I figli di Pannella e quelli di Berlinguer

Premessa: Matteo Renzi non sembra né l’uno né l’altro (inteso come figlio di Marco Pannella o di Enrico Berlinguer). Anche se a volte ci prova, pur rischiando. Sgomberare il campo dall’eroico ingombro di un Premier che alterna l’adrenalina dell’annuncite con il jet lag dell’interoceanicità dei vertici, non è affatto riduttivo o offensivo ma opportuno, fermo restandone il debito dello stesso nei confronti di Silvio Berlusconi e, in primis, della Democrazia Cristiana, intesa come partito della Nazione. E, qua e là, anche verso un certo Bettino Craxi e un certo Marco Pannella. Il punto è un altro e riguarda l’eredità lasciata da un Pannella di cultura squisitamente liberale, rispetto al lascito di Enrico comunista doc, nel senso delle riforme proposte e dei loro risultati.

Intanto, perché Berlinguer? Non solo per l’intervento orgoglioso della figlia Bianca col suo: “tenete giù le vostre zampacce da mio padre”, rivolto a Renzi/Boschi; ma soprattutto per la sequela di interventi, prima e dopo, tendenti a innalzare un altarino sui generis intorno al segretario del Partito Comunista Italiano ponendovi alla base la mitica questione morale. Dico mitica perché, pur innervando il modo di fare politica, la questione ne viene ben prima, è una necessità tout court che investe l’intera Polis intesa come cittadini, elettori ed eletti. Solo che nell’accezione berlingueriana, con l’apporto determinante di Eugenio Scalfari che lo intervistava – insufflandolo magistralmente a tal proposito – la moralità obbligatoria in politica diventava una clava, un’arma contundente contro i “diversi” dal Pci giacché nella versione belingueriana coincideva sostanzialmente con l’elevazione del Pci a simbolo della purezza incontaminata, e lo era tanto in quanto “diverso” da tutti gli altri partiti.

Una pretesa che oggi fa ridere nel suo manicheismo, ma allora funzionò come chiamata alle armi per un Pci come unico partito salvifico, autentico distributore di patenti di onestà; l’unico in grado di salvare la vergogna dei partiti, tutti, divenuti occupanti abusivi dello Stato, preda dei boss delle tessere e della corruzione dilagante. Berlinguer non proponeva una riforma ad hoc (come invece Pannella e Craxi) soffermandosi demagogicamente sulla “pars destruens” di una politica che in quei primi anni Ottanta vedeva anche, e soprattutto, il Pci come occupante di grandi pezzi dello Stato, delle regioni, dei comuni e delle province, delle banche e del sindacato col suo potere di veto. E, non dimentichiamo, come purtroppo usano glissare quelli del Pci (salvo Giorgio Napolitano e Armando Cossutta), i massicci finanziamenti da parte dell’Urss e de “l’Urss commerce” di proporzioni miliardarie (in lire) continuati fino al 1990, fin dopo il crollo del comunismo, vedi il voluminoso saggio probatorio di Valerio Riva, mai smentito e mai accennato nei suoi gravi aspetti di questione morale.

Quanto alle riforme, s’è già ricordato che Berlinguer, e prima di lui Palmiro Togliatti, non amavano il bicameralismo, al contrario, anche perché erano leader che non chiudevano gli occhi di fronte allo snervante ping pong fra camera e senato di durata, spesso, ben oltre i due anni. Ma il grosso del Pci, sia con Berlinguer che dopo, propose ben poco, si dedicò, anzi, a smontare con critiche accese le proposte degli altri due leader, Craxi e Pannella la cui irruzione sulla scena costituì una “rupture” in un clima generale dove sul set primeggiavano, sostenendosi e guerreggiandosi a vicenda, i due pachidermi della Dc e del Pci, cioè Aldo Moro e Berlinguer. I cui due ritratti appaiati, non a caso, sono ora esposti in molte sezioni degli ex Dc e Pci evidenziandone la discendenza, una devozione, un culto - per dir così - familiare. Sono questi i “figli politici” di Moro e di Berlinguer.

Ben diversa la figliolanza, sempre politica (beninteso) e soprattutto riformistica, di Marco e di Bettino. A Pannella dobbiamo la geniale, fascinosa e travolgente “invenzione” dei referendum storici, del divorzio e dell’aborto, oltre che la netta propensione per il sistema maggioritario. E chi ha seguito le due vicende che hanno influenzato in modo “rivoluzionario” sul costume e sulla storia patria, ben ricorda i tentennamenti, i balbettamenti e i freni a mano tirati spesso e volentieri da gran parte del Pci pur di non offendere il mondo cattolico, anche della Dc, spezzandone i rapporti su quei due temi dirompenti mettendo a rischio il leggendario “Compromesso storico”. Berlinguer fu tirato letteralmente per i capelli in quella battaglia, il che fa davvero la differenza, e grande.

Con Bettino Craxi, l’atteggiamento berlingueriano fu ancora più duro se non feroce, a cominciare dalla tragedia del sequestro Moro in cui sia Craxi che Pannella si ritrovarono a fianco, contro la “politica della fermezza” comunista della cui certa finalità dell’assassinio di Moro non si sono mai pentiti, almeno in pubblico, come invece ha fatto Francesco Cossiga. Ma la guerra totale dichiarata dal Pci al nuovo Psi, a “Mondo Operaio”, a “Critica Sociale” e all’“Avanti!” sul tema della Grande Riforma esposta da Craxi nel Congresso di Palermo, rimarrebbe uno dei capitoli più emblematici dell’ostilità antiriformista berlingueriana se non fosse ancor più esaltato dalla sbandierata superiorità, affiancata a quella morale, dell’ideologia marxista, della lotta di classe e della dittatura del proletariato costitutivi del bagaglio ideologico di quel Pci il cui cordone ombelicale con Mosca, ancora nei primi Ottanta, spingeva all’esaltazione dei regimi polizieschi, illiberali e produttori di miseria nonché di armamenti missilistici puntati contro l’Italia, al punto che quando l’allora odiata (dal Pci) Internazionale Socialista decise insieme a Craxi di difendersi con i Pershing e i Cruise installati a Comiso, il Pci scatenò le piazze, invase le città con bandiere rosse, offrì ai Festival dell’Unità il piatto speciale “trippa alla Bettino” e straripò con lo slogan “Meglio rossi che morti!”.

Certo, “things change”, il mondo cambia, e anche la sinistra. Ma ci rimane sempre questo interrogativo aperto, su figli degli uni e degli altri.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:02