E “Schiforma” fu

Cucù, Equitalia non c’è più. Con alto senso delle istituzioni e profondo rispetto verso un’azienda che fino ad oggi ha fatto il lavoro sporco per l’Erario portando a casa più di qualche miliardo di euro, Matteo Renzi ha salutato il Dl denominato “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili”.

Volendo scendere sullo stesso piano del Presidente del Consiglio e fare del populismo a buon mercato, si potrebbe dire che il Decreto legislativo in questione non abolisce un bel niente ma trasforma Equitalia in Agenzia delle entrate-Riscossione, un ente pubblico economico posto sotto l’Agenzia delle entrate e vincolato alla vigilanza del ministero dell’Economia e delle Finanze. In pratica Equitalia trasloca armi e bagagli (logo escluso) altrove, mentre le regole sulla riscossione restano le stesse salvo futuri auspicabili miglioramenti. C’è modo e modo di fare le riforme e di provvedimenti scritti frettolosamente se ne sono visti tanti. Questo però va oltre perché trasuda arroganza e mostra ogni giorno una falla diversa nel costrutto.

A partire dalla rottamazione delle cartelle la quale assegna un tempo irrisorio per onorare i propri debiti con il fisco in cambio di uno sconto sugli interessi. A conti fatti i contribuenti con una grossa esposizione si terranno la rateizzazione che hanno già, non potendo accettare lo sconto sotteso ad un rientro più veloce del debito erariale. Meglio un pagamento dilazionato nel tempo che uno sconto che implica un rientro rapido. Ma l’assurdo giuridico lo ritroviamo al comma 10 dell’articolo 1, nella parte in cui si parla dei criteri con i quali i dipendenti di Equitalia entreranno a far parte del nuovo Ente: “Il personale delle società del Gruppo Equitalia con contratto di lavoro a tempo indeterminato, in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, senza soluzione di continuità e con la garanzia della posizione giuridica ed economica maturata alla data del trasferimento, è trasferito all’ente pubblico economico di cui al comma 3, previo superamento di apposita procedura di selezione e verifica delle competenze, in coerenza con i principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità. A tale personale si applica l’articolo 2112, primo e terzo comma, del Codice civile”. Un vero pasticcio giuridico visto che i dipendenti di Equitalia sono stati assunti utilizzando procedure deliberate dai vari CdA succedutisi negli anni ed i cui componenti sono stati decisi dagli azionisti pubblici (Agenzia delle entrate ed Inps). Un minestrone anche perché, in pratica, da una parte conferma l’assunzione senza soluzione di continuità e dall’altra vincola la permanenza sul posto di lavoro all’esamino di idoneità. Ed a poco valgono le rassicurazioni di Zanetti sul senso che il Governo ha voluto dare a questo passaggio perché la frittata è sul decreto, nero su bianco. C’è una norma che parla di esamini ed una interpretazione che vorrebbe ridurre tale prova ad una mera ricognizione delle professionalità presenti in azienda. Insomma, un pasticcio che non ha alcun fondamento giuridico e che ha attirato gli strali di tutte le sigle sindacali del mondo esattoriale.

Il più duro è stato Giulio Romani della First-Cisl: “Il decreto fiscale - afferma Romani - oltre a non chiarire quale sarà il futuro contratto di lavoro di questi servitori dello Stato, li sottopone ad un’offensiva ‘selezione e valutazione delle competenze’, senza il superamento della quale, stando alla lettera del decreto, il loro posto di lavoro potrebbe essere messo in discussione. In nessun caso, mai, nella cessione di un’impresa o di un ramo della stessa - sottolinea il segretario generale di First-Cisl - la prosecuzione dei rapporti di lavoro è stata sottoposta alla preventiva selezione dei lavoratori”. La First-Cisl non esiterà a valutare “il profilo di costituzionalità di questo provvedimento che costituirebbe un inedito e pericoloso precedente nel mondo del lavoro: se questa norma dovesse essere confermata, potrebbe sancire di fatto la possibilità per qualunque azienda di ‘riselezionare’ i dipendenti in ogni operazione di cessione d’impresa o di ramo, aggirando le norme sui licenziamenti collettivi e individuali. Verificare con quanta superficialità e arroganza - conclude Romani - la politica dei ‘rottamatori’ di Stato abbia deciso di liquidare una delle poche realtà ben funzionanti della macchina amministrativa, per strizzare invece l’occhio agli evasori con condoni e promesse di tolleranza futura, ci addolora prima ancora che scandalizzarci. Pensiamo che ogni onesto cittadino che appartiene a quella maggioranza di italiani per bene che paga regolarmente le tasse debba conoscere la verità di questa vicenda e ci impegneremo pertanto in una grande campagna di mobilitazione delle coscienze di cui lo sciopero generale della categoria non può che essere un’inevitabile tappa”.

Sullo sfondo un orizzonte di tre anni per portare a compimento la complessiva riforma del comparto fiscale (con annessa eventuale fusione tra Agenzia delle entrate ed Equitalia) annunciata ma mai formalizzata. Arco temporale nel quale nessuno può prevedere quali governi si succederanno, quale modello riterranno di adottare e cosa vorranno fare del fondo esattoriale, l’enorme tesoro previdenziale che gli esattoriali hanno accumulato nel tempo e che rischia di esser loro soffiato nel caos riorganizzativo.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:35