Pannella, una lettera di Aldo Canovari

L’editoriale di questa settimana ospita un ricordo di Marco Pannella di Aldo Canovari, l’editore di Liberilibri e un caro amico dell’Istituto Bruno Leoni.

Caro Marco,

voglio raccontarti il sogno che ho fatto l’altro ieri notte, dopo un’incontinente lettura delle innumerevoli orazioni invocanti la tua Apoteosi con rito direttissimo, guarnite - tanto per rispettare la procedura - con qualche rituale intervento dell’advocatus diaboli.

Accovacciato su una poltrona stavi sfogliando una dietro l’altra decine di pagine di giornali che riportavano le dichiarazioni di autorità civili e religiose, di politici, giornalisti, intellettuali, colme di ammirazione per la tua persona e di cordoglio per la tua scomparsa. Una sigaretta dietro l’altra ondeggiavi la testa e di tanto in tanto sorridevi. Non so dire se l’espressione fosse sardonica o di misericordiosa comprensione umana.

Caro Marco, so di certo che di fronte a quella massa di stucchevoli panegirici che ti indirizzavano i nemici di sempre (i sacerdoti del politicamente corretto, gli stantii conservatori catto-comunisti che ti avevano rabbiosamente combattuto e sbeffeggiato in vita), tu avevi la definitiva conferma di quanto meschino sia l’essere umano e di quanto falsa fosse quella laudatio funebris così corale.

Poi, d’un tratto, gettasti a terra quel fascio di giornali, ne afferrasti un altro. E riprendevi a leggere. Questa volta la tua espressione diventò, solo per un attimo, amara. La pagina riportava la dichiarazione del sommo luminare dell’economia, della politologia, del giornalismo, della retorica e dell’etica: il quale esordiva con un “Io...” cui seguiva un “Marco...”.

Continuasti a leggere quell’articolo passando dalla prima pagina alla seconda. Io, sbirciando, a fatica riuscivo a cogliere alcune parole: “il Presidente Leone mi convocò”... “voleva conoscere la mia opinione”... “era il 1971 ed io ero deputato socialista”... “Sono due attori. Grillo professionista, Pannella dilettante”. Non so cos’altro c’era scritto, ma tu abbandonasti a terra quel foglio con un gesto di disgusto. Ti sentii sussurrare: beh, bontà sua, il fondatore mi ha reso l’onore di accostarmi a Grillo e per di più mi gratifica del titolo di attore, se pur dilettante. Caro Marco, di colui che vergò quell’articolo pieno d’invidia e di livore verso chi più di ogni altro dal dopoguerra ad oggi ha contribuito a rendere l’Italia un po’ più civile e liberale si può solo dire che la sua età avanzata gli ha prosciugato molti liquidi ma non quello delle sue glandole velenifere.

Ma credo che in fondo la cosa non ti abbia toccato più di tanto. Forse, anzi, l’avrai apprezzata come una rara testimonianza di sincera, rancorosa, “radicale”, sana malvagità, capace di violare l’universale imperativo del Parce sepulto. E il che non è poco in quel nauseante oceano d’ipocrisia. Ti rialzasti subito dalla poltrona in tutta la tua imponenza gridando a non so quali dei tuoi amici che erano nell’altra stanza: “Sbrighiamoci, è tardi, dobbiamo essere per le sei in Paradiso. La marcia per i diritti civili dei Beati è fissata per quell’ora”.

Carissimo Marco, a quel punto mi sono svegliato. Non ho potuto capire di quali diritti si trattasse (il diritto di non annoiarsi?), e non so quindi quale potrà essere l’esito di quella rivendicazione a quelle altezze. Ma certo, basandomi sui risultati che hai ottenuto in Terra sono sicuro che anche lì vincerai la tua battaglia. Con grande affetto e gratitudine.

Aldo Canovari

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:54