Renzi aveva i numeri

Renzi, capito che l’aver messo in gioco la propria presenza a capo del governo, col referendum costituzionale, sia stato un gravissimo errore, ha deciso di rompere gli indugi accelerando ogni iniziativa tesa a ottenere la conquista stabile del palazzo d’inverno. Questa scelta ha comportato forzature incredibili con l’abbandono di ogni cautela dato che il tempo stringe e ottobre è dietro l’angolo e potrebbe essere, dopo una batosta alle elezioni amministrative, un ottobre veramente amaro.

L’aspirante ducetto, messa da parte la spavalderia che ha caratterizzato la fase post approvazione delle modifiche costituzionali, con la personalizzazione del referendum (“se verranno bocciate le modifiche costituzionali, abbandono la politica”), si è orientato a risolvere il problema della comunicazione, elemento indispensabile nella strategia del consenso, chiudendo il cerchio delle postazioni mediatiche con la neutralizzazione di quelle che erano diventate vere spine nel fianco.

Maurizio Belpietro viene licenziato per l’intervento, si dice del senatore Verdini ma, per non dare troppo nell’occhio, lo si è sostituito con un pezzo da novanta del giornalismo di centrodestra. Nell’accelerazione renziana non potevano più essere tollerate le posizioni e la chiarezza delle argomentazioni contro Renzi, sugli annunci (solo tali) delle mirabilie governative, sulle tasse che non accennano a diminuire, per l’inchiesta sulle banche toscane, contro la pseudo riforma della Carta costituzionale e per la scelta di schierarsi nettamente col “No” al referendum.

Stessa sorte è toccata a Nicola Porro, che faceva altrettanto male con la sobrietà, l’eleganza e la neutralità con cui conduceva il suo formidabile “Virus”. Assieme alla disattivazione, nelle precedenti postazioni, delle teste pericolose, Renzi, che ha deciso di farlo mettendo in conto le eventuali polemiche, anche per far capire che con lui non si scherza, e che chi gli è contro deve attendersi l’allontanamento, ha deciso di dedicarsi all’opinione pubblica con un nuovo refrain che qualche esperto arruolato a suon di euro sonanti gli ha consigliato. Si tratta del mantra attuale che più o meno afferma che le riforme (assieme all’Italicum) permettono di avere una maggioranza che “blocca gli inciuci consentendo di poter pienamente governare”.

Dimentica però che in questi anni per Palazzo Chigi ha avuto una maggioranza bulgara (con i fuorusciti capitanati da Alfano, Fitto, Scelta Civica e Verdini) che era più che sufficiente a realizzare un discreto programma. Per incapacità o indolenza, Renzi ha preferito dedicarsi alle mance, agli annunci, al taglio dei nastri altrui, alle unioni arcobaleno, al qualunquismo antipolitica, alle sceneggiate dei Patti con il Sud depredato di almeno 20 miliardi tondi tondi, dimenticando la situazione economica, il fallimento del Jobs Act e la vergognosa pressione fiscale che porta l’Italia ai massimi livelli europei. Questo quadro era impossibile cambiarlo con gli osanna agli zeri virgola dell’Istat.

La minaccia dell’abbandono della politica l’ha delegata alla prode Maria Elena Boschi, che pure ha dichiarato che se vincono i “No” farà come Matteo. Non c’era bisogno di questa dichiarazione perché senza Matteo i “liceali” o “dilettanti allo sbaraglio” non hanno futuro. Sono soldatini che restano in attività solo se vive il capo. Per quanto ci riguarda la loro sorte, come quella del premier, non ci interessa: al referendum voteremo senza tentennamenti “No”, perché ne va della nostra libertà messa in discussione da una riforma e da una legge elettorale che legalizza l’uomo solo al comando.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:20