Malasanità e giustizia:   l’intervista a Vinci

Il professor Paolo Vinci, avvocato, è volto noto per la sua presenza in programmi televisivi Rai e Mediaset.

Nel 1980 fonda l’omonimo studio legale, costituendo una équipe di professionisti dediti all’approfondimento di tutte le tematiche inerenti al diritto assicurativo e alla responsabilità professionale medica. Dopo il primo decennio in Puglia, si trasferisce gradualmente, a partire dal 1989, a Milano ove, nel 2003 trasferisce la sede principale dello studio professionale. Presta assistenza legale in favore di numerose compagnie di assicurazione anche internazionali ed aziende ospedaliere italiane, di molte delle quali riveste altresì la carica di componente del Comitato Etico e del Comitato Valutazione Sinistri. Autore di numerose pubblicazioni sulle principali riviste giuridiche nazionali, nel 2008 dal Senato accademico dell’Università Bicocca di Milano è nominato docente in materia di diritto sanitario e civile per il corso riservato agli iscritti alla Scuola di Specialità in Chirurgia Orale. Relatore presso il Master MaRS (Management della Responsabilità Sanitaria) dell’Università Statale di Milano, dal 2015 è altresì nominato docente presso l’Università Unimeier, Università, Medicina Integrata Economia e Ricerca, di Milano.

Ora, il professor Vinci è alla guida di un prestigioso studio a Milano, con una seconda sede nel Salento. Si occupa principalmente del risarcimento del danno in tutte le sue forme: dai casi di cosiddetta malasanità ai gravi sinistri, operando soprattutto nel campo della responsabilità sanitaria, sia con riferimento al diritto civile che alla tutela penale.

Ecco le sue risposte ad alcune nostre domande in materia di malasanità. Avvocato Vinci, lei tratta da diversi anni casi di cosiddetta “malasanità”; questo termine è sempre più presente nell’attualità, ma è proprio così? Cosa sta accadendo?

Purtroppo è proprio così: ogni giorno si verificano casi di malasanità. In precedenza, fino a circa venti anni fa, il medico era considerato come una sorta di “santone”, un “taumaturgo”: il suo operato non veniva mai messo in discussione, spesso addirittura ringraziato dai parenti sul letto di morte del loro caro deceduto. Oggi, la situazione è completamente cambiata. Grazie ai nuovi mezzi, alle nuove scienze e sotto la spinta propulsiva degli Usa, che da sempre fanno da “apripista” in ogni campo, in Italia si affronta il problema della responsabilità medica. In ogni caso, preme sottolineare che con il termine “malasanità” non si intende solo la responsabilità medica in senso stretto (la morte o le lesioni provocate dall’intervento umano del medico e/o del personale sanitario), ma spesso anche alla carenza delle strutture sanitarie e ospedaliere (si pensi all’assenza del reparto di terapia intensiva, per esempio, in un caso di complicanza neonatale).

Come si è evoluta la responsabilità medica nel tempo in Italia?

Posso dirle che si inizia a praticare il dubbio sull’operato del sanitario solo dopo il 1970. Prima non vi è traccia. Poi, dopo circa un “ventennio limbico”, nel 1990 nasce una specifica tematica dottrinaria e giurisprudenziale sulla responsabilità civile del medico, supportata appunto da una giurisprudenza rigogliosa della Corte di Cassazione. Rilevanza importante e decisiva ha il nesso causale, cioè la valenza giuridica di un comportamento illecito in termine causali. In parole povere, si ha responsabilità allorquando sia rinvenibile un rapporto fra fatto illecito (errore del medico) ed evento lesivo; in questo caso, scattano le conseguenze patrimonialistico-risarcitorie. Il rimedio tipico della responsabilità civile è appunto il risarcimento del danno.

Avvocato quali consigli può dare a chi deve sottoporsi ad un’operazione e voglia fare un intervento?

Le parole chiave sono essenzialmente due: informazione e competenza. Al paziente deve, prima di tutto, essere garantita un’esaustiva spiegazione quanto alla prestazione che gli verrà effettuata. Si chiama, in termine squisitamente tecnico, consenso informato, che in Italia costituisce un dovere in capo al sanitario. In linea di principio generale, il paziente ha il diritto di ricevere tutte le informazioni disponibili sulla propria malattia e scegliere, in modo appunto informato, se sottoporsi o meno ad una determinata cura. Il consenso informato deve essere spiegato in modo documentato ed esaustivo. Questo aspetto, tuttavia, non è ancora stato molto recepito dalle persone che devono sottoporsi a cure e interventi. Per gli interventi salva-vita e quelli dall’esito più incerto, invito a valutare sempre l’opportunità di rivolgersi a strutture sanitarie ed équipe mediche in grado di eseguire le tecniche richieste. Quanto agli interventi di natura estetica, l’informazione resa al paziente deve essere tanto più ampia e dettagliata quanto meno urgente è l’intervento chirurgico estetico. Questo perché, se l’operazione non è urgente, aumenta, in proporzione, il dovere del sanitario di informare il paziente sulle possibili conseguenze negative. Risolto il problema dell’informazione e quindi del consenso informato, il paziente deve saper scegliere l’équipe medica specializzata in materia, evitando strutture obsolete e carenti di specializzazione. Oggi, questo tipo di ricerca, grazie ai media e ad internet, non è difficile.

