Radicali, monti furenti e amicizia fantastica

Sì, caro Dimitri: è possibile, probabile che ne vedremo e sentiremo delle belle; è possibile che “presto vedremo la reazione a catena che porterà all’esplosione nucleare”. D’accordo, come immagine (e metafora) è suggestiva; e si può ben capire l’amica che segue gli avvenimenti in maniera particolare, e certamente non è tenuta a conoscere i particolari, e neppure a interessarsi alle sfumature, ai “dettagli”. Segue interessata e ti sibila: ma in un momento come questo, che diavolo vi passa per la testa, che vi mettere a litigare a sangue? Domanda legittima, giustificabile. Però... Però che si può mai rispondere a questa domanda, che va tutto bene? Perché no, non va tutto bene. Non si possono negare polemiche, dissensi, che sono tutte balle raccontate dai giornalisti? Non è così. “Quelli”, al massimo, amplificano, e nel farlo si limitano alla crosta; e del resto, questo è il mestiere: épater le bourgeois. Partiamo, dunque, da qui: le polemiche, i dissensi, anche aspri, duri, che guastano amicizie, ci sono tutte. L’unica cosa che fa la differenza dalle polemiche e dai dissensi degli e negli altri partiti, è che i radicali mettono tutto in piazza. Se ci si deve mandare al diavolo, si può star tranquilli, i “vaffa” li puoi sentire trasmessi da “Radio Radicale”, in diretta. Va così da sempre: riunioni, congressi, direzioni, comitati aperti; chiunque se vuole e può, assiste, partecipa, parla, dice la sua... “pane al pane, cretino al cretino”.

Propongo ora di fare un salto nel tempo, e andare al 1979. Tutti corteggiano Leonardo Sciascia, i socialisti e i liberali lo vogliono in lista; lui, molto deluso dall’esperienza di consigliere comunale a Palermo eletto indipendente dai comunisti, dice no a tutti. Arriva Pannella: parlano un po’, accade il miracolo, Sciascia accetta di candidarsi. Spiega: “Parlando di politica, Borges diceva che se ne era occupato il meno possibile, tranne che nel periodo della dittatura. Ma quella, aggiungeva, non era politica, era etica. Al contrario, io mi sono sempre occupato di politica; e sempre nel senso etico. Qualcuno dirà che questa è la mia confusione o il mio errore: voler scambiare la politica con l’etica. Ma sarebbe una ben salutare confusione e un ben felice errore se gli italiani, e specialmente in questo momento, vi cadessero. Io mi sono deciso, improvvisamente, a testimoniare questa confusione e questo errore nel modo più esplicito e diretto del far politica; e col partito che, a questo momento, meglio degli altri, e forse unicamente, lo consente”.

Politica, nel senso etico, morale. Alla base di tutto c’è questa “confusione”. È da più di sessant’anni che i radicali organizzati nel Partito Radicale, ostinati, caparbi, fanno politica in senso etico; sono donne e uomini, e come tutte le donne e gli uomini meravigliano e si meravigliano, vivono di entusiasmi e di malinconie, debolezze, inquietudini, sconforti: servono anche questi, aiutano, fortificano, sono necessari. Provano a coniugare il logico realismo dei responsabili, con l’ottimismo dei bambini e dei vecchi. Viviamo giorni segnati non solo dalla scissione dell’atomo radicale; conviene più in generale interrogarsi su cosa sia diventata la politica in questo paese, di come la si intende e percepisce; sulla più generale crisi della democrazia reale: in Italia, e in questa sempre più espressione geografica che è l’Europa; e ancora: la crisi delle rappresentanze, i modelli di partecipazione tradizionali, che fanno acqua da tutte le parti, e mancano modelli alternativi sufficientemente credibili; gli anticorpi che mancano, gli antidoti che non sono più in grado di contenere e arginare l’epidemia, la “peste”: quella da tempo evocata da Pannella; la “peste” che troviamo descritta in tanta letteratura: quella di Alessandro Manzoni, di Edgar Allan Poe, di Albert Camus, metafore di quello che è, che sarà se non si provvede in e per tempo...

