Usa e Ue di fronte ai nuovi equilibri in M.O.

venerdì 24 febbraio 2017


Le vicende che si sviluppano oggi nel teatro mediorientale, che appare come il centro del disordine mondiale, sono decisive nella definizione per i nuovi equilibri geopolitici, che in qualche modo dovranno essere sanciti con la sconfitta dell’Isis, che è ormai in rotta e perde ogni giorno terreno (ma la sua disfatta in Medio Oriente potrebbe indurre a un incremento delle iniziative terroristiche in Occidente).

Finora Usa e Ue hanno sviluppato un’azione debole e spesso incoerente, mentre la Russia, che nell’area mediorientale può contare sull’asse sciita costituito da storici alleati come l’Iran (rimesso in gioco proprio da Barack Obama con l’accordo sul nucleare) e la Siria che è stata molto attiva e ha conseguito risultati importanti. La novità è adesso Donald Trump, che vuole dare un nuovo slancio alla politica estera americana ribaltando quella di Obama. In quest’ottica, la sua volontà di dialogare con Vladimir Putin lascia trapelare il disegno di addivenire a una sorta di suddivisione di compiti su uno schema logico simile a quello dei tempi della Guerra fredda. Sicché Washington potrebbe arrivare a disinteressarsi della questione ucraina e in generale dell’Europa ed evitare in Medio Oriente situazioni che potrebbero risultare troppo impegnative (non si deve dimenticare che gli americani sono stanchi della guerra).

Nella logica di Trump l’America dovrebbe favorire la nascita di un dualismo alternativo a quello Usa-Cina, che sembrava prendere corpo con Obama, con un nuovo G2 Usa-Russia, visto assai più favorevolmente da Trump che ha sempre sottolineato la sua avversione, per motivi economici, verso Pechino. In sostanza, Trump intende ribaltare la politica estera di Obama per contenere, attraverso un accordo, l’iniziativa russa che dal Medio Oriente si è estesa con successo nell’Egitto di Abdel al-Fattah al-Sisi fino alla Libia attraverso un rapporto positivo con il generale Khalifa Belqasim Haftar. L’Iraq con l’offensiva finale su Mosul è un caso assai istruttivo, perché in quest’area si incrociano contrastanti interessi sia locali sunniti, sciiti e curdi, sia dei rispettivi alleati regionali e internazionali. Ciò, in vista della vittoria, comporterà un impegno preventivo di mediazione per favorire una logica inclusiva. Trump cercherà di operare servendosi degli alleati, tra cui l’Italia (ma l’Italia con questo governo riuscirà a cogliere l’occasione?) e di contenere l’influenza iraniana. Ciò è possibile a patto che la Russia resti in posizione marginale in questa partita, avendo però in cambio l’atteggiamento favorevole degli Usa sull’operato russo in Siria, dove si è affermato l’asse russo-siriano-libanese (con Hezbollah)-iraniano per assicurare alla Russia un’area fondamentale per i suoi interessi strategici, soprattutto quella circoscritta tra la fascia costiera Aleppo, Hama e Homs.

Gli Usa, per gli errori commessi da Obama, sono in uno stato di debolezza e allora, per ridare ruolo agli Usa in vista della conclusione di una tremenda guerra civile, Trump, in una logica di divisione delle aree d’influenza, si orienterà, in nome della lotta all’Isis, a prendere atto della situazione per assecondare Putin sul temporaneo mantenimento al potere di Bashar al-Assad. In questo modo cercherà di compartecipare promuovendo un grande piano di ricostruzione a partire da Aleppo. In questo quadro i curdi, che sono stati i più strenui combattenti contro l’Isis, rischiano di veder svanire il progetto di nascita di uno Stato curdo, prospettiva fortemente osteggiata soprattutto dalla Turchia (non si deve dimenticare che oltre alla questione del petrolio c’è anche quella dell’acqua e le zone abitate dai curdi sono ricchissime di acqua). Essi non avranno più un sostegno pieno da parte americana. Trump deve recuperare le relazioni con la Turchia, che con Obama si sono assai appannate (ultimo motivo di polemica il caso Gulen).

Nonostante faccia parte della Nato, la Turchia intrattiene rapporti positivi con la Russia, favorendo l’iniziativa di Putin in Medio Oriente, per questi motivi Trump dovrà mediare, in una di una logica di inclusività sostenibile, le richieste curde con le esigenze turche. Mentre gli Usa si rimettono in moto con una nuova politica estera si continuano a evidenziare le oscillazioni dell’Ue a causa delle tante politiche estere, non solo diverse, ma anche spesso contrapposte degli Stati membri, che, in questa vicenda mediorientale, come in altre questioni, riducono il commissario Federica Mogherini a un’apparizione inconsistente.

Su questi temi, lunedì 27 febbraio (via di Grotta Pinta 21, ore 18), è dedicato un convegno, “Usa e Ue di fronte ai nuovi equilibri Mediorientali”, dove sarà interessante ascoltare Fabrizio Cicchitto, Benedetto Della Vedova, Mariastella Gelmini, Anna Bonfrisco e Arturo Diaconale.


di Pier Ernesto Irmici