Ma, in generale, i medici che sbagliano pagano fino in fondo? Cosa deve fare chi ha subito un intervento sbagliato? Quali strumenti ha per ottenere giustizia?

Il discorso è molto complesso ed assume aspetti interdisciplinari (civilistici, medico-legali, assicurativi, amministrativi, ecc.). Innanzitutto, preciso che i medici pagano fino in fondo i propri errori, non è assolutamente vero che sia difficile vincere una causa contro un medico o contro un ospedale. Però, bisogna tenere bene a mente alcuni elementi fondamentali. Sconsiglio l’azione penale, perché, considerata la normativa, è molto difficile dimostrare la responsabilità penale del medico anche per via della recente legge Balduzzi, specialmente se rapportata alla sentenza Franzese. Sotto il profilo della “punizione” vera e propria, perché il medico possa essere condannato penalmente, occorre non solo provare che abbia agito con dolo o con colpa grave, ma che ci sia una “certezza oltre ogni ragionevole dubbio”. Consiglio, invece, di intraprendere la strada civile del risarcimento del danno, tenendo presente che le cliniche e gli ospedali sono responsabili contrattualmente per dieci anni dopo l’evento. Sotto il profilo civilistico, l’accertamento della responsabilità medica, anche per i casi di responsabilità oggettiva e/o di colpa lieve, apre le porte al risarcimento del danno che, in tanto sarà congruo, in quanto sarà proporzionato al danno sofferto ed alla percentuale di responsabilità da addebitare al medico negligente. Ovviamente, affinché tutti i diritti violati possano essere effettivamente tutelati, bisognerà rivolgersi a legali esperti e specializzati nel delicato campo della responsabilità medica. Non al vicino di casa o al parente.

Ma quanto costa scegliere l’avvocato giusto?

L’avvocato “giusto” è quello che è in grado di gestire il caso nel migliore dei modi, offrendo sin da subito - e questo è anche il mio modo di lavorare - un’assistenza “integrata”. Ossia, un’assistenza che, oltre all’aspetto legale, preveda un continuo confrontarsi con l’équipe medico-legale e clinica per individuare l’esistenza di quel nesso causale che è alla base di ogni richiesta risarcitoria. Senza un’attenta e preventiva valutazione medico-legale che accerti l’effettiva presenza di responsabilità medica, non può in alcun modo parlarsi di effettiva “tutela legale dei diritti violati”. In altre parole, l’avvocato dovrebbe far valutare preventivamente ai medici-legali specializzati la pratica, “sposando la causa” solo ed esclusivamente allorquando sia ravvisabile una più che probabile responsabilità medica. Soltanto a questo punto potrà formalizzare il conferimento dell’incarico e definire tutti i dettagli inerenti il pagamento delle proprie competenze, proponendo, se riterrà, di legare la propria parcella al risultato risarcitorio perseguito. Operando in questo modo, l’avvocato contribuisce anche alla deflazione del sistema giudiziario italiano in quanto valorizza la tutela dei diritti effettivamente violati, scoraggiando contemporaneamente qualunque iniziativa risarcitoria priva di fondamento.

Cosa si può fare per ridurre il problema degli errori medici?

Si può fare molto. Innanzitutto, ci si può rivolgere a strutture sanitarie attrezzate e specializzate. Se, ad esempio, una donna deve partorire, dovrebbe privilegiare i “punti nascita” altamente specializzati, dotati anche di reparti di terapia intensiva, i soli a poter gestire ogni parto con la competenza necessaria ed in grado di salvare la vita della mamma e del bambino in caso di malaugurata complicanza. Purtroppo, mi sono occupato, in passato, di nascituri che ora vivono su una sedie a rotelle per mancanza di adeguato ossigeno al momento del parto. Anche se l’ospedale ha risarcito in sede civile, i genitori dovranno vivere per sempre con un figlio in condizioni di salute difficili e dolorose, con l’angoscia di non sapere cosa ne sarà di lui quando non potranno più occuparsene. Tutto questo si potrebbe evitare o perlomeno limitare sensibilmente se i pazienti potessero valorizzare la scelta di recarsi presso strutture specializzate ed attrezzate. Senza mai dimenticare che la vita umana rappresenta un dono inestimabile, la cui perdita non potrà mai essere adeguatamente compensata da qualunque ristoro economico.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:48