leggere bene fra le righe e altrettanto bene interpretare dichiarazioni autorevoli tanto di parlamentari quanto dello stesso Cavaliere, il dubbio sulla genuinità del “No” al referendum resta eccome. In fondo, parliamoci chiaro, a proposito di onestà intellettuale, ambiguità o quant’altro che sia, Denis Verdini sta dove sta, parla con chi parla e fino a prova contraria resta un berlusconiano di ferro. Per carità tutto regolare, in Italia non esiste vincolo di mandato, le maggioranze si fanno in Parlamento e non nelle urne, dunque Verdini è in perfetta linea legale e in altrettanta buona fede, almeno all’apparenza.

Ciò nonostante, visto che non è reato avere dubbi, accampare ipotesi di credibilità, indicare comportamenti opinabili, noi siamo preoccupati e tanto. Ecco perché abbiamo detto e ridetto che tutto il risultato del referendum sarà legato alla tenuta e alla credibilità del fronte del no, alla onestà intellettuale di chi si dichiara contrario e di chi vuole veramente mandare a casa l’attuale Governo. È per questo che ci appelliamo con passione a quelli che non appartengono ancora a nessuno dei due schieramenti, agli indecisi, agli scontenti, insomma agli astensionisti, affinché partecipino a un plebiscito così fondamentale. Saranno, infatti, proprio loro a fare la differenza, perché non hanno tessera, non hanno padroni, non devono essere riconoscenti e non puntano a gratitudini di questo o quello.

Insomma, gli astensionisti sono stanchi, disillusi, schifati, ma liberi nel cuore e nella testa, dunque potranno esprimersi solo con la forza della ragione e del bene del Paese. A questi concittadini ci rivolgiamo con rispetto e attenzione, qui non si tratta di votare un partito, un Governo o un programma elettorale, ma si tratta di decidere il futuro dell’Italia, della sua legge fondamentale, del domani dei figli e dei nipoti. Per questo li invitiamo a documentarsi, a non farsi suggestionare, a non dare retta a null’altro se non alla propria coscienza e poi a votare, votare, votare. Credete, sottrarsi al referendum potrebbe essere non solo un grande errore, ma un peso da scaricare sulle generazioni future, verso le quali, al contrario, la responsabilità è tutta sulle spalle di chi a ottobre deciderà di partecipare oppure no.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:54