Tra mala incompetente e astratta politica

mercoledì 9 novembre 2016


“Era una vecchia carretta battente bandiera italiana: pigra, arrugginita, fuligginosa”. Queste parole, contenute nel capolavoro di Thomas Mann, La morte a Venezia, in un contesto di decadentismo simboleggiato dalla meravigliosa e lugubre città lagunare, rispecchiano chiaramente lo stato in cui versa l’Italia politica di oggi. Riguardo ai suddetti vocaboli potremmo riempire di aneddoti un trittico, ossia lo scrittorio, composto di tre tavolette di legno, usato ai tempi dell’antica Roma. Di pigrizia, ovvero della dantesca ignavia, i nostri politici peccano da tempo, incapaci di dare una svolta alla vita democratica interna o di delineare un chiaro profilo internazionale al nostro Paese, nelle decisioni importanti sempre a ruota di altri. Che la macchina burocratica de noantri sia arrugginita è talmente evidente che pare inutile soffermarvisi, visto che, in ogni campo, la vita di un cittadino, di un’impresa o di un ente privato è costellata di vicissitudini inenarrabili, con la triste conclusione di insuccessi dovuti all’impossibilità di superare l’ingiustificato ostacolo pubblico. Fuligginosa! Quale Paese democratico al mondo ha una collezione così lunga di misteri irrisolti? Quando un tema viene toccato dalla politica italiana diventa oscuro e sinistro, con buona pace dei, per la verità sempre più rari, ricercatori di verità.

Eppure, manca un secondo trittico per caratterizzare il biascicante contesto dei tempi odierni. Sempre più frequentemente, oltre a pigra, arrugginita, fuligginosa, la politica italiana si mostra mala, incompetente e astratta. Mai come oggi si resta sbigottiti di fronte ai sintomi diffusi di una vergogna che, probabilmente, trae origine da una società civile in evidente difficoltà etica e comportamentale nonché dall’incapacità di formare in maniera adeguata la classe dirigente. La mala-politica è un fatto quotidiano, esemplificato da un dato: dal 1991, ossia da quando un’amministrazione può essere sciolta per l’influenza della criminalità organizzata, ben 171 Comuni sono stati commissariati per Mafia; soprattutto al Sud, ma non sfuggono il Centro e il Nord. Pensare che una cosa del genere potesse accadere, anni fa, in Piemonte o in Lombardia sarebbe stato impossibile. La mala-politica è un morbo endemico non solo perché si manifesta con Mafia Capitale, ma perché capace di nascondere, riecco la fuliggine, inchieste come Underground e la relativa indagine in merito agli interessi della ‘ndrangheta su Expo Milano, evento clamorosamente osannato per il successo, nonostante le ingenti perdite di bilancio.

Fin qui, qualcuno potrebbe obiettare, non si ravvisa alcuna differenza rispetto alla Prima Repubblica e al sistema partitocratico spazzato via da Mani Pulite. Forse è vero, ma il peggioramento della situazione è determinato da altri due vocaboli: incompetenza e totale assenza di contatto con la realtà. L’incompetenza della grande maggioranza dei politici di oggi è inquietante. Senza arrivare ai servizi delle Iene e alle domande “tecniche” a cui nessun delegato del popolo riesce a rispondere, è sufficiente soffermarsi sugli esordi nei discorsi di esponenti di vari schieramenti, come l’ormai celebre “sarò breve e circonciso”, o sul tributo piddino a Tina Anselmi, recentemente scomparsa, con la foto di Nilde Iotti. Sciocchezze, ovviamente! Gaffes di collaboratori sprovveduti, come piccole pecche, ne siamo sicuri?, sono il manifesto razzista di un evento di dubbia rilevanza come il Fertility Day o l’annuncio di immaginari tunnel tra l’Abruzzo e la Svizzera. Non è offensivo affermare che del genio mefistofelico di questi politici di oggi non erano dotati i vegliardi del secondo dopoguerra. Dove, però, l’incompetenza raggiunge livelli “sublimi” è nel drafting normativo. La Patria del Diritto e della tecnica legislativa viene vilipesa da norme scritte in maniera sconcertante: italiano improbabile ed errori grossolani nella redazione di leggi, nazionali o regionali che siano, di decreti ministeriali, di piani comunali, eccetera eccetera. E qui la cosa è grave, perché si incide materialmente sulla vita dei cittadini. L’esempio più eclatante è il testo della riforma costituzionale, che riesce, da un lato, a rendere illeggibile la Carta, forse non la più bella del mondo, ma sicuramente scritta bene nella versione antecedente alla riforma del 2001, e, dall’altro, a colpire alcuni dei capisaldi della nostra democrazia, al punto da trasformare in “sudditi” i cittadini italiani, come giustamente evidenziato da Antonio Pileggi, liberale doc e promotore di “Per le libertà No al Peggio”, nel corso di una puntata della trasmissione “Parlamento Tribuna”, andata in onda su Rai2.

