Le paladine d’amore, democrazia e libertà

domenica 13 novembre 2016


“Nuda, scalza, ma con una corona di fiori in testa” è un detto popolare ucraino usato per descrivere una ragazza povera, ma bella in quanto, con poco, riesce a valorizzare la propria personalità. Nude, scalze e con una corona di fiori in testa sono le Femen, il noto gruppo di “seXtremiste” ucraine nato contro lo sfruttamento sessuale dei corpi e delle menti, le quali, nude, manifestano nei luoghi più sensibili del pianeta: dalla Russia putiniana alla Bielorussia di Lukashenko, passando per i Paesi islamici, per denunciare l’incultura patriarcale e le violazioni sistematiche dei diritti umani in nome delle ideologie e delle religioni.

Di Femen mi occupai già in un articolo alla fine del 2013 uscito su queste pagine. Già allora ero affascinato da questo movimento spontaneo e spontaneista formato da giovanissime ragazze nate fra la fine degli anni Ottanta ed i primi Anni Novanta in quell’Est europeo martoriato prima dalla dittatura sovietica e poi dal turbocapitalismo liberale, ovvero da quelle ideologie che, negando la prima il pensiero di Marx e la seconda l’autentico bisogno di libertà delle persone, hanno di fatto instaurato nuove forme di autoritarismo dittatoriale di stampo politico ed economico, oltre che sociale. E dunque ecco Inna Shevchenko, Anna Hutsol, Oksana Shachko e le altre manifestarsi nel 2008, affacciandosi sulla scena politica internazionale attraverso delle vere e proprie performance artistiche ai limiti della provocazione. Ma, in questo caso, la “provocazione” sembra assumere un significato diverso da quello originario. Appare come una sorta di “vocazione in favore” di qualche cosa, ovvero - in questo caso - dei diritti civili di tutti proprio in quanto esseri umani pensanti, senza etichette.

Una vocazione/invocazione principalmente in favore delle donne da secoli sottomesse e sfruttate dalla cultura patriacale e dal sistema commerciale-consumistico-pubblicitario, oltre che dai dogmi religiosi. Il corpo nudo delle Femen, unica arma - peraltro nonviolenta - a loro disposizione, infatti, è l’esatto opposto rispetto al corpo esibito delle modelle della pubblicità commerciale. Il loro corpo è proprio lì a voler scioccare lo spettatore, che certo non è abituato ad un messaggio politico forte trasmesso attraverso un corpo femminile nudo; è un’allusione alla loro povertà; diviene un manifesto sul quale scrivere slogan contro la mercificazione, contro la violenza e la prevaricazione del sistema capitalista, dei regimi autoritari, della morale religiosa che impone alle donne di non abortire, agli omosessuali di scomparire, alle persone di non pensare con la propria testa. È la ragione principale per le quali le Femen sono accusate dai media e dai complottisti di essere finanziate da qualcuno a scopi commerciali o dall’establishment economico. Salvo dover rendersi conto che queste ragazze sono totalmente autofinanziate, come dimostra anche l’ottimo saggio di Massimo Ceresa “Femen – Inna e le streghe senza dio”, edito da “Tra le righe libri” ed i cui proventi dei diritti d’autore andranno interamente ad un’associazione di beneficienza che si occupa di infanzia. Il saggio di Ceresa - già autore di un saggio sulle Pussy Riot, altro gruppo rivoluzionario al femminile - è, in questo senso, un rarissimo reportage realizzato in Italia sul fenomeno Femen. E dimostra come sia proprio l’establishment politico e mediatico a temere queste ragazze che, scardinando il linguaggio dei media e del politicamente corretto, bucano gli schermi e gli schemi dei benpensanti.

Non è un caso se le Femen sono da sempre bersaglio dei fondamentalisti islamici e cattolici, oltre che dei gruppi di estrema destra che non sono ancora in grado di abbandonare i loro retaggi ideologici in favore della libertà di pensiero e della democrazia autentica. Nel saggio di Ceresa apprendiamo, anche grazie ad un’intervista all’attuale responabile del movimento, Inna Shevchenko, che il loro riferimento ideale di base è il pensiero marxista e quello socialista di August Bebel, il quale scrisse uno dei primi saggi femministi, ovvero “La donna e il socialismo”. Un pensiero totalmente tradito nei Paesi dell’Est e del cosiddetto “socialismo reale”, ove di reale vi fu solo una dittatura burocratica ed oligarchica. Dittatura affatto diversa da quella attuale in quei Paesi e non è un caso che le Femen siano le principali oppositrici di regimi quali quello di Lukashenko in Bielorussia e di Vladimir Putin in Russia (il quale ha reso illegale il principale partito attivista di opposizione, ovvero il Partito Nazionalbolscevico dello scrittore Eduard Limonov), al punto che in questi Paesi furono arrestate e brutalmente torturate e su di loro pesano dei mandati di cattura. Dittature peraltro non dissimili da certa mentalità dittatoriale facente capo alle religioni monoteiste istituzionalizzate che le Femen combattono in quanto figlie di quella cultura patriarcale ed oppressiva che ebbe il suo apice durante i secoli bui del Medioevo. E dittature non dissimili dall’ideologia capitalista e di “libero commercio”, ove la prostituzione - che le Femen combattono strenuamente - ne è forse la più alta forma di rappresentazione metaforica.

Ecco dunque le nuove paladine della democrazia, alternative alle varie forme dittatoriali sparse nel mondo. Paladine snobbate e vilipese dai più, così come erano snobbati e vilipesi i rivoluzionari del passato, specie se con pochi mezzi e nessuna ambizione personale. I loro seni sono le loro armi. Novelle Grandi Madri in un mondo sempre meno democratico ed in decomposizione. E che necessita di amore, democrazia e libertà.


di Luca Bagatin