Da malato, sofferente, comunque sereno e capace di “visioni” che non ne fanno un profeta o un veggente, ma un vecchio saggio che “sa”, “vede”, “comprende”, Pannella fino all’ultimo sillaba “Non mollare”, alternato a quell’“hic et nunc”, che vale un programma politico; e visivamente è benissimo sintetizzato da quel manifesto che lo ritrae nell’atto di darti un bacio con la scritta: “E subito”. Da qui, si può partire. Da un regime (s)partitocratico che crolla. Da un popolo che nonostante tutto cerca di affrancarsi, e passare dalla condizione di sudditi a quella di cittadini consapevoli e determinati. Mi rendo benissimo conto che non è facile da comprendere, e neppure da spiegare; e che non basta dire che, da seguaci di Giordano Bruno (sì proprio il nolano arso vivo a Campo de’ Fiori) da sempre si persegue “l’unione” e non “l’unità”. A chiarire il concetto aiuta un recente, prezioso libriccino che il professor Aldo Masullo dedica a Bruno (“Giordano Bruno, maestro di anarchia”, Edizioni Saletta dell’Uva, 120 pagine, 10 euro). “Ogni luogo dell’infinito universo è centro, ogni uomo, in quanto vita di ragione, dunque libero, ha pari dignità con ogni altro, è la base speculativa dell’idea politica della democrazia. Tutti liberi in forza della ragione, che li caratterizza come uomini, gli individui sono costitutivamente comunicanti... l’umano è contrassegnato dalla non separatezza degli individui, dalla loro relazione. C’è ordine in una società, solo quando tutte le diversità sono ugualmente rispettate. La dignità umana comporta il rifiuto dell’unità e la ricerca dell’unione...”.

La prendo alla lontana? Cerco di arrivarci.  Con un centinaio di dirigenti e militanti radicali ho sottoscritto un documento che può forse aiutare a capire. In quel documento si sostiene che la realtà italiana, è fatta di “Anti-Stato di Diritto, anti- democratico, anti-liberale, nota e denunciata da decenni e aggravatasi sempre più nel corso degli ultimi anni al punto da essere conclamata e condannata anche a livello internazionale...”. Ed eccoci a uno dei noccioli della questione: Pannella, in questi giorni si è visto tributare riconoscimenti e meriti che mai, in vita gli sono stati riconosciuti. Bisognerà pur ricordare che è lo stesso Pannella deliberatamente, sistematicamente cancellato, vietato nel corso degli ultimi anni da ogni spazio informativo, pubblico o privato; condannato dal regime italiano a una lunga, persistente e, di anno in anno, sempre più degradante serie di umilianti retrocessioni, fino all’ultimo e infimo posto nella classifica della comunicazione politica e degli ascolti. A ogni iniziativa radicale è stato riservato un contesto di feroce discriminazione, sistematica e pervicace impossibilità di essere conosciuta. Né vi sono segnali di mutamento di rotta che facciano sperare bene per le future. Ormai non è solo un problema di informazione o di comunicazione politica, ma di Democrazia e di Stato di Diritto.

Siamo all’Ecce Homo. La “visione”, il progetto, i metodi, gli obiettivi che penso si debbano perseguire sono gli stessi da sessant’anni. La risposta di Partito, di Governo e di Riforma, oltre che necessaria e urgente, è volta, come si tenta di fare, a mettere in moto – a partire dall’Italia, ma non solo in Italia – la transizione verso lo Stato di Diritto contro la Ragion di Stato, attraverso l’affermazione del Diritto umano alla Conoscenza, che è innanzitutto conoscenza di quel che il Potere fa a nome dei suoi cittadini. Questi sono i nodi da sciogliere, senza girarci troppo intorno; e prima o poi i nodi devono fare i conti col pettine. Oggi sono visibili; ma chi ha il compito di “leggere” le situazioni, di conoscerle, da tempo poteva vedere e comprendere quello che oggi tutti mostrano di vedere e comprendere. Siamo, forse, a un redde rationem finale; inevitabile anche, pur se non il primo: nella sessantennale storia dei radicali ce ne sono stati molti altri, e più furibondi. Potrebbe però essere l’ultimo, il definitivo, perché a differenza di altre volte non c’è più il punto di riferimento costituito da Pannella. Ma bisogna pur ricordare che da qualche anno, “tranquillamente” una parte dei radicali teorizza (e pratica) il superamento di Pannella. Neppure l’affrancamento, una vera e propria rottamazione, come hanno avuto l’improntitudine di dire un paio di ex segretari. Su queste basi, come dire?, è perlomeno difficile...

Forse, come dice la canzone, “C’è bisogno di silenzio, c’è bisogno di ascoltare/c’è bisogno di un motore che sia in grado di volare/C’è bisogno di sentire, c’è bisogno di capire/c’è bisogno di dolori che non lasciano dormire/C’è bisogno di qualcosa, c’è bisogno di qualcuno/c’è bisogno di parole che non dice mai nessuno”. Caro Dimitri: vuoi vedere che allo tsunami che si è scatenato alle 14 del 19 maggio scorso, qualcuno saprà e riuscirà comunque a resistere? Sai il 142esimo canto de “Feuillets d’Hypnos”, di René Char, “Le temps des monts enragés/et de l’amitié fantastique”? Tempo di monti furenti, senza subbio; ma anche di amicizia fantastica (quella che ha visto e vede, attorno a Pannella, Laura e Antonietta, Elisabetta e Rita, Matteo e Alessio, Maurizio e Sergio, per dirne alcuni tra i molti). Una ottima base di partenza, e anch’io dico e mi dico: “Non mollare”, “hic et nunc”, “e subito”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:53