Direzioni della satira

Un aforisma, un commento - “Talvolta ci si chiede perché mai gran parte dei comici satirici e dei cantautori nostrani si dichiari di sinistra. La cosa si spiega facilmente. Chi sta a sinistra sa cogliere gli aspetti ridicoli che la destra esibisce. Chi sta a destra, invece, di fronte alla confusione, ai conflitti e alle continue lacerazioni della sinistra, non vi trova proprio nulla di divertente”.

Deridere gli uomini di potere e attaccare il Governo è un’arte antica quanto la politica. Ma da molti anni, in Italia, pare che attori, cantautori e uomini di satira siano fatti con lo stampino, quasi sempre allineati a sinistra, fino alla monotonia. Li conosciamo tutti e, per questo, non farò nomi. Sarebbe invece il caso di fare i nomi dei loro colleghi di destra, ma non ne conosco. Non che sia un male perché, in fondo, la politica dichiarata nella satira e il cosiddetto “impegno” non fanno parte dell’arte in quanto tale e sono solo un “disvalore aggiunto” che dobbiamo unicamente alla dottrina gramsciana dell’intellettuale organico, allargato a personaggi dello spettacolo, orientato e sostenuto dal Partito, ma anche, va da sé, fedele testimone dello stesso. Poiché la destra non ha avuto un proprio Antonio Gramsci, abile teorico di strategia politica più che intellettuale di rilievo, è naturale che attori, comici e cantautori che avessero simpatie per la destra siano sempre stati abbottonati circa le proprie idee limitandosi a fare il proprio lavoro e senza aspirare a partecipare alle Feste dell’Unità nelle quali gli altri, negli anni Cinquanta e Sessanta, mancava poco che venissero pagati direttamente in rubli.

Così, per decenni, la sinistra ha saputo utilizzare lo spettacolo per diffondere una critica permanente ai Governi ai quali non poteva partecipare, riuscendo persino a coinvolgere una quantità non disprezzabile di borghesi sempre attenti a non apparire come insensibili o retrogradi e poco, come si dice, à la page rispetto al mondo intellettuale che andava, e ancora in parte va, per la maggiore. Film di “denuncia”, canzonette lamentose o rabbiose, scenette da cabaret simili a piccoli comizi ci hanno accompagnato fino a ieri prendendo spunto da guerre, purché ci fossero di mezzo gli Usa, e scandali, uomini politici, ovviamente mai di sinistra, e vicende popolari di vario tenore.

Oggi però, nonostante molti di loro, soprattutto i più anziani, credano o facciano finta di credere di essere ancora importanti per il luminoso destino del socialismo e dell’anti-capitalismo, le cose stanno forse cambiando e la sinistra italiana, quella massiccia dei tempi andati, non c’è più mentre quella che è rimasta sulle barricate è troppo esigua per garantire il successo. I Governi di centro sono spariti e non c’è nemmeno più Silvio Berlusconi al potere per cui, disorientati dalla realtà, satira e cinema, canzone e cabaret iniziano a cercare altrove l’ispirazione e, soprattutto, occasioni di lavoro.

Da parte loro, gli uomini di spettacolo con idee di destra, pochi o tanti che siano, continueranno a trascurare ciò che accade a sinistra non solo perché attaccare i difensori delle “classi subalterne” potrebbe apparire disdicevole, ma anche perché è molto difficile scovare aspetti potenzialmente ridicoli o degni di “denuncia” nei partiti della sinistra attuale, o magari in movimenti come Cinque Stelle, per il semplice fatto che la loro inconcludenza, assieme alla loro litigiosità, induce una tristezza che scoraggerebbe persino l’instancabile Giovannino Guareschi.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:48