Erdoğan: la fine di un’esperienza unica

La Repubblica di Turchia è nata il 29 ottobre del 1923. Dopo novantaquattro anni, il fallimento del recente tentativo di colpo di Stato “in difesa della laicità dello Stato”, segna la fine della più straordinaria esperienza del popolo turco che, pur se composto per il 98 per cento da musulmani, ha cercato di costruire uno Stato laico, dove la religione non si identificasse con lo Stato e lo Stato non fosse il baluardo della religione. Un’esperienza unica, incredibile, forse irripetibile, per un Paese musulmano.

Guardando al controgolpe in atto non ci sono dubbi sulla strada che Erdoğan ha imboccato. La qualità della repressione innescata, infatti, non soltanto nei confronti dei militari, ma anche degli insegnanti, i rettori delle Università, i magistrati, i giornalisti, i rappresentanti dei sindacati, attesta che siamo di fronte ad una vera e propria mutazione della forma di Stato, un cambiamento di regime, una rivoluzione culturale.

Ne dà puntuale testimonianza Hamza Roberto Piccardo, un italiano, fondatore dell’Unione delle comunità islamiche in Italia che, dalle pagine di Facebook commenta: “Dopo tante primavere bidone, ora una vera rivoluzione. Non m’interessa neppure chi l’abbia innescata, quel che conta è che a quasi cento anni da Ataturk la Turchia torna ad essere una grande nazione musulmana di fatto e di diritto. Allah protegga nostro fratello Recep Tayyip Erdoğan e tutto il popolo turco”.

Non sono queste frasi di circostanza, ma affermazioni pesanti, con un nitido contenuto politico, soprattutto se lette nel loro pregnante significato. Infatti, l’ipotizzato ritorno alla “grande nazione musulmana di fatto e di diritto”, afferma una serie di principi rivoluzionari, tra cui: la negazione del valore del pluralismo politico e religioso, l’affermazione del ruolo dello Stato come garante della religione, la negazione della laicità dello Stato, l’abbandono del principio della divisione tra religione e Stato attraverso la riunificazione dell’Islam allo Stato.

Piccardo ha perfettamente ragione quando osserva che è in atto una “rivoluzione”, perché Erdoğan sta compiendo un vero e proprio stravolgimento genetico dello Stato voluto da Ataturk. Del resto, nel mondo islamico, in ogni sua parte, è ormai radicata la convinzione che “il vero Islam non può essere praticato nel XX secolo se non nel contesto di un sistema politico islamico” (Campanini). Il che vuol dire che l’Islam, nell’Era della globalizzazione, per evitare la sua decomposizione, deve poter contare sul sostegno dello Stato islamizzato.

Erdoğan si è venuto a trovare in una condizione di grave isolamento, interno e internazionale, nella gestione della crisi siriana, la lotta all’Isis, il rivendicazionismo delle minoranze curde. Di fronte alla frantumazione della comunità politica e sociale, va oggi alla ricerca di una nuova identità per la Turchia attraverso l’abbandono del pluralismo e della laicità. La sua convinzione è che i modelli occidentali si sono rivelati inadatti alla conservazione dell’identità turca. Meglio tornare alla religione come fattore di identificazione e di unità. Con queste finalità, la repressione e la dichiarazione dello stato di emergenza non mirano alla ricostituzione dello status quo ante colpo di Stato, ma rappresentano l’occasione per cambiare radicalmente i connotati della democrazia.

In questo contesto, la sospensione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ne è la ovvia e obbligatoria conseguenza. Si parla di sospensione ma, in realtà, siamo in presenza di un evento irreversibile, perché la Cedu rappresenta la massima concentrazione del laicismo, del pluralismo, della democrazia. È il luogo per eccellenza dove trovano tutela le minoranze, le diversità, le pluralità. Valori incompatibili con il nuovo Stato turco da islamizzare. Già ieri la Turchia era lo Stato più sanzionato dalla Corte di Strasburgo per le ripetute violazioni delle libertà personali, politiche e religiose. Ciò nonostante, la ribadita conferma del metodo democratico, legittimava la richiesta dello Stato fondato da Ataturk di entrare nell’Unione europea. Da oggi cambia tutto. Erdoğan ha precluso ogni credibilità per l’ingresso della Turchia in Europa.

Soprattutto rende sempre più evidente il fallimento del sogno delle élites filoccidentali, che hanno ritenuto, e ritengono, che l’Islam sia compatibile con la democrazia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:01