Viaggio da incubo nel dopo terremoto

mercoledì 18 gennaio 2017


Tutti bravi a fare presenza, a visitare i luoghi dove si sono consumate tragedie umane ed economiche, a promettere solennemente davanti ad una telecamera provvedimenti rapidi ed efficaci. Noi, da questa parte del tubo catodico ci tranquillizziamo, ci beviamo acriticamente la notizia e ci laviamo la coscienza con il classico sms di solidarietà. Peccato che qui in ballo non ci sia la solita sterile polemica politica o la banale litigata da pescivendole in un talk-show, ma storie in carne ed ossa e drammi umani senza precedenti davanti ai quali non possiamo permetterci di essere superficiali.

Ne abbiamo parlato con Stefano Massari, un giovane imprenditore attivo nell’e-commerce e creatore di madeitstore.com, un portale di prodotti di moda italiani sviluppato a Camerino (Marche). Oltre al dramma umano che un evento sismico di tale portata provoca ed alla completa inagibilità di locali aziendali, case ed infrastrutture di qualsiasi tipo, Stefano ci ha raccontato delle promesse mai mantenute, della burocrazia che crea più danni del terremoto e della superficialità di una politica che blatera in televisione e poi se ne fotte.

Massari, ci racconta cosa ha fatto il Governo per aiutare le imprese nel post-terremoto?

A distanza di due mesi e mezzo dall'evento sismico che ha colpito le Marche e l'Umbria credo sia giusto far conoscere come stanno veramente le cose riportando semplicemente dei fatti, perché i fatti, per dirla con John Adams, "hanno la testa dura". Restano lì, fermi al cospetto di qualsiasi opinione, di qualsiasi giustificazione, di qualsiasi mistificazione.

Cioè?

I fatti ci dicono che il Governo ha emanato un decreto contenente interventi urgenti (annotatevi questa parola) a favore delle popolazioni e delle imprese colpite dal terremoto. Il decreto in questione è stato convertito, con piccolissime modifiche, dal Senato prima e della Camera dopo. Il supporto alle Pmi previsto dal dispositivo legislativo si concretizzava in cinque provvedimenti principali: a) sospensione delle utenze e delle rate dei mutui; b) finanziamento a tasso agevolato di 30mila euro con tre anni di preammortamento; c) contributo di 5mila euro per gli imprenditori ed i titolari di partita Iva; d) cassa integrazione straordinaria; e) ripristino, attraverso dei container, delle sedi danneggiate dal sisma.

Cosa è stato realizzato?

Andiamo con ordine. Il primo provvedimento, al netto di un esilarante sms di Telecom Italia che prima ha sospeso le utenze e poi ha informato che le avrebbe staccate per mancato pagamento, è stato realizzato. Del finanziamento di 30mila euro non se ne ha traccia. Ho personalmente chiamato due banche del territorio e so per certo che altri micro imprenditori come me hanno chiesto notizie alle banche che, per decreto, dovevano attuare il provvedimento. In compenso, le banche hanno creato dei prodotti ad hoc per le imprese terremotate. Ovviamente non sono a tasso zero! In altri termini il soggetto deputato dallo Stato a dare attuazione ad un decreto specula sulla mancata attuazione dello stesso. Del contributo di 5mila euro non si ha traccia. Né i commercialisti, né altri attori della vita economica, associazioni di categoria in primis, sanno come si può fare per ottenere quanto previsto dalla norma. Sulla cassa integrazione la situazione si fa paradossale: la richiesta presentata ad oggi non risulta protocollata. Ripeto. Non discutiamo sul fatto che la domanda sia accettata o meno, ma sul fatto che sia arrivata alla protocollazione. La motivazione è che l'ufficio della Regione Marche preposto a quest'attività ha molto lavoro. Ovviamente nessuno si è accorto che un sisma è un evento straordinario e quindi nessuno ha pensato di mettere qualche dipendente in più nell'ufficio in questione. La possibilità di sfruttare questo supporto scadeva in ogni caso a fine dicembre, ovvero prima della sua protocollazione. In data 9 gennaio scadevano i termini per richiedere un container nel quale poter far operare quelle persone che, a causa dell'interdizione della zona rossa di Camerino, non possono fisicamente recarsi in ufficio a svolgere un atto che in questo clima sembra essere un atto rivoluzionario, ovvero fare il proprio dovere. I tempi previsti per la consegna del container sono 6/8 mesi.

Quali sono le alternative adesso?

In questo contesto, chi come me gestisce una piccola realtà ha due scelte: chiudere o andare ad operare in un altro luogo. Io ho optato per salvare il salvabile, ma il punto non è questo. Il punto è che se le imprese, tutte le imprese, dalle più grandi alle più piccole, non sono messe in condizione di operare e il poco lavoro che c'è va via rendendo questo territorio un luogo destinato al declino. Lo Stato condanna per lentezza e negligenza una parte del nostro Paese alla progressiva marginalità. Ovviamente, chi quello Stato è chiamato a rappresentare (a tutti i livelli) comunica al mondo dell'informazione risultati che esistono solo sulla carta. Questi sono i loro decreti: provvedimenti approvati e mai attuati.

E noi non possiamo far altro che evitare ogni ulteriore commento. Sarebbe superfluo. Sarebbe irrispettoso.


di Vito Massimano