In ricordo di Catanzaro   negli anni dei processi

In questi giorni è in onda su Rai 1 la fiction su Boris Giuliano, che fra l’altro riporta in vita anche un pezzo di storia di una città quasi dimenticata della Calabria: Catanzaro. Negli anni Sessanta, periodo in cui la vecchia mafia siciliana dominava non solo il territorio ma l’Italia intera attraverso i ben noti personaggi dei gruppi contrapposti che fecero scoppiare una vera e propria guerra tra loro.

Precisamente il 30 giugno del 1963 a Villabate un’automobile imbottita di esplosivo che era stata abbandonata davanti all’autorimessa del mafioso Giovanni Di Peri esplode ed uccide un custode Pietro Cannizzaro e il fornaio Giuseppe Tesauro. Alle ore 16 dello stesso giorno un’Alfa Romeo Giulietta imbottita di esplosivo, abbandonata nei pressi della villa dei Greco a Ciaculli, esplode ed uccide sette uomini delle forze dell’ordine che erano arrivati sul posto per disinnescare la bomba; la polizia, basandosi soprattutto su fonti confidenziali e ricostruzioni indiziarie, attribuì le due autobombe a Pietro Torretta, Michele Cavataio, Tommaso Buscetta, Gerlando Alberti ed altri mafiosi del loro gruppo.

La notte del 2 luglio del 1963 Villabate e Ciaculli vennero circondate dalla polizia: furono arrestate quaranta persone sospette e venne sequestrata una ingente quantità di armi. Nei mesi successivi furono arrestate molte persone sospette di legami con Cosa Nostra e la prima Commissione parlamentare Antimafia iniziò i suoi lavori. All’epoca una delle Corti d’Appello più prestigiose d’Italia era proprio l’unica Corte di Appello della Calabria, quella di Catanzaro, dove magistrati insigni esercitavano la giurisdizione, forti della loro altissima preparazione e di quella autonomia ed indipendenza dalla politica che scaturiva da un solo principio, purtroppo oggi inesistente: la meritocrazia.

Ma la città di Catanzaro era anche dotata di professionisti che onorarono l’Avvocatura nazionale, primo fra tutti il grande Aldo Casalinuovo che per tanti anni ha presieduto il Consiglio nazionale forense, organismo del quale ha fatto parte anche il sottoscritto dal 1994 agli anni 2000. Ma non era il solo. Erano processi, quelli che si celebravano all’epoca a Catanzaro, che mettevano in luce la straordinaria preparazione dei protagonisti; accusa e difesa propugnavano le loro tesi in modo tanto efficace quanto rispettoso dei due ruoli diversi, tanto che sempre a Catanzaro per legittima suspicione fu anche celebrato il processo per la strage di Piazza Fontana a carico di Valpreda ed altri.

Io non ho avuto modo di guardare la fiction, preoccupata ovviamente di porre in risalto le gesta di Boris Giuliano per i cruenti fatti sopra indicati, ma certamente non attenta per il processo che ne seguì che fece davvero storia. In questi giorni, il sito Catanzaro informa.it trae spunto dalla fiction per ricordare che anche Catanzaro è stata protagonista, nel bene e nel male, della storia di questo Paese, un tempo esaltante non solo per ragioni di appartenenza e di ideologia, a differenza della mortificante situazione nel quale si trova in questo momento storico, contraddistinto dalle gesta del pifferaio fiorentino che può raggirare un Popolo stremato e disilluso, ma non convincere i vecchi marpioni europei.

Che tempi belli erano quelli dei processi sopra indicati, contraddistinti dalla magia culturale dei suoi protagonisti, fra i quali non posso non ricordare le straordinarie requisitorie di mio padre, Bruno Sgromo, contrapposte alle arringhe difensive dei tanti miei colleghi prestigiosi, così come la straordinaria coincidenza della squadra di calcio, il Catanzaro, prima città della Calabria a militare in serie A. Tempi che furono e che purtroppo non ritorneranno mai più!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:52