In futuro vincerà chi ricostruirà l’Europa

I disegni originari dell’Europa unita avevano previsto l’unificazione politica su base federale. Non si è arrivati a varare la Carta costituzionale con cui sarebbero dovuti essere sanciti i valori ed i tratti distintivi dell’Europa comunitaria, e l’intera Eurozona si è via via caparbiamente allontanata dalla prospettiva di una maggiore integrazione e sono andate approfondendosi le divisioni tra gli Stati membri tesi, piuttosto che alla unificazione, a riappropriarsi delle prerogative nazionalistiche di un tempo.

L’intera Europa è oggi, quale istituzione unica economicamente competitiva, alla disintegrazione, e non solo per la lunga fase recessiva che, dalla crisi del 2008 ad oggi, l’ha impoverita e la sta tuttora impoverendo e “disoccupando”. L’Europa ad Est, il cosiddetto Gruppo di Visegrád formato da Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, il maggiore beneficiario del “travasamento” in proprio favore di fondi, democrazia e benessere occidentali, ha oggi prontamente dato vita ad orientamenti agguerriti di stampo nazional-populistico rifiutando i migranti e procedendo con controlli rigorosi e rimpatri.

La Francia di Hollande avrà, alle presidenziali di maggio 2017, in competizione la destra di Marine Le Pen e gli esponenti del centrodestra che cercano di starle dietro. In Olanda si voterà nel marzo 2017 ed in base ai sondaggi vincerà l’estrema destra anti-migranti e anti-Europa di Geert Wilders. In Austria il ballottaggio per la già contestata elezione del presidente avrà luogo i primi di dicembre 2016 ed è avanti la destra di Norbert Hofer. La Svezia ha comunicato ufficialmente di non volere né potere accogliere altri migranti. La Spagna ha eretto reti altissime a difesa tra Ceuta e Melilla e dovrà tornare alle urne per la terza volta di seguito e non si sa se con qualche riuscita ed effetto. Ovunque si è sparso in Europa, nell’Europa tedesca in cui non vige più alcuna fiducia di chicchessia verso chicchessia, in quello che è il nostro blocco continentale, l’euroscetticismo contro la burocrazia europea di lusso per sé e di totale inefficienza ed incapacità, inutilità per tutti gli altri, la massa di cittadini europei.

Il Trattato di Schengen, che avrebbe inteso siglare integrazione e scambi, percorrenza fisica ed economica all’interno dell’Europa, è oggi stravolto dai fatti e vede sorgere muri a difesa da parte degli Stati nazionali, con la chiusura serrata delle frontiere lungo la rotta migratoria balcanica e rigorosi controlli ai confini interni dell’Unione. Il terrorismo islamico colpisce l’Occidente per mano di kamikaze della jihad, mentre l’Europa tedesca rimane disunita ed impotente - letteralmente - a saltare per aria, priva di prevenzione a difesa e di difesa effettiva. All’insegna di un’ideologia pseudoreligiosa e iperpolitica totalizzante, il Califfato, impregnata di sé la stessa Europa così come vaste zone di Siria ed Iraq, così come anche in Libia a poca distanza dalle nostre coste italiane, si muove per lo sterminio in massa tramite attentati frequenti ed efferati.

Questa Europa attuale, invasa e frodata da migranti oltre che paralizzata dallo stolto indirizzo rigorista tedesco, non ha messo in campo uno che sia uno straccio di strategia per la crescita. C’è l’emorragia dei posti di lavoro, c’è il degrado sociale, il welfare che non tiene, ma l’Europa tedesca non ha saputo né sa porre rimedio ad alcunchè, tantomeno al dramma dell’immigrazione della miseria. È bloccato tutto, anche nei confronti del percorso di integrazione economica. La Germania ha sempre tenacemente impedito la maggiore integrazione economica, e qualsivoglia nuova architettura istituzionale, ponendo il veto ad esempio alla creazione del fondo comune di garanzia dei depositi bancari da affiancare a quelli nazionali e sempre invocando tetti alla quantità di titoli di Stato che le banche possono tenere in portafoglio, causando il mancato completamento dell’unione bancaria. Ma cosa tiene insieme oggi l’Europa? Quale affinità d’intenti vige? Quali prospettive ha? Dove non passano i commerci, passeranno le guerre, dunque bisogna ricostruire, andare oltre. La Banca centrale europea non potrà continuare a supplire fingendo di essere un autentico soggetto politico statuale europeo, perché non lo è. Ancora oggi il presidente della Bce ha sostenuto quanto sia “importante che la Ue vada incontro alle aspettative dei cittadini”, che è necessario dare soluzioni ai bisogni reali degli europei e fiducia a loro e tra gli Stati membri. “Senza completare i progetti di integrazione, come Unione bancaria e unione del mercato dei capitali, l’area dell’Euro rimane vulnerabile”.

Sull’orlo della disgregazione europea, Angela Merkel ha comunicato di voler accogliere migranti dall’Italia e dalla Grecia (su 150mila finora ne sono stati assorbiti dall’Europa solo 5mila) ma non bisogna né prestarle fede, né, anche nell’ipotesi remota che succeda qualcosa, seguirla. L’Europa tedesca così come è oggi non funziona. Deve essere ricostruita e ristrutturata, politicamente, tra i Paesi che lo vogliono, che ritengano di averne la convenienza economica a volerlo. L’Europa tedesca va abbandonata al suo destino, e siccome non si riuscirà a levarsela di torno, una soluzione possibile può essere quella di cogliere l’occasione Brexit, cioè dell’uscita progressiva del Regno Unito dall’Europa tedesca, e sterzare sul Regno Unito, se non altro “ammiccare” perché si riveda l’intera costruzione. Non si deve esitare a portare il nostro Paese oltre la Manica, a stringere accordi sia con il nuovo primo ministro inglese Theresa May, sia (a novembre) con il futuro presidente degli Stati Uniti d’America – che prima arriva meglio è, date le pericolose “manovre” di Obama, ad esempio dell’Onu contro Putin, sul finire del mandato -. Bisogna dare una struttura interamente nuova all’Eurozona, intervenire radicalmente assecondando la nuova costruzione europea inglese, accompagnandola e facendosene parte. Solo così si possono mettere le basi dell’Europa politicamente unita, finanziariamente stabile ed equa socialmente. Una costruzione nuova valevole per i prossimi cento anni, insomma per il tempo a venire.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:48