Un terremoto di “carte”

L’Italia trema? Costantemente, direi. Periodicamente per i terremoti, capriccio di Nostro Signore e, quindi, sostanzialmente indomabili e chiara dimostrazione dell’impotenza umana. Domani, forse, disponendo di un’accurata mappa della morfologia degli strati profondi della Terra e di una miriade di sensori collocati a decine di chilometri di profondità, potremmo ragionevolmente prevederli. Ma anche se così fosse, diciamolo forte e chiaro, il nostro territorio è una lunga distesa di cristallerie indifendibili dai tremori violenti del suolo. Infatti, i nostri gioielli architettonici sono costituiti da migliaia di piccoli borghi medievali, sempre più in stato di abbandono e di degrado (per inesorabile invecchiamento delle popolazioni; per mancanza di lavoro e di un loro sfruttamento compatibile, dal punto di vista turistico e commerciale), e tali da non poter essere messi in sicurezza a causa di costi complessivi del tutto insostenibili. Servirebbero alcune centinaia di miliardi di euro per questo. E come lo possiamo fare, se oggi non si hanno le risorse minime per sostenere un welfare appena decente e un sistema pensionistico ormai al collasso? Ma l’Italia trema costantemente per altre due buone ragioni, queste del tutto o in parte controllabili.

La prima sono le catastrofi meteorologiche: piene di fiumi e torrenti; bombe d’acqua; frane; nevicate e gelo eccezionali. Queste, grazie ad evoluti modelli fisico-matematici oggi esistenti e alle reti di satelliti e di super computer, sono ragionevolmente pronosticabili con un elevato tasso di attendibilità. Quindi, per non aggiungere il danno alla beffa, di regola ci si deve poter muovere tempestivamente, come farebbe un esercito in guerra ben organizzato, spostando uomini e mezzi laddove si prevede lo scatenamento del fronte di attacco della perturbazione. Norme chiare, sintetiche e immediatamente applicabili dovrebbero tenere saldo uno e un solo elemento di chiusura dell’Authoritas emergenziale: un potere unico, cioè, che “automaticamente”, con provvedimenti autocratici immediatamente esecutivi, provveda a coordinare e dirigere tutte le risorse pubbliche e statuali, militari e civili, in termini di mezzi e di uomini. Una tale figura, anticamente, veniva individuata nell’organo prefettizio. Infatti, la direzione generale della Protezione civile, fino all’avvento di Giuseppe Zamberletti, fu uno dei pilastri del pronto intervento per far fronte alle vere emergenze territoriali. Tutto ciò, però, ha funzionato bene quando l’Italia era un Paese semplice.

E veniamo alla seconda ragione dello scotimento diffuso e violentissimo (ben oltre il massimo della Scala Richter!) che da circa mezzo secolo sconvolge in profondità questo nostro povero Paese: la sua burocrazia! Elefantiaca, improduttiva, eternamente e cinicamente litigiosa sulla divisione delle competenze, responsabile della creazione incessante di una miriade di poteri (ogni ufficio pubblico è un feudo inespugnabile!), di inutili livelli di intermediazione, tali da rendere una palude invalicabile anche il più insignificante degli interventi d’urgenza. Quindi, il suo San Giorgio, capace di sconfiggere il drago che è in lei, non può che essere un drastico disboscamento della foresta normativa che la protegge e l’arricchisce, a scapito del benessere collettivo, imponendo al contribuente la tassazione più vessatoria che l’Occidente conosca, in cambio praticamente della paralisi operativa e del crollo del Pil nazionale. Ecco, almeno per l’emergenza si deve creare una figura completamente nuova, anche mantenendogli il titolo onorifico del latino “Praefectus” (colui che “sta davanti”) che nella Roma imperiale operò sia in ambito militare che civile, creando una figura parallela a quella classica del magistrato.

La cosa di fondamentale importanza non sono le denominazioni, ma l’attribuzione chiara di un potere sovraordinato (che è solo tecnico e non politico) alle dirette dipendenze del capo del Governo, il solo che abbia il potere di revocarne d’urgenza i provvedimenti ad hoc. Tutti gli altri galli ministeriali, ministri, sottosegretari, alti burocrati, ecc., debbono mettergli a disposizione “automaticamente” tutte le risorse disponibili (pagate dalla collettività!), senza preventivi avalli, pareri, interferenze di comitati vari, ecc.. Volete scommettere che, in merito, gli italiani sono tutti d’accordo con me?

Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:13