La Rai sta cambiando, per molti in peggio

“La Rai sta cambiando”, ha dichiarato la presidente Monica Maggioni in un’intervista a “Il Messaggero”. Lo ha detto tre giorni dopo la bufera che ha investito Paola Perego, conduttrice della trasmissione “Parliamone... sabato”, chiuso subito dopo il caos e le polemiche scoppiate a seguito della lista con i motivi per scegliere una fidanzata dell’est, che oscillava chiaramente tra il sessismo e il razzismo, con l’aggiunta della gaffe della conduttrice di inserire la “svedesona” del film premio Oscar “Otto e mezzo” di Federico Fellini, Anita Ekberg, tra le donne dell’est.

I critici dell’azienda di Stato non si sono lasciati sfuggire l’occasione per ribadire che “la Rai sta cambiando, in peggio”. C’è un lungo percorso di alti e bassi delle trasmissioni radiotelevisive e i momenti di tensione non sono mancati nell’arco degli anni. Ci sono, però, elementi che stanno determinando un atteggiamento sempre più critico nei confronti dell’azienda di viale Mazzini. Si parte dalla scelta dei vertici del settimo piano che in pratica decidono a cascata le nomine dei direttori delle testate e delle Reti, mettendo spesso il Consiglio di amministrazione davanti al fatto compiuto. Si va poi alla concessione di veri e propri “orti degli amici”, affidando ai manager-procuratori la scelta dei conduttori e degli ospiti.

Si va per gruppi d’influenza; la Perego appartiene alla scuderia di Lucio Presta, di cui è anche moglie. Ma gli agenti di molti big sono diventati i padroni di intere trasmissioni, tanto che a seconda degli appuntamenti appaiono sempre gli stessi personaggi: Beppe Caschetto imperversa da Fabio Fazio con Fabio Volo e Roberto Saviano; Giovanni Floris che presenta il suo libro a “Che tempo che fa” e non alla sua trasmissione in onda su La7. La società “Visverbi” guidata da Barbara Castorina e Valentina Fontana (moglie di Gianluigi Nuzzi) sponsorizza il “sempre presente” Paolo Mieli, Carlo Freccero, Andrea Scanzi. A “Ballandi Multimedia srl” sono appaltati il sabato sera “Ballando con le stelle” di Milly Carlucci e le trasmissioni mattutine di Giancarlo Magalli. L’approfondimento giornalistico di Rai 1 è quasi monopolio di Bruno Vespa con il suo contorno di giornalisti a contratto a tempo determinato (nove mesi circa fino a giugno). Altra partita a sé è quella di Antonella Clerici.

L’analisi potrebbe proseguire analizzando le varie trasmissioni del pomeriggio quando la fiera delle vanità dà libero sfogo a cronache di ogni tipo, mandando allo sbaraglio ragazzi e ragazze spesso alle prime armi nei luoghi più colpiti da vicende di cronaca; programmi che costano, che non producono né ascolti né tanto meno una qualità da servizio pubblico. Ma anche quelli più pretenziosi come “L’Arena” di Massimo Giletti spesso finiscono per provocare imbarazzi, come l’ultima gaffe fatta da Romina Power, la quale rispondendo alla domanda sul “rapporto con i suoi tre figli” ha precisato stizzita: “sono quattro i miei figli”, ricordando implicitamente il dramma della figlia Ylenia Carrisi; e al tentativo di Giletti di scusarsi Romina ha aggiunto seccata: “non si finisce mai di essere mamma”.

Se una trasmissione come quella della Perego su Rai 1 diventa “una cosa che era tutto meno che servizio pubblico” vuol dire che è sbagliata la cabina di regia. Come quando l’ultimo dell’anno fu messo avanti l’orologio e a pagare fu un funzionario, così anche per questa volta sarà la manager capostruttura a pagare.

Non è così che si risolvono i problemi. Quali sono i compiti e i ruoli dei direttori di Rete? Quale autonomia hanno i giornalisti che conducono le varie trasmissioni? Una volta, mi ricordo, nacque un problema al Tg3 con Michele Santoro e Giovanni Mantovani su “Samarcanda”. Sandro Curzi, direttore del telegiornale, e Angelo Guglielmi, direttore della Rete, stabilirono che i rapporti tra Rete e testata sarebbero passati attraverso il coordinamento dell’assistente Balassone. Sono passati anni ma il discorso andrebbe ripreso per trovare un equilibrio tra le diverse programmazioni che vanno allo stato brado. Essendo poi stata rinnovata la concessione, il vertice Rai dovrebbe approfittarne per ristrutturare l’azienda con gli strumenti adatti e una organizzazione moderna. La convenzione ha ribadito la permanenza in ogni regione di una sede che trasmetta giornali radio e telegiornali. Niente abolizione ma necessità di alzare la qualità dell’informazione e renderla fruibile nelle singole realtà territoriali. Qual è l’apporto dei giornalisti del concorsone?

La Rai sta cambiando, dice la presidente Maggioni, ma allo sport cosa sta succedendo? Il caos, le proteste, l’insoddisfazione e la sfiducia al direttore Gabriele Romagnoli voluto dall’esterno, togliendo Carlo Paris finito nel limbo dei direttori a disposizione. I giornalisti della Testata giornalistica sportiva (Tgs) hanno discusso a lungo, hanno sfiduciato il direttore ed ora hanno proclamato l’astensione dal lavoro per domenica 9 aprile alla ripresa del campionato. Una decisione sofferta ma ferma e decisa. Non c’è più fiducia tra direttore e redazione; lo sciopero è stato votato da 51 sì, 11 no e 19 astenuti sulla base di motivazioni chiare: mancata digitalizzazione (la Rai è indietro con telecamere e valigette di ripresa anche ai piccoli free lance), chiusura di Rai Sport 2, incertezza sugli acquisti dei diritti televisivi delle maggiori manifestazioni sportive (niente tennis, niente rugby, niente calcio in chiaro - ad eccezione della Nazionale - e niente motociclismo), poco basket e pallavolo. In queste condizioni il calo degli ascolti è una conseguenza quasi naturale.

La Rai per cambiare davvero dovrebbe mettere in campo lo studio di più dossier a partire dal ruolo delle tre reti tv (a cosa serve Rai News 24 con i suoi cento giornalisti?) e della radio al funzionamento delle sedi regionali.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:43