Il Premier questuante

Siamo veramente alla farsa, dopo la deflagrazione della Brexit. Il nostro Premier cantastorie, al vertice di Berlino con Francois Hollande e Angela Merkel, ha approfittato della gravissima crisi in atto nell’Unione europea per inscenare una vergognosa questua. Al grido “più crescita e meno austerità”, questo ennesimo devastatore dei conti pubblici ha iniziato una tragicomica trattativa con l’Europa, sotto il nobile intento di preservarne l’integrità, per ottenere un ulteriore sfondamento del deficit italiano. E viste le acque tempestose in cui si muovono i 27 Paesi orfani del Regno Unito, è assai probabile che qualcosa riuscirà ad ottenere il biscazziere fiorentino, in modo tale da sfondare di gran lunga il fatidico vincolo del 3 per cento, con buona pace di chi sperava in un graduale contenimento di un debito pubblico colossale che prima o poi ci seppellirà tutti.

Ovviamente a Matteo Renzi più che l’Europa sembra stare veramente a cuore il suo destino politico, che con il surreale referendum ad personam sul Senato appare quanto mai in serio pericolo. Da qui il rilancio della linea che egli sta perseguendo con ostinazione da quando si è insediato a Palazzo Chigi: spesa pubblica in cambio di consenso. Ed è proprio sulla base di questo deprimente obiettivo personale che il Presidente del Consiglio evoca, con dovizia di paroloni, il mito europeista di Ventotene. Tutto ciò all’interno di uno scenario economico italiano, soprattutto dopo il terremoto britannico, che consiglierebbe l’esatto opposto, visto che cresceremo molto meno del previsto, così come ha ammonito in questi giorni il capo della Banca centrale europea, Mario Draghi.

Malgrado questi sinistri presagi, il Premier dei miracoli, sempre più incurante della catastrofe sistemica che incombe sul Paese, punta le sue ultime e disperate carte ancora una volta sulla crescita, ma non dell’economia, ma solo della spesa corrente e dei debiti. Dopodiché il diluvio.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:56