Delineato il quadro fosco, non si può nascondere che una certa reazione a tutto ciò ci sia stata. Negli anni, prima il fenomeno Lega Nord e oggi il Movimento Cinque Stelle hanno convogliato una parte dell’opinione pubblica, facendosi portavoce della faccia apparentemente pulita dello Stivale; salvo poi incappare negli stessi peccati dei nemici storici. Tutto ciò deve preoccupare, perché l’Italia non appare in grado di svincolarsi dai suoi vizi, neanche aggrappandosi ai nuovi gruppi politici, accusati non in maniera ingiustificata di populismo, ma la cui pecca principale è in realtà l’astrattismo. Panfilo Gentile, nel suo bellissimo libro L’idea liberale, trattò dei pericoli della politica astratta. Analizzando la degenerazione della Rivoluzione Francese, egli riscontrò proprio nello “astrattismo del pensiero rivoluzionario”, nel difetto razionalistico “di dissociare la ragione dalla storia”, un pericolo gravissimo, che in effetti si sostanziò nel giacobinismo e nel Terrore. In un contesto ovviamente diverso e dalle ripercussioni, si auspica, dissimili da quelle dell’epoca in Francia, è opportuno preoccuparsi di come la politica italiana si stia privando della “logica della realtà”. La città di Roma ne è l’esempio. In poco tempo la Capitale è passata dal mal-governo al non-governo. Il facile “no” a qualunque iniziativa di rilievo, giustificato dalla volontà di reagire al sistema corrotto del recente passato, ha reso il Colle capitolino immobile. Almeno per il momento. Alcuni esempi? I tempi lunghi e le difficoltà nel formare la nuova Giunta comunale, il rifiuto all’organizzazione delle Olimpiadi, l’interruzione di lavori di fondamentale importanza come la Metropolitana, le accuse di speculazione a un intervento edilizio avveniristico come lo Stadio della Roma, utile a valorizzare un’area ormai depressa e inutile. E, intanto, la sporcizia abbonda, le buche anche e, magari, si inaugura il nuovo Centro congressi ideato dal grande architetto romano Fuksas, compiuto sì, ma ancora inaccessibile, con il cantiere ancora aperto e i marciapiedi prospicienti divelti e pericolosi per i pedoni.

Se questo è il nuovo corso, bisogna mantenere uno spirito fortemente critico, così come fecero, ricorda Panfilo Gentile nel suo volume, Edmund Burke e Benjamin Constant nei riguardi del giacobinismo, anche a costo di sembrare antirivoluzionari, e opporsi fermamente alla pigra, arrugginita, fuligginosa, mala, incompetente e astratta politica del presente. Per riuscire nell’impresa, è necessario che i cittadini italiani maturino finalmente la consapevolezza che il corretto parametro da adottare nella scelta dei propri delegati non è lo slogan facile o il moralismo, ma quello suggerito da Benedetto Croce nel suo capolavoro La religione della libertà. Alla domanda “Ma cosa è, dunque, l’onestà politica?” il filosofo liberale rispose: “L’onestà politica non è altro che la capacità politica: come l’onestà del medico e del chirurgo è la sua capacità di medico e di chirurgo, che non rovina e assassina la gente con la propria insipienza condita di buone intenzioni e di svariate e teoriche conoscenze”. Giova ricordare che i moralisti hanno portato roghi e ghigliottine, mentre i capaci hanno portato il progresso e il benessere.


di Massimiliano Giannocco