Rom: conoscere,   prima di giudicare

Fermiamoci qualche minuto a riflettere: come definiamo un “altro da noi”? Lo definiamo con sostantivi o aggettivi, sulla base di ciò che conosciamo o vediamo di lui, del suo aspetto, della sua provenienza, dei suoi comportamenti: questo è uno spilungone, quest’altro è un francese e quello è un maleducato. Definizioni non prive di una certa accuratezza, verificabili e inconfutabili, che collocano l’individuo in una categoria comune. In Italia sono presenti circa 180mila Rom di etnie diverse; più o meno la metà di loro ha cittadinanza italiana ed abita stabilmente nel nostro Paese, ma a nessuno verrà mai in mente di chiamarli “italiani” o di definirli grassi o antipatici come chiunque altro. Li chiamano zingari, o nomadi, e li consegnano al pregiudizio sociale come sporchi, ladri, dediti all’accattonaggio.

I Sinti sono di provenienza mitteleuropea e vivono in Italia da più di seicento anni: i Rom abruzzesi, una comunità assai popolosa, si sono insediati molto tempo fa provenendo da Grecia e Albania. Poco meno di un terzo dei Rom stabilitisi in Italia viene dalla ex Iugoslavia, o meglio da Kosovo e Bosnia Erzegovina; molti di questi sono arrivati in seguito alla guerra civile per sfuggire alla “pulizia etnica” ed alle persecuzioni. Nonostante gli obblighi sanciti dalla Convenzione di Ginevra sullo status degli apolidi, il nostro Governo non ha mai tutelato questi rifugiati, sfuggiti agli orrori della guerra, privi di certificati e documenti perché nel loro Paese gli uffici anagrafici erano stati distrutti, e in molti casi ne ha fatto degli apolidi.

Circa 40mila Rom e Sinti - il 22 per cento di una popolazione stimata di 160/180mila - sono rinchiusi nei campi. Questo è riuscita a fare l’Italia dall’antica tradizione di accoglienza, l’Italia un tempo culla del diritto ha rinchiuso in uno stesso campo Rom ortodossi con Rom musulmani e con Sinti evangelici, non diversamente da ciò che accadde durante la Seconda guerra mondiale, quando 500mila di loro furono trucidati nei lager di Sobibor, Bełżec, Treblinka, Auschwitz e Birkenau. E lo stesso Parlamento italiano che non ha concesso ai superstiti lo status giuridico di apolidi e i documenti personali, ha bensì consentito le celebrazioni del ricordo del Porajmos, talvolta anche con la presenza di esponenti delle istituzioni, ma non ha mai sancito con una legge una Giornata Istituzionale della Memoria per lo sterminio nei campi di concentramento nazisti.

Per favorire l’assimilazione delle comunità Rom e Sinti, chiudendo i campi e fornendo abitazioni e servizi, l’Europa ha stanziato fondi in notevole quantità: alcune Regioni li hanno accettati e - sia pure in modo sconnesso e talvolta inefficace - stanno provvedendo a smantellare i campi ed a costruire piccoli insediamenti civili; c’è un progetto in Sardegna e sono state fatte scelte trasparenti ed equilibrate nella Regione autonoma della Valle d’Aosta. Nel Lazio, invece, dove nei campi è ristretta una quantità di famiglie, i costi relativi sono mantenuti strettamente a carico dei contribuenti e il denaro stanziato dall’Unione europea è stato respinto. Non c’è voluto molto, a quei ficcanaso dei Radicali, appassionati di legalità e di giustizia, per chiedersi il motivo di tale comportamento solo apparentemente inspiegabile: accettando il denaro dell’Europa, si debbono accettare anche i severi controlli e riscontri che all’erogazione sono collegati, mentre il sistema della corruttela, dei favoritismi, dei guadagni illeciti può esser meglio coperto dall’omertà dei vari interessi insediati da lunga pezza in Campidoglio.

Il 17 giugno del 2015 Marco Pannella, in compagnia dell’avvocato radicale Vincenzo Di Nanna (segretario dell’associazione radicale “Amnistia Giustizia Libertà Abruzzi” di Teramo) e di qualche altro militante del Partito Radicale, si è recato al Palazzo di Giustizia ed ha consegnato al Procuratore generale tutti i propri legittimi sospetti, trasformati in una denuncia penale nei confronti del Comune di Roma. Su questa denuncia, esattamente come accade con tutte le autodenunce radicali di disobbedienza civile per tentare di cambiare leggi ingiuste o anticostituzionali, è caduto il silenzio, denso e pesante come la pece. Dopo un anno, l’onorevole Giovanna Martelli (di Sinistra Italiana) ha presentato alla Camera dei deputati una proposta di legge per l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo scandalo dei “campi nomadi”, sulle speculazioni che ne peggiorano le condizioni e sul modo di vita disumano cui sono costretti coloro che sono trattenuti come animali in gabbia. Sedici mesi dopo la denuncia di Pannella, giovedì 13 ottobre, l’onorevole Martelli con alcuni rappresentanti di lingua romanì, con Gianni Carbotti (autore insieme a Camillo Maffia del film documentario “Dragan aveva ragione”) e con due rappresentanti del Partito Radicale hanno tenuto una conferenza stampa presso la Camera dei deputati: occorre che la proposta di legge Martelli sia posta nel calendario dei lavori parlamentari e venga discussa con urgenza.

Durante la conferenza stampa è stato trasmesso un intervento filmato di Moni Ovadia, non c’è stato tempo per proiettare il film-documento di Maffia e Carbotti; peccato, perché nel film i giornalisti presenti avrebbero potuto ascoltare anche il racconto di un capoclan che ha portato fuori dal campo la sua numerosa famiglia per proteggere le donne ed i bambini dalle angherie e dalla violenza di altri gruppi. Si tratta di persone che sono fuggite dalle divisioni sanguinose nella ex Jugoslavia, e che il governo della Capitale d’Italia ha imprigionato, insieme, in un campo isolato dal resto della città. Occorre aggiungere altri particolari? Parrebbe di no... Questi italiani di etnia Sinti, Rom e Caminanti, i cui figli in gran parte sono nati qui, chiedono aiuto ai giornalisti perché parlino di questa proposta di legge che può mettere in luce la corruzione più vergognosa, quella che specula sulle sofferenze di esseri umani.

(*) Militante del Partito Radicale - presidente dell’Associazione radicale “Amnistia Giustizia Libertà Abruzzi”

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:55