Servirebbe riflettere

Purtroppo in Italia non sono molti quelli che si domandano come sia possibile che un movimento guidato da Grillo e Casaleggio abbia il venticinque/ventisei per cento dei consensi.

Servirebbe una riflessione perché da noi, appunto, il condizionale è d’obbligo e si vede dai risultati elettorali e dai sondaggi. Qui non si tratta solo di rabbrividire di fronte al comportamento politico di Grillo, che esclusivamente gli sprovveduti immaginavano diverso, ma si tratta di valutare i rischi seri che l’intero Paese potrebbe correre.

Ora passi per i parlamentari grillini, che obbediscono ovviamente per mantenere vivo un posto cadutogli letteralmente dal cielo, ma tutti gli altri, a partire dagli elettori, dovrebbero riflettere. Riflettere sulla gestione di un “partito”, perché sia chiaro di questo si tratta, dove la democrazia è meno di un’idea, dove la linea politica è peggio di una chicane, dove la classe dirigente è presa a strascico.

Tant’è vero che scaltramente Grillo parla di democrazia diretta, di Rousseau, di codici etici, così come la chiesa recitava la messa in latino, intimoriva con l’inferno e minacciava la scomunica. Una tecnica, insomma, largamente sperimentata per sottomettere in ragione della presunta supremazia morale, culturale, filosofica e in nome di un’ecumenicità vissuta per salvare il mondo dal peccato. Un modo antichissimo ma ancora largamente efficace per suggestionare, condizionare e canalizzare il consenso, la fede, la paura del diverso e l’indirizzo del giudizio. Il contrario della laicità, della libertà, della personale ragione, che grazie a Dio nel tempo e nella storia ha sconfitto e sconfessato le ipocrisie della chiesa e di tanti movimenti politici.

Inutile ricordare i pericoli e i drammi del pensiero unico, del mono-culturalismo, del predicatore sommo, che pure in nome della presunta democrazia, della volontà collettiva e di quella popolare, hanno schiacciato la libertà. Parliamo d’ipocrisia, di bugie che si fanno attecchire nella testa degli altri, di una sorta di inseminazione ideologica che porta a credere comunque e ovunque al verbo del capo. Per riuscirci ci si autoproclama migliori, puri, incorruttibili, infallibili, sempre dalla parte del giusto e del debole, sempre contro il male che ha devastato gli altri. Per tale ragione e siccome purtroppo le discriminazioni, le prevaricazioni, gli sbagli e la disonestà non mancano mai, è facile intercettare la protesta, l’indignazione, l’esasperazione, per utilizzarla a proprio uso e consumo.

Insomma, Grillo in versione attuale, complice la straordinaria pervasività della Rete che tutto può e tutto nasconde, si è inventato o meglio reinventato la democrazia diretta, i dieci tecnologici comandamenti, il suggestivo post-ideologismo. I grillini, infatti, ma anche la stragrande parte dei sostenitori si dichiarano post-ideologici, lo fanno a vanvera e a pappagallo ovviamente, perché se c’è un movimento condizionato dall’idea, dal verbo, dall’incipit del capo, è proprio quello pentastellato. L’idea è quella di Grillo naturalmente, quella del capo indiscusso, che pone e dispone e lo fa a piacimento, cambiando e ricambiando posizioni e indirizzi ad ogni piè sospinto secondo la sua convenienza.

Oggi forcaioli e domani garantisti, oggi antieuropeisti e domani europeisti, oggi accoglienti e domani respingenti, oggi col mercato e domani con lo Stato, oggi con l’Occidente e domani con l’Oriente. Non si contano, infatti, le giravolte di Grillo su tutto e all’origine di ogni giravolta una convenienza di vertice, una necessità assoluta di gestione personale e un ordine di scuderia non negoziabile. Dall’altra parte per tenere alta l’immagine del movimento si è messo sul piatto un po’ di stipendio, la rinuncia al finanziamento di gruppo, la restituzione del sussidio pubblico a favore della piccola impresa. Fatto sta che nello strascico parlamentare grillino a parte qualche pesca talentuosa di primo ordine, la grande parte è una truppa mediocre, obbediente, ossequiosa e timorata dal capo.

Sia chiaro, molte iniziative alle Camere sono state commendevoli, ma nella storia prima dei grilllini tanti altri hanno fatto e ottenuto parecchio. Insomma, non sono né i primi e non saranno gli ultimi a fare le pulci, sconfessare e spingere a soluzioni di trasparenza ed equità. Eppure alla prova dei fatti, e non parliamo solo di Roma dove il problema dell’impreparazione, dei rapporti interni e dell’incapacità è gigantesco, ma di tanti altri esperimenti a guida grillina, i risultati non sono buoni. Non solo si manifesta la mancanza di una classe dirigente, ma di autonomia e di capacità propositiva e programmatica, la stessa che si manifesta a livello nazionale. Quale sarebbe, infatti, il programma di governo grillino? Il reddito di cittadinanza e poi? Quale affidabilità sul resto visto che Grillo cambia idea ogni giorno su tutto? Con quale classe dirigente governerebbe il Paese, quale politica estera, quale politica fiscale, industriale? Siamo nella terra di nessuno e nelle mani di una coppia, Grillo/Casaleggio, che comanda a bacchetta “ad usum delphini”. Ecco perché bisogna riflettere prima di votare per protesta e basta, come deve riflettere tutto il sistema dei partiti di maggioranza e di opposizione sul rischio che il Paese corre, insistendo colpevolmente nell’indifferenza, nella mala politica e mala gestione.

Fare finta di non vedere il risultato del referendum, il collasso sociale da immigrazione incontrollata, l’avidità del fisco, il disastro dei servizi pubblici, la mala giustizia, gli sperperi di Stato e il malaffare, è da scriteriati. Si corre il pericolo di consegnare l’Italia a Grillo dopo averla scippata a Silvio Berlusconi, ultimo Premier eletto, con la scusa del default e sarebbe una beffa insopportabile e un danno irreparabile per tutti.

Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:04