Ma a cosa serve la legge sul bullismo

Violenza privata, percosse, lesioni, molestie, minaccia, stalking, furto, estorsione, danneggiamento di cose altrui, ingiuria, diffamazione, sostituzione di persona, furto d’identità digitale, trattamento illecito di dati: sono solo alcune delle figure di reato usate già oggi dai giudici per punire comportamenti di bullismo reale o virtuale. La Corte di Cassazione ha inoltre già riconosciuto il bullismo circostanza aggravante di altro reato, e pure in Rete esso può avere conseguenze sia civili che penali al pari di quello reale. Sia il bullismo nel mondo reale che quello in Rete possono giustificare l’applicazione di misure cautelari.

A cosa serve, quindi, la legge in corso di approvazione in Parlamento per “la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo”? Che bisogno c’è di un’altra norma?

Purtroppo, serve da esempio cristallino e concentrato dei due difetti endemici dell’attività legislativa nel nostro Paese: l’inutilità e l’ipertrofia.

La legge, infatti, non si limita a battezzare con un nuovo nome comportamenti che nuovi non sono. Contiene una pletora di previsioni contenenti azioni di carattere preventivo e formativo: nella ridondanza dell’inutile, prevede le sempre verdi linee di orientamento del Miur, il consueto finanziamento di progetti per le imprescindibili “azioni integrate di contrasto” al bullismo, l’immancabile tavolo tecnico per la prevenzione e la lotta al cyberbullismo, e così via.

Non è trovando un nuovo nome a comportamenti che nuovi non sono che si rende giustizia alle vittime. In compenso, si regala loro l’illusione che Governo, Parlamento, commissioni e sottocommissioni stanno dedicando loro tutta la propria attenzione. Con quali risultati? Comitati e piani di azione non risolvono i problemi, ed è curioso che nel nostro Paese, dove una conferenza stampa, una dichiarazione d’intenti, una commissione parlamentare d’inchiesta per tradizione non si nega a nessuno, continuiamo a farci ipnotizzare dalla logorrea della politica. È in questo modo che si rinnova una delle più folli superstizioni italiane: che, cioè, ogni problema richieda sempre una nuova soluzione legislativa. Superstizione che al massimo serve a tenere occupati i nostri parlamentari. Tanto basta per dormire sonni tranquilli?